Venus Williams, il giorno del debutto

L'ormai matura tennista americana, ancora saldamente sulla breccia a 37 anni, iniziò la sua avventura tennistica il 31 ottobre 1994


Alle recenti WTA Finals, il torneo di fine anno che annovera le prime otto giocatrici del ranking ed è considerato la competizione di maggior rilievo dopo le quattro prove dello Slam, Venus Williams è approdata all’atto conclusivo dopo ben otto anni (nel 2009 aveva perso con la sorella Serena), lasciando però il titolo alla parimenti risorgente Caroline Wozniacki, impostasi con un doppio 6-4. L’esito del masters femminile ci dice almeno due cose: la prima è che il circuito rosa non ha ancora trovato una padrona o un ristretto gruppo di stabili dominatrici, dopo che Serena Williams ha cominciato la parabola discendente; la seconda è la straordinaria longevità di Venus, che alla bella età di 37 anni compiuti sfoggia ancora una condizione psico-fisica invidiabile.

Da che Roberta Vinci, era la semifinale degli Us Open 2015, arrestò sorprendentemente la marcia della minore delle Williams verso il Grand Slam, numerose tenniste si sono iscritte al club esclusivo delle slammer: da Flavia Pennetta, che trionfò a Flushing Meadow in quella finale tutta italiana, a Sloane Stephens, che si è annessa il titolo newyorkese lo scorso settembre (addirittura dalla posizione n. 83 della classifica mondiale!), passando per Angelique Kerber, Garbine Muguruza ed Jeļena Ostapenko, nessuna è stata capace di dare un seguito consistente e regolare alle proprie affermazioni. Quanto, invece, all’intramontabile “Venere Nera”, l’eccellente risultato delle Finals di Singapore offre il destro per andare a ripescare gli eventi che condussero al suo precocissimo ingresso fra le professioniste, che risale addirittura al 31 ottobre 1994.

A Compton, nell’area di Los Angeles, Venus Williams, e Serena, furono cresciute dal padre Richard per diventare campionesse. La maggiore sbaragliò la concorrenza a livello junior e all’età di dieci anni aveva già messo in riga tutte le ragazzine del circuito under-12. Dopo aver inanellato 63 vittorie consecutive,  il signor Williams la ritirò dalle gare e l’affidò alle cure del coach Rick Macci: per i tre anni successivi, Venus abitò in Florida, dove si allenava sei ore al giorno per sei giorni alla settimana. Alla sua istruzione, provvedevano docenti privati che le impartivano lezioni individuali fra le mura di casa. Nel 1994, benché circolassero voci su una stupefacente spilungona con le perline ai capelli e il servizio di un uomo, quasi nessuno l’aveva mai vista disputare una vera partita: il padre, che pur aveva allevato la coppia di sorelle nel culto della racchetta, non voleva che Venus diventasse professionista così presto, ma una decisione si imponeva.

Serena e Venus Williams con il padre Richard

Serena e Venus Williams con il padre Richard

La Women Tennis Association era sul punto di approvare la cosiddetta “legge Capriati”, una norma che avrebbe alzato l’età minima per l’accesso al professionismo. L’anno prima, infatti, l’italo-americana Jennifer Capriati, passata professionista a soli 13 anni nel 1990 e poi sfinita dalle pressioni del circuito, aveva accusato un tracollo nervoso, venendo arrestata per furto e per possesso di marijuana. Con l’obiettivo di avvalersi della fase transitoria, che avrebbe consentito alla figlia di giocare un certo numero di tornei entro il quindicesimo anno di età, Richard Williams ascoltò le preghiere di Venus e le permise di accettare una wild card per il Bank of the West Classic di Oakland.

Il debutto fu naturalmente un evento mediatico ampiamente reclamizzato: se l’anno prima il torneo aveva rilasciato 24 accrediti per la stampa, per l’esordio di Venus furono distribuiti 252 pass giornalistici. L’esordiente non parve risentire dell’atmosfera di eccitazione che la circondava: «Sono cresciuta in un posto dove niente si ottiene facilmente» dichiarò la ragazza, riferendosi alla triste fama di Compton quale luogo infestato da bande criminali «per cui sono assai più matura dei miei 14 anni».

Era come un leone finalmente liberato dalla gabbia. Dopo tre anni di soli allenamenti, poteva finalmente misurare il suo tennis contro vere avversarie. La prima, la connazionale Shaun Stafford, si lasciò docilmente sbranare. Con un attrezzo senza marchio e una divisa priva di sponsor, Venus, che già serviva folgori a duecento all’ora, archiviò la pratica con un facile 6-3, 6-4. I suoi unici errori li commise durante le pause. Non essendo abituata a sedersi durante gli allenamenti, rimase in piedi ai cambi di campo saltellando sul posto come un pugile: pareva semplicemente ignorare che avrebbe dovuto adagiarsi sulla sedia accanto a lei.

Sanchez Vicario congratula la giovanissima Venus dopo il match

Sanchez Vicario congratula la giovanissima Venus dopo il match

Al secondo turno, l’attendeva la n. 1 del mondo, la spagnola Arantxa Sanchez Vicario, che passò un brutto quarto d’ora. Avanti 6-3, 3-1, Venus non dava segni di essere una bambinetta alle prime armi, che ancora si coricava alle nove di sera come pretendeva il genitore. Sulla soglia della forse più grande impresa sportiva di sempre, la debuttante vide la rivale uscire dal campo per un break fisiologico di dieci minuti. Tanto bastò a mutare l’inerzia del match: al ritorno sul court, Sanchez Vicario conquistò gli ultimi nove game dell’incontro e riportò sulla terra Venus, la cui carriera però era stata ormai lanciata.

Venus Williams firmò a Oakland i primi autografi

Venus Williams firmò a Oakland i primi autografi

Quella sera, Nike e Reebok chiamarono la famiglia Williams e pochi mesi dopo Venus firmò un contratto di sponsorizzazione multimilionario. Nel 2000, divenne la prima afro-americana a vincere Wimbledon e gli Us Open da che Althea Gibson ci era riuscita nel 1957. Nel 2002, Venus avverò la profezia del padre e divenne la prima nera a raggiungere il n. 1 mondiale da che esisteva la classifica del computer.

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