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Una vita vissuta accanto agli ultimi, addio Don Renzo

Don Renzo Fanfani (foto gonews.it)

Almeno, nella sua lunga vita da sacerdote, ha avuto la possibilità di vedere nei suoi ultimi anni di vita una Chiesa come probabilmente aveva sempre sognato, una Chiesa retta da un Papa come Bergoglio che si 'sporca le mani' come era solito fare lui, che va vicino ai lavoratori in difficoltà, che non perde mai occasione di stare accanto agli ultimi. Nel suo piccolo Don Renzo Fanfani ha sempre fatto tutto questo, lui che la fabbrica l'aveva conosciuta davvero, lui che sapeva cosa volesse dire il lavoro duro, lui che trattava come suoi fratelli prostitute, tossicodipendenti o immigrati, lui che magari non aveva l'immagine classica del prete ma che aveva interpretato il suo impegno cristiano proprio con lo stare vicino a chi ha bisogno perchè è a servizio degli ultimi che chi crede trova il volto di Gesù Cristo, come scrive l'evangelista Matteo "il più grande tra voi sia vostro servo".
"Troppi vedono il paese dalla porta della Chiesa - ci disse in un'intervista dell'ottobre del 2013 - mentre secondo me la Chiesa va vista anche da fuori, magari dal quinto piano di una casa popolare". E basterebbe entrarci in queste case e parlare con chi lo ha conosciuto per toccare con mano quanto la gente gli voleva bene e quanto bene aveva fatto lui per il suo gregge. Negli anni novanta Renzo fu nominato parroco di Avane, una frazione non facile per la quale divenne ben presto un punto di riferimento importante, un pilastro sul quale poggiare per chiunque fosse in difficoltà o avesse bisogno di una mano a cui sorreggersi in un momento difficile. Semplice, umile, amato dalla gente, talvolta anche un po' troppo fuori dalle righe come quando, nel 2006, decise di apporre quattro striscioni al campanile della Chiesa contro il referendum costituzionale con scritto No, un gesto che non passò inosservato e gli attirò molte critiche. Ma lui non poteva stare fermo mentre il Centro-Destra puntava a modificare la carta fondante della Repubblica, e così urlò al mondo, da un campanile, il suo no. Se il Vangelo era infatti la guida della sua vita, la Costituzione lo era per il suo impegno civile e così quella clamorosa levata di scudi ebbe il senso di un figlio che difende suo padre, di un albero che non vuole che vengano toccate le proprie radici. Non faceva mistero di aver sempre votato per il Partito Comunista ("solo una volta votai liberale quando ero militare e una democristiano perchè c'era Giorgio La Pira") del quale condivideva l'attenzione per gli operai e, più in generale, per gli ultimi. Il tutto in un periodo nel quale le ideologie avevano sempre un ruolo importante e fare questa scelta, per un prete, era a dir poco strano ed inusuale. Ma queste erano le sue idee e, con la coerenza tipica di chi non è abituato a seguire il gregge, continuò sempre e comunque a difenderle a testa alta e con quella dote meravigliosa quanto rara che è la coerenza.
Racchiudere in poche righe un personaggio come Don Renzo non è facile e sarebbe riduttivo, così come esaltarlo più di tanto come spesso capita al momento della morte andrebbe contro a quello stile sul quale ha improntato tutta la sua esistenza terrena. Era e resterà un personaggio amatissimo dalla gente ed anche criticato e criticabile, era e resterà sempre unico e speciale. Ora che ci ha lasciati, lo salutiamo con affetto. Per un cristiano il momento della morte è il banco di prova più importante, quello decisivo. Se esserlo ha un senso si vede proprio qui, nel saperla accettare e nel viverla non come una fine ma come l'inizio di una nuova vita. E' per questo che non ci sono lacrime negli occhi ora che salutiamo Don Renzo Fanfani, ma solo un sorriso e l'eterno grazie per quanto ha fatto per la nostra città e per chiunque avesse bisogno di lui. Ci mancherà.

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