Un sentiero di segni Arte e Ambiente, work in progress

Aurellll e Christiane Fath/ work in progress

Quando osserviamo il lavoro creativo di Aurellll (Aurélie Lemille) e Christiane Fath, due artiste in residenza per tre settimane presso Sincresis giunte da La Reunion, possiamo cogliere immediatamente gli aspetti di due itinerari che si incrociano lungo il fil rouge, come linea espansa, tracciato senza fine e frontiera aperta verso la ricerca di una congiunzione cosmica, come desiderio di vivere in armonia con l’universo attraverso un rapporto diretto con la terra, alla scoperta dei suoi elementi, delle forme della natura, per sentire, oltre che percepire le sue energie e farne tesoro. Il connubio tra anima mundi e anima individuale è raggiungibile solo attraverso la capacità di sentirsi all’unisono recuperando la completezza, l’integrità dell’essere come unità, fusione degli opposti come conoscenza di se stessi anche attraverso il riconoscimento dei propri alter ego, nella volontà di scavare a fondo per alimentare la consapevolezza di sé.

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Da questa ricerca di senso discendono le ‘cartografie dell’immaginario’ di Christiane e le ‘metamorfosi del corpo mutante’ di Aurellll. Solo nel momento in cui l’artista studia il luogo come spazio di vita per individuare punti di riferimento nel visibile, nella natura o nel paesaggio costruito dalle mani dell’uomo in continuo mutamento o quando analizza il proprio essere che non è mai uguale a se stesso, in quanto che cambia da un attimo all’altro assumendo nuove caratteristiche nell’atto di riscoprire un ruolo dimenticato nel vissuto quotidiano e nella storia, come passato in cui individuare i nessi per ricongiungersi al presente, può in verità dialogare con l’universo e confermarsi in presenza, testimone diretto e attivo per la costruzione di sé.

Aurellll e Christiane ricercano punti di riferimento che assumono significato simbolico, una molteplicità di segni e di elementi trovati che si caricano di significanze totemiche nel momento in cui condensano in se stessi, emozioni, stati d’animo, suggestioni, desideri, predilezioni di ognuna di loro.  Come esplorazione nel fondo interiore che si riflette in una simbologia senza fine come chiave psichica sotterranea, emergono spontaneamente dall’ambiente naturale e dal contesto del vissuto ordinario attraverso l’individuazione dello sguardo vigile delle due artiste diventando autentici transfert, emblemi di densità intima che si estendono all’immaginario collettivo, che celano lo sconosciuto, ma si propongono come immagini metamorfiche invece nel mondo conosciuto e arricchiscono ogni opera come panorama di se stesse da ammirare e non luogo come mistero da visitare.

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Nello specchio riflettente dell’opera di Aurellll diventano talora presenze inquietanti o protettrici, demoni e angeli, come estremi del desiderio, dannazione e purezza, in relazione al desiderio panerotico, come passione e tentazione, al corpo femminile che può suscitare illusioni e attrarre per la sua bellezza e la sua grazia, ma che primariamente viene riscoperto attraverso i suoi organi come parti interne incise su linoleum e in parte ricamate sulla imprimitura su carta, come potenziale di energie psicofisiche, rinviando all’archetipo della Grande Madre, un culto diffuso tra le civiltà del Mediterraneo, che conserva il potere come dea madre terra, fonte della vita e simbolo del ritorno alle origini, custode e protettrice che possiede e preserva una potente energia inesauribile, che sempre si rinnova, divinità ctonia che alimenta l’ideale dell’eterno femminino.

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Così nella reinterpretazione del mito di Venere, traendo suggestioni dalla rivisitazione dell’opera botticelliana, in seguito alla visita agli Uffizi, Aurellll preferisce modificare l’icona consueta, caricarla di elementi della natura, di piante e vegetali che si originano nel nostro territorio, disegnarla e dipingerla a specchio di Marte, tra demone e angelo, disporla sul Nautilus dell’Oceano Indiano, aggiungere elementi della terra e del cielo come una dea madre, tentando di stabilire relazioni cosmiche, secondo un melting pot, come accostamento e mescolanza tipico del postmoderno, ma anche del metissage proprio della terra, La Reunion, isola di approdo di genti e popoli di paesi diversi, che può assumere effetti spaesanti, scorrendo dal passato al presente e viceversa, spaziando nel tempo senza limiti, trasformando lo stereotipo di donna musa e oggetto del desiderio, donna fiore e bambina nel processo di innocentizzazione, fonte di ispirazione poetica in quanto soggetto generatore di suggestioni, immagini, stati interiori e ‘oggetto’ su cui trasferire pulsioni, passioni recondite.

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Come polo propulsore di energie emana un potere attrattivo, capace di amare è l’essere amato per eccellenza, di generare, di prendersi cura, di rigenerare in quanto portatrice di vita e di conoscenza, alimentatrice del desiderio che nella sua onnipotenza scardina ogni schema prestabilito, ogni tabù, ogni ordine consolidato, ogni sistema di convenzioni, ma proprio attraverso l’estasi diventa cercatrice e ricercatrice e il suo grembo anziché chiudersi nell’isteria come impossibilità di esprimere se stessa e i suoi desideri, si apre per generare la vita e assumere conoscenza. La sua capacità di produrre energia è concepibile come un potenziale di desiderio erotico.

Aurelll crea, dunque, attraverso una grafia minuziosa e una pittura attenta al particolare, degli ibridi, combinazioni tra essere femminile e natura vegetale, mescolanze di figure mitiche, vicinanze tra femminile e maschile come dialogo tra gli opposti, specchio della differenza ma anche dell’unità possibile, dell’integrazione nell’androgino, nella perfezione raggiungibile nel corso della trasformazione e costruzione di sé per avvicinarsi grado a grado al cibo sapienziale senza chiudersi in una torre d’avorio. Nel cammino come espressione e scoperta di sé attraverso l’opera predilige, come Christiane, la spirale di conchiglie preistoriche come esseri che sopravvivono al passare dei secoli fino ad oggi, un simbolo ormai conosciuto di energia originaria non solo del viaggio esistenziale nell’illimitato, ma anche della energia individuale in relazione alla energia cosmica, per affrontare il percorso, lo spazio archetipico primordiale in luogo dello spazio mentale e concettuale.

Si connette all’origine della vita, al connubio tra corpo umano e natura, come  nelle incisioni, alla crescita come processo naturale esaminato e riscoperto attraverso lo studio delle conchiglie e della fillotassi basandosi  sulla legge di Fibonacci.

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Aurellll e Christiane Fath/ Work in progress

Su queste tracce tra passato e presente nella congiunzione di nessi senza limiti si sviluppano le cosmografie di Christiane, composte a specchio del visibile ma come riflessi dell’immaginario, così quando estrae da una mappa gli elementi essenziali di orientamento per lo sguardo che diventano altro nella sua pittura su tela, come derivazioni da un processo di astrazione per gradi, senza perdere il significato originario quali aspetti di un paesaggio, di una comunità, di un luogo vissuto, ma arricchendosi di significanze relative alle diverse culture, tradizioni, nonché alle migrazioni lungo il Mediterraneo che lei sente come bacino materno in cui ritrovare le radici, provenendo dalla Linguadoca.

Così dalla carta geografica della città fiorentina ha tratto i punti di congiunzione, dalla cupola brunelleschiana che diventa pura forma geometrica che invita, al di là dell’ordine e della prospettiva, quale forma simbolica tipica di un mondo a misura d’uomo quale quello rinascimentale, secondo l’indagine panofskyana, ad un percorso circolare rinviando all’energia dell’universo, al corso del fiume che esprime nel suo fluire il dinamismo come esigenza di cambiare e modificarsi oltre che cogliere il senso del trascorrere e del divenire eracliteo delle cose che perdono il loro status iniziale per nuovi attributi sollecitando ad esplorare altre possibili vie per l’osservatore nel viaggio dell’esistenza a petto della storia come memoria e racconto di vita nell’ hic et nunc. Si diramano, infatti, con stesure cromatiche à plat sulla tela ottenute mascherando alcune parti con il nastro telato, in direzioni diverse che attraversano il rivo d’acqua creando collegamenti e molteplici connessioni, passaggi, opzioni possibili per avanzare nel cammino quotidiano dedicandosi alla propria graduale edificazione, a trovare spazio per incroci e confluenze, per incontri che possono diventare nuclei forti di energia collettiva.

Stesure che appaiono in altri lavori su tele di trame sottili di Christiane giocando con le gamme cromatiche dei gialli, degli arancioni, generatrici di energia, come la circolarità delle linee che emergono su stoffe trovate, del ménage quotidiano, per creare pitture su grembiuli da cucina, abiti solari costituiti di elementi appartenenti ai prodotti del sistema consumistico, riciclati e rivisitati, come i grembiuli della vita domestica, che rinviano alla storia familiare, alla cucina come professione parentale, per assumere altri sensi e trovare connessioni tra i linguaggi dell’iconosfera urbana e quelli dell’arte come sperimentazione e scavo interiore alla ricerca di armonia e equilibrio nel cammino dell’esistenza.

Il viaggio dentro se stesse, per Aurellll e Christiane, nella propria interiorità, ha assorbito o assunto, accolto e rielaborato, vissuto e rimeditato una molteplicità di esperienze di vita, scandagliando più versanti e utilizzando materiali diversi, che trovano espressione nel paesaggio pittorico personale, sondando i flussi del tempo e le distanze spaziali per trovare rispondenze e avvicinamenti nel tentativo di abbreviare le distanze incommensurabili e di implicare nell’itinerario creativo più energie all’unisono coinvolgendo talora altri artisti per un lavoro collettivo, per un’opera partecipativa.

In tal senso si possono spiegare le loro installazioni non solo negli spazi interni di Sincresis, ma anche nell’ambiente naturale come ‘segni’ nel paesaggio nel desiderio di dialogare con la natura naturans, di intervenire in relazione a una traccia, a un’impronta che ‘segna’ un territorio senza forzature, partendo dalla materia, con spontaneità come la crescita spontanea dell’erba, di una pianta e la generazione naturale di un essere vivente.

Un sentiero di segni/ Arte e Ambiente

La scelta di un luogo naturale, solcato dall’uomo per ottenere i frutti dai semi della terra, ma possibilmente non segnato da costruzioni artificiali in cui trovare ‘segni’ della natura naturans che potessero generare altri ‘segni’, pensati da artisti come interventi leggeri ma pregnanti, densi di significanze per dialogare con la terra è scaturito propriamente dalla volontà di trarre e apportare energie come connubio tra potenziale della natura nel suo continuo proliferare e potenziale dello sguardo e del pensiero orientato a creare per rinnovare ogni volta il proprio dialogo con la vita come azione artistica.

Un sentiero tra una uliveta, due specchi d’acqua e un boschetto è l’ambiente naturale in cui dieci artisti sono stati invitati a pensare a un ‘segno’ non invasivo e che rispettasse la perfezione della natura, in quanto che spesso l’essere umano ha tentato di interrelarsi con l’ambiente vitale per modificarlo, e per esigenze di sopravvivenza la sua azione è stata mirata a cambiarne i ‘connotati’ per un adattamento che in molti casi è stato concepito come ‘dominio’.

L’arte può invece permettere di sperimentare e trovare soluzioni diverse per riprendere un dialogo con le cose troppo spesso dimenticato. Certamente l’invito è stato sollecitato dalla presenza di Aurelie e Christiane giunte nel nostro territorio da La Reunion, dalla loro energia orientata a realizzare un’operazione partecipativa, avendo lavorato talune volte in esterno nel loro paese a contatto con la natura e prediligendo materiali naturali. Da questo potenziale è scaturita l’idea di coinvolgere più artisti che vivono da tempo nel nostro territorio, Fabio Cresci, Maria M. Deval, Francesco Landucci, Valentina Lapolla, Rachel Morellet, Elizabeth Sainsbury, Serena Tani, Tatiana Villani o temporaneamente come Gabrielle Cirocco, che ha trascorso recentemente un periodo in residenza presso Sincresis, che preferibilmente lavorano con materiali poveri o trovati e che propongono azioni o installazioni che creano un dialogo con la terra, con l’ambiente naturale e con il contesto quotidiano, il vissuto.

Ogni loro ‘segno’ diventa una sosta nel percorso, camminando lungo il sentiero che assume un significato dichiaratamente simbolico come un viaggio che ha la durata di una semplice passeggiata. La strada in salita diventa una conquista dell’altezza, come l’ascesa al Monte Ventoso per Francesco Petrarca, itinerario interiore come conoscenza di se stessi; il diramarsi al culmine in più vie possibili assume un significato altrettanto simbolico in relazione al percorso della vita e suggerisce un incontro, uno scambio, modalità di relazioni che si intessono tra i‘segni’ ideati dagli artisti che diventano opere nelle opere come creazioni della natura, che partecipano a un dialogo comune perché, oltretutto, sono stati pensati in relazione a un incontro tra tutti nella necessità di collaborare e di attivare sinergie.

Non tutti partono dalla materia, dal materiale, ma, anzi il  loro lavoro si imposta su un’idea da sviluppare in relazione al luogo quotidiano, naturale, però in ogni caso ognuno  trae da esso suggestioni, emozioni, oltre che percezioni e impressioni per creare e per dialogare non solo con il ‘paesaggio’ come generazione della natura e come manifestazione dell’essere umano e della comunità cui si sente o meno di appartenere, ma con il segno - opera significante dell’uno in rapporto all’altro. Ognuno invitato ha proposto, dunque, in relazione alla propria diversa esperienza come poter intervenire, senza vincoli, nel luogo prescelto presso Il Terraio in prossimità di Empoli, a pochi chilometri di distanza da Sincresis.

Aurélie e Christiane hanno individuato al culmine del sentiero un ‘abbraccio’ tra due alberi e una scalinata in pietra che conduce alla villa Il Terraio come salita impedita da una rete metallica, pensando di creare due porte ad arco, di cui una sembra un’apertura fittizia, come illusione ottica, elaborando con strisce di tessuto tra i rami degli alberi installazioni che richiedono la libera partecipazione di altri artisti per costituire un’opera collettiva; nelle immediate vicinanze, come ‘segni’ che innestano un mutuo dialogo, Valentina Lapolla ha ideato un’installazione composta di leds che producono luce in relazione alla luminosità naturale ed alle ombre degli alberi del bosco; Rachel Morellet ha individuato le tane degli animali selvatici come luoghi misteriosi e i loro escrementi come ‘segni’ di presenze a cui rendere valore rispetto agli sguardi abitualmente poco accorti; Gabrielle Cirocco ha notato le macine utilizzate come tavoli da mensa nel bosco per creare un ‘segno’ nell’ambiente; Elizabeth Sainsbury ha pensato a un intervento con pittura ad acqua e pastello sulle tubazioni che appaiono sul sentiero come artificio umano rispetto alla natura. Ognuna collaborerà alla realizzazione dell’opera collettiva proposta da Aurélie e Christiane, mentre Fabio Cresci osservando l’uliveta ha ripensato ad un’azione installativa di connotazione concettuale, Alcune cose fatte (1995), realizzata molti anni fa a Trequanda presso l’abitazione dell’artista Rolando Deval, chiamando per parlarne insieme, richiamando alla memoria, la figlia Maria M. Deval, che a sua volta ha scoperto i sentieri degli animali lungo il sentiero percorso durante una passeggiata, pensando così di riprodurre con materiali naturali i ‘segnali’ del linguaggio convenzionale per sottolineare la loro presenza; Francesco Landucci ha considerato lo spazio in prossimità di un laghetto per riquadrare il terreno e inserire in superficie resti fossili e pietre come tracce nel tempo ancora vive, stratificazioni del nostro essere nella natura; Serena Tani Serena Tani ha pensato di elaborare con la stoffa, fasciando alcuni alberi, segnali simili a quelli che compaiono lungo i sentieri di montagna per indicare il percorso e collegare le due ‘porte’, come installazioni collettive di Aurellll e Christiane;Tatiana Villani ha collocato sulla superficie dell’acqua un elemento cubico trasparente che permette l’osservazione, come dall’interno, dello stato dell’acqua, il suo dinamico rifluire e l’attraversamento di elementi naturali come foglie, rami, insetti.

In ogni caso ogni intervento dialoga con l’altro poiché scaturito da un comune accordo, da una visita al luogo, da un incontro che diventa scambio e conoscenza di itinerari diversi che per una volta e anche un po’ per caso possono combinarsi in opere che convivono poeticamente in un luogo attraversato, come durante una passeggiata di amiche e amici, che camminando quasi al tramonto possono riflettere e sollecitare ulteriori osservazioni in attimi diversi  intercalati da letture di pensieri e poesie, come ulteriori fonti di ispirazione, sostando lungo il sentiero e nel paesaggio che diventa luogo dell’anima.

Fonte: Ufficio stampa

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