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Il presidente del consiglio regionale Giani inaugura l'auditorium 'Spadolini'

Oggi Giovanni Spadolini avrebbe compiuto 92 anni, nel giorno del suo compleanno il Consiglio regionale gli dedica l’Auditorium, in ricordo, spiega Eugenio Giani, di “un grande fiorentino, un grande italiano”. Il presidente illustra in sala Gonfalone l’iniziativa decisa dall’ufficio di presidenza – un punto di riferimento nelle sale del Consiglio per i grandi toscani del dopoguerra: dopo Calamandrei, Spadolini -, parlando di “un personaggio eccezionale, per rigore e autorevolezza”.

Giani ricorda l’uomo politico, il giornalista, il professore universitario: “Fu presidente del Consiglio in un momento molto delicato, erano i tempi della P2, i rapporti tra cittadini e istituzioni erano nella fase di maggiore crisi”. “Garantì un rapporto tra istituzioni e cittadini di assoluta autorevolezza e rispetto”, grazie al suo “prestigio, allo spessore intellettuale”. “Pensare a Spadolini vuol dire guardare al futuro”, dice ancora Giani, ricordando la creazione del ministero dei Beni culturali e l’uomo che “ha segnato la storia della Toscana” anche come storico: “Sono indimenticabili i suoi volumi sulla storia di Firenze e della Toscana, dal Risorgimento al XX secolo”.

Al tavolo dei relatori, in sala Gonfalone, il consigliere dell’Ufficio di presidenza, Antonio Mazzeo e Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Nuova Antologia. In platea professori universitari e storici che sono stati punti di riferimento alla Cesare Alfieri negli anni, varie personalità della cultura, Fabrizio Ricci per il Consiglio comunale di Firenze, il presidente della provincia di Livorno e sindaco di Rosignano, Alessandro Franchi; alcuni familiari di Giovanni Spadolini, il viceministro Riccardo Nencini.

Tra i consiglieri Serena Spinelli, Jacopo Alberti, Stefano Scaramelli, Paolo Bambagioni, Nicola Ciolini. Cosimo Ceccuti indica le tante ragioni che legano la vita e il pensiero di Spadolini a Firenze e la Toscana, anche grazie alla vivacità dei ricordi. La biblioteca a Pian dei Giullari doveva essere al servizio delle nuove generazioni di studiosi, spiega Ceccuti. Diceva Spadolini: “Non voglio un mausoleo ammuffito, ma dei giovani che vengano a studiare, che vengano a farsi una formazione”.

Una formazione che, ricorda ancora il presidente della Fondazione, doveva muoversi “secondo i principi etici del senso dello Stato, del rispetto delle istituzioni che Spadolini aveva, e anche secondo il suo senso di onestà intellettuale e materiale”. Sul filo dei ricordi anche la visita di Oriana Fallaci alla morte di Spadolini, con la dedica lasciata sul libro delle firme: “In casa del mio amico Spadolini con rimpianto, orgoglio e tenerezza. Un giorno del 1995”. Orgoglio e tenerezza che Guido Spadolini trasmette parlando del ‘peso’ di aver avuto una famiglia importante, ma anche di non riuscire a trasmettere “la forza della parola ‘politica’, e della parola ‘cultura’ alle nuove generazioni; oggi non siamo capaci di trasmettere questi valori, educare le nuove generazioni”.

Quelle a cui Spadolini pensava quando decise di lasciare tutto il patrimonio culturale alla Fondazione nella villa di Poggio Imperiale. Dove si incontravano i grandi della terra si osserva Firenze, si ammirano i quadri di Rosai e Soffici; si contemplano i grandi monumenti eterni incorniciati da ulivi e i cipressi. Un paesaggio che “per Spadolini era unico, insuperabile”, ricorda Ceccuti. Era “storia vivente”.

Fonte: Consiglio Regionale

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