Giorgio La Pira, l'omelia di Betori: "Beatificazione all'esame della Santa Sede"

"Questa domenica, che segue la solennità di Tutti i Santi e la commemorazione dei Fedeli defunti, giorno in cui la nostra cattedrale fa memoria della sua Dedicazione, avvenuta per mano del Papa Eugenio IV nell’anno 1436, in questi ultimi anni abbiamo voluto che assumesse anche il volto di “Giornata della santità nella Chiesa fiorentina”. Con ciò vogliamo esprimere la nostra gratitudine al Signore per il dono di numerosi testimoni del Vangelo che hanno illuminato il cammino di fede della nostra comunità ecclesiale e le cui virtù vissute in modo eroico auspichiamo possano essere presto riconosciute dalla Chiesa universale.

L’eroicità delle virtù è stato riconosciuta, nel maggio scorso, con decreto del Santo Padre, per il card. Elia Dalla Costa, che ora possiamo pertanto invocare come venerabile. Ne siamo lieti, perché sono ancora vivi i segni della sua presenza tra noi, arcivescovo della Chiesa fiorentina dal 1931 al 1961, testimone di autenticità evangelica e guida pastorale che ha dato origine a un contesto ecclesiale e civile in cui sono germogliate esperienze esemplari di fede e di impegno sociale, in particolare nella difesa della dignità umana, nella cura dei poveri, nella promozione del dialogo e della condivisione.

E con questa celebrazione vogliamo anche esprimere la gratitudine al Signore della Chiesa fiorentina, che sa quale grande dono le viene fatto nella proclamazione come venerabile del suo amato pastore di tempi tormentati e gloriosi. Riconoscenti siamo anche al Santo Padre, che ha firmato il decreto sulle virtù eroiche del card. Dalla Costa e che in ogni mio incontro con lui non manca di manifestare l’ammirazione e la devozione verso quest’uomo di Chiesa che egli considera tra le figure più luminose della storia civile ed ecclesiale del novecento.
Accanto al ven. card. Elia dalla Costa voglio qui ricordare il servo di Dio Giorgio La Pira, di cui proprio quest’oggi ricorrono i quarant’anni dalla morte e, con lui, la schiera dei servi e delle serve di Dio le cui cause di beatificazione, dopo aver concluso positivamente la fase diocesana, sono all’esame della Santa Sede.

L’invito che accompagna questa Giornata è anzitutto alla preghiera. Non è sufficiente coltivare l’ammirazione per la testimonianza che questi fratelli e sorelle ci hanno lasciato. Se davvero riteniamo che la loro vita cristiana abbia raggiunto i vertici della santità, dobbiamo volere che la loro esemplarità possa illuminare non solo la nostra vita ma quella di tutti i credenti, soprattutto nei momenti di difficoltà. Perché ciò si realizzi, è necessario che intervenga il riconoscimento della Chiesa, e perché il Signore voglia che si giunga a tale atto – e ciò avvenga senza indugio – siamo invitati a rivolgere a lui la nostra preghiera. Come pure la preghiera va elevata al Signore perché egli con le sue grazie venga incontro alle nostre necessità, offrendo in tal modo a noi il segno di come egli ha gradito la vita di questi nostri fratelli e sorelle.

Ma le diverse espressioni di santità nella nostra Chiesa ci richiamano al volto di santità che deve rivestire l’esperienza di ciascuno di noi in quanto membra del corpo santo di Cristo che è la Chiesa. La dedicazione di questa cattedrale ci ricorda il dono a noi fatto, mediante la fede, di avere accesso al dialogo con Dio nostro Padre, che nell’edificio della chiesa fatto di pietre crea lo spazio dell’azione liturgica, fonte e culmine della vita della chiesa fatta di uomini.

Le parole della prima lettura, poste in bocca a Salomone all’atto della dedicazione del tempio di Gerusalemme, devono poter essere ripetute da ciascuno di noi come espressione della gratitudine che dobbiamo al Signore per averci donato una presenza nel tempo e nello spazio che ci assicura il suo volto di misericordia e di perdono.

La consapevolezza, tuttavia, che nessun luogo può contenere la grandezza di Dio, già presente nella preghiera di Salomone – «Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito!» (1Re 8,27) –, diventa certezza nelle parole di Gesù alla donna samaritana, dove l’adorazione «in spirito e verità» (Gv 4,23) rinvia alla persona stessa del Figlio di Dio fatto carne, nella cui umanità noi abbiamo accesso al mistero di Dio. Ma l’umanità di Gesù, trasfigurata nella sua risurrezione, continua ad avere una presenza visibile nel mondo mediante il corpo della Chiesa, di cui egli è capo. Nella piena adesione alla vita ecclesiale noi incontriamo lo spirito e la verità del Figlio di Dio e possiamo perciò rivolgerci a Dio chiamandolo Padre.

Giunge a questo punto appropriato il richiamo dell’apostolo Pietro che, nella sua lettera, ha ricordato come il culto che dobbiamo a Dio raggiunga la sua pienezza, oltre le forme dell’azione liturgica che si svolge nella chiesa fatta di pietre, nell’appartenenza a quell’edificio composto dai credenti in Cristo, che si legano a lui come pietra d’angolo e diventano per ciò stesso «stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui» (1Pt 2,9).

L’incontro con Dio, che il luogo sacro, questa cattedrale, ospita e celebra nell’azione liturgica, ha la sua radice nel nostro radicarci nella vita ecclesiale, in cui ci edifichiamo sul fondamento che è Cristo, lui che è venuto nel mondo per aprire all’umanità l’accesso all’incontro con il Padre suo. E, nell’edificio della Chiesa, le diverse pietre, che siamo noi, hanno ciascuna una propria funzione nell’articolazione dell’insieme. Immagine, questa, della molteplicità dei carismi e dei servizi che edificano il corpo di Cristo. Nessuno può sentirsi marginale nella Chiesa, proprio perché porta un dono specifico a vantaggio di tutti. Alla diversità dei compiti corrisponde pertanto la complementarità dei membri nell’unico corpo ecclesiale. Scoprire quale sia la chiamata e il dono che Dio fa a me per i fratelli, costituisce un passaggio imprescindibile del nostro essere Chiesa.

Non possiamo però dimenticare che nella comunità ecclesiale alcuni servizi appartengono all’essenza stessa della Chiesa e questa li ha ricevuti dal Signore come ministeri connessi alla comunicazione della grazia sacramentale. Mi riferisco al presbiterato e al diaconato, in quanto legati alla trasmissione della tradizione, alla garanzia dell’insegnamento della fede, alla cura del governo della comunità, alla promozione in essa del servizio, con i suoi risvolti di presa in carico delle fragilità umane, di cooperazione nell’annuncio della Parola e di espressione della lode di Dio e del dialogo con lui. A queste mansioni aspirano alcuni nostri fratelli che oggi ammettiamo al cammino di preparazione rispettivamente verso il presbiterato – Francesco Stortino e Marco Tognaccini – e verso il diaconato permanente – Michele D’Amico, Roberto Gaetano Donato e Edoardo Flack Strizzoli.

Ringraziamo anzitutto il Signore, che li ha chiamati e continua così a sostenere la presenza nella nostra comunità diocesana di questi indispensabili ministeri. Ma vogliamo ringraziare anche loro, per la disponibilità generosa con cui hanno accolto la chiamata del Signore e per l’impegno che si assumono a verificarla secondo quanto propone la Chiesa. Vogliamo esortarli a continuare con fervore, dedizione e responsabilità il cammino di discernimento e formazione che li attende, avendo cura di ricordare sempre che ciò che è loro richiesto non è primariamente l’acquisizione di abilità operative in ordine a funzioni pastorali, ma più profondamente di conformarsi a Cristo, di cui dovranno un giorno essere segno, rispettivamente, di Cristo pastore e di Cristo servo in mezzo al suo popolo. Vogliamo rassicurarli che non li lasceremo soli in questo cammino, perché il popolo di Dio a Firenze li sorregge con la preghiera e l’affetto.

In questo giorno vogliamo esprimere il nostro sostegno anche al Seminario arcivescovile. Celebriamo infatti quest’oggi anche la “Giornata del Seminario”, un appuntamento annuale con cui ricordare quanto a cuore di tutti deve essere il luogo della formazione dei nostri futuri preti: abbiamo bisogno del sostegno di tutti, materiale e spirituale, affinché esso possa operare, con serenità e fiducia. Di qui l’appello alla preghiera per i nostri seminaristi e i loro educatori, come pure l’invito a contribuire alle esigenze economiche di questa istituzione che, non avendo più proprie risorse, può vivere solo grazie alla carità delle comunità cristiane della diocesi.

La presenza di Dio nella nostra Chiesa, in specie nella vita liturgica che da questa cattedrale si diffonde per tutte le chiese del nostro territorio, la promozione dei ministeri ordinati per l’edificazione, mediante la Parola, i sacramenti e la carità, della comunità costituita di pietre vive, l’esperienza di santità, cioè di comunione alla vita stessa di Dio, a cui tutti siamo chiamati, tutto questo ha un unico fondamento, che è Cristo Signore. È lui la «pietra d’angolo, scelta, preziosa, e chi crede in essa non resterà deluso» (1Pt 2,6). A lui si volge il nostro sguardo, perché il suo volto, di crocifisso risorto, risplenda sul nostro volto e noi ne possiamo essere viva testimonianza per la speranza del mondo."

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