Viv Anderson, il primo nero a giocare con i Bianchi

Il primo calciatore di colore a vestire la maglia della nazionale inglese fu il terzino del Nottingham Forest, il 29 novembre 1978, contro la Cecoslovacchia


L'Inghilterra parteciperà ai Mondiali di Russia della prossima estate, avendo vinto il gruppo F delle eliminatorie europee. Il tecnico Gareth Southgate ha concluso con successo la campagna di qualificazione affidandosi a un consistente numero di giovani calciatori, fra i quali oltre una decina sono giocatori di colore. Nessuno ovviamente lo ha notato o ha rilevato alcunché, per fortuna. Quarant'anni fa, quando il primo nero vestì la gloriosa casacca della nazionale dei Tre Leoni, l'umore popolare era ben diverso: toccò a Viv Anderson abbattere la barriera razziale, nella partita che i Bianchi allora allenati da Ron Greenwood disputarono a Londra contro la Cecoslovacchia il 29 novembre 1978.

Fu Ron Greenwood a convocare Anderson in nazionale

Fu Ron Greenwood a convocare Anderson in nazionale

Anderson era nato a Nottingham nel 1956 da genitori di origine giamaicana ed era stato fra i protagonisti della formidabile e imprevista ascesa del Forest nella seconda metà degli anni settanta, quando l'energica e anticonvenzionale guida del coach Brian Clough e un pugno di eccellenti giocatori, quali Tony Woodcock, Gary Birtles, Archie Gemmill, Trevor Francis e Peter Shilton, issarono i Foresters prima in Premier League dalla Seconda divisione e poi all'immediata vittoria nel massimo campionato, che fu addirittura seguita da una stupefacente doppietta in Coppa dei Campioni, nel 1979 contro il Malmoe e nel 1980 contro l'Amburgo. I "rossi" di Nottingham sono ancora oggi l'unica squadra che annovera nel proprio palmares più Coppe dei Campioni che titoli nazionali, impresa più che mai rilevante se si considera l'insopprimibile tendenza di Clough, che morì prematuramente a causa della sua dipendenza dall'alcol, a rompere costantemente le sane abitudine di una formazione professionista, anche in vista di cimenti impegnativi come una finale continentale: nel 1979, a Monaco di Baviera, alla vigilia dell'atto conclusivo della Coppa dei Campioni, Clough condusse la squadra in un giro turistico del centro storico, con regolari e immancabili fermate alle più rinomate birrerie della città. Di fronte alla proteste del portiere Shilton, che chiedeva di allenarsi per l'indomani, l'ineffabile Clough lo sistemò in una rotonda nel mezzo di due strade trafficatissime e lo sottopose a una sessione di tiri dalla distanza!

Il Forest con la Coppa dei Campioni vinta ai danni dell'Amburgo

Il Forest con la Coppa dei Campioni vinta ai danni dell'Amburgo

Anderson era un terzino destro dall'ampia falcata, abile nel gioco aereo, forte nei contrasti e nei tackle, e con un'insolita confidenza con il gol. Tali qualità lo portarono comprensibilmente all'attenzione del selezionatore inglese, per quanto negli stessi anni il ruolo del difensore di destra fosse stabilmente e autorevolmente occupato da Phil Neal, difensore del Liverpool inanellatore seriale di scudetti, coppe di Lega, Coppe dei Campioni e vari altri trofei nazionali e internazionali. La sua venuta alla ribalta fu tanto più sensazionale visto il contesto nel quale avvenne, caratterizzato da un razzismo becero e ossessivo, tristemente e aggressivamente esibito dalla maggior parte delle tifoserie inglesi.

Il giorno dell'esordio in prima squadra, partì dalla panchina e nella ripresa gli fu chiesto di andare a scaldarsi. Non appena prese a correre lungo la linea dell'out, fu all'istante bersagliato da mele, pere e da banane, il frutto prediletto dei razzisti da stadio. Anderson pensò che fosse prudente ritornare sui propri passi e si sedete al suo posto in panchina, solo per essere seccamente apostrofato da Clough: «Pensavo di averti chiesto di scaldarti». «L'ho fatto, mister - fu la risposta - ma non è bello stare sotto una pioggia di frutti». Clough lo fulminò: «Trascina quel tuo culo nero là fuori e portami una paio di pere e una banana!».

Era il classico modo di Clough di guardare alla vita, arrogante, strafottente, con una vena irreprimibile di presunzione, ma in quella circostanza servì a trasmettere al giovane Viv la fiducia necessaria a non lasciare che simili criminali avessero la meglio su di lui: «Se permetterai a gentaglia come quella di imporsi – concluse il tecnico - finirò per scegliere qualcun altro al posto tuo, perché avrò sempre il timore che sarai preoccupato più da quello che dicono i tifosi che dal bene della tua squadra».

Anderson aveva 19 anni e non fu facile sopportare quasi un intero stadio che gli urlava contro, che lo assordava con dolorosi "boo" e fischiava sonoramente ogni volta che toccava la palla. Oggi, nel campionato inglese, c'è ben più di una sola faccia nera e il comportamento del pubblico è quasi sempre irreprensibile sotto ogni punto di vista ed è certo un po' merito anche del ruolo di pioniere che Anderson si trovò a ricoprire, soprattutto quando indossò per la prima volta la maglia dell'Inghilterra. Di quel giorno, l'ormai ultrasessantenne ex difensore conserva ancora il telegramma di congratulazioni che ricevette dalla Regina Elisabetta II, che nel 2000 lo onorò addirittura con il conferimento dell'Eccellentissimo Ordine dell'Impero Britannico, una delle massime onorificenze del Regno Unito, benché in quei concitati momenti la sua mente considerasse quasi esclusivamente l'aspetto strettamente sportivo della faccenda, pur con un evidente risvolto razziale.

Anderson in nazionale con Woodcock e Shilton

Anderson in nazionale con Woodcock e Shilton

Negi anni ‘70, i primi giocatori di colore fecero la loro comparsa nel campionato inglese e cominciarono le speculazioni su chi sarebbe stato il primo di loro a ricevere la chiamata in nazionale. Tutti pensavano che sarebbe stato un attaccante. C’era Laurie Cunningham, che aveva esordito nell’Under 21 e che fu poi acquistato dal Real Madrid, con cui avrebbe perso contro il Liverpool la finale di Coppa dei Campioni del 1980, e c’era Cyrille Regis, un possente e prolifico centrattacco che giocava per il West Bromwich Albion. Loro parevano i più autorevoli candidati a vestire la maglia della nazionale, anche perché era forte il pregiudizio che i neri potessero solo essere giocatori offensivi, perché mancavano della disciplina e dell'attenzione che sono richiesti a chi giostra nella retroguardia. Inoltre, si diceva che i neri non potevano sopportare il freddo delle nebbiose e umide serate invernali inglesi. Forse per questo, Anderson adottò l'abitudine di giocare con le maniche corte anche durante la brutta stagione, proprio per sfatare lo stereotipo dei neri freddolosi.

Anderson nel match del debutto in nazionale

Anderson nel match del debutto in nazionale

Anderson giocò in totale per 30 volte con l’Inghilterra e, dopo il Nottingham Forest, passò all’Arsenal e da qui al Manchester United, e poi allo Sheffield Wednesady e al Middlesbrough. Di quest’ultima squadra, nel 1995, fu anche allenatore in seconda dietro Bryan Robson, l’anno in cui il club dello Yorkshire condusse una campagna acquisti faraonica, acquisendo Juninho, Fabrizio Ravanelli e Paul Gascoigne.

Paolo Bruschi