
“Un comunista convinto dei suoi valori e coerente per tutta la vita, ma che rispettava ogni idea. Lo vogliamo ricordare, nella commozione che ci unisce, come una delle figure simbolicamente più rappresentative nella storia della Regione Toscana”. Cosi il presidente del Consiglio regionale, Eugenio Giani, ha aperto la cerimonia funebre di Riccardo Conti nell’auditorium del palazzo del Pegaso, stringendosi con parole d’affetto alla famiglia. Il presidente ha salutato la città di Firenze e la Città metropolitana fiorentina, presenti con i Gonfaloni e rappresentate dall’assessore comunale Stefano Giorgetti e dal vicesindaco metropolitano Brenda Barnini. Si è quindi rivolto alle personalità intervenute, a cominciare da Massimo D’Alema, seduto in prima fila, insieme al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi.
Giani, ha ricordato l’impegno di Conti a favore di un ‘nuovo riformismo toscano’, con al centro la Regione, “la città delle città”, espressione del “policentrismo toscano”, che può permettere il passaggio dal localismo ad una “rete di eccellenze, in grado di sorreggersi a vicenda e proiettarsi nello scenario europeo”.
“È l’identità di una Toscana che poche persone come lui hanno cercato di interpretare – ha sottolineato il presidente – prima come uomo di partito, uomo del popolo che lavorava con il popolo, poi come amministratore e infine come intellettuale, espressione di una sinistra che trovava nei suoi valori e nella sua passione un volto ed un’anima, che tutti ricordiamo con tanto affetto”. Sono seguite le testimonianze di Patrizio Mecacci e Francesco Gurrieri, che con Conti hanno condiviso esperienze e impegno. Poi è arrivato il turno di Michele Ventura, che è stato vicesindaco di Firenze, consigliere regionale e deputato per quattro legislature, amico e vicino alla famiglia di Riccardo Conti: “Conosco Riccardo dagli anni Settanta. Posso testimoniare che la sua passione ed i suoi valori sono rimasti intatti nel corso di questi decenni. Riccardo è stato una figura rilevante nel governo di questa città e di questa regione, capace di interpretare la complessità del cambiamento, cercando risposte nuove, non ritenendo che la modernità dovesse fondarsi su un salto all’indietro dei ceti popolari”. Ventura ha ricordato le ultime sue preoccupazioni sulle crescenti diseguaglianze, sulla necessità di un nuovo riformismo, indispensabile per trovare un ruolo alla sinistra, ma anche il “suo amare la vita, per amare gli altri”, perché “la vita va presa sul serio. È un saluto doloroso – ha concluso – ma forte”.
“Riccardo è stato un uomo politico, nel senso più ricco e completo – ha affermato Gianni Cuperlo – quello che non deriva dagli incarichi politici e istituzionali, che capita di ricoprire, e neppure dall’impegno intellettuale, ma dalla cura per chi viene dopo”. “La politica e la sinistra per lui – ha aggiunto – erano qualcosa che non potevi ridurre ad una tecnica, e meno che mai all’esercizio del potere, senza un pensiero per giustificare le azioni e le scelte. Ragionare, in politica, è l’opposto dello slogan – ha aggiunto Cuperlo – A volte abbiamo la sensazione di una politica immiserita, che ha conservato l’urlo, il grido, ma ha smarrito quel conflitto, che della democrazia è una componente vitale. Riccardo è rimasto fedele all’idea di un conflitto necessario, da affrontare con una solida cultura”.
Fonte: Consiglio regionale della Toscana
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