Attilio Del Canto alla 103 km della Tuscany Crossing 2017

Non tantissimi anni fa correre la Maratona rappresentava lo sforzo più estremo che un atleta potesse compiere, oggi non è forse più così.  Sono infatti sempre più frequenti le manifestazioni sportive estreme che metterebbero a dura prova anche i mitici personaggi della Marvel, ma forse non gli atleti Mens Sana e certamente non l’atleta Attilio Del Canto che ha preso parte alla 103 km della Tuscany Crossing 2017.

Attilio, quando è nata l’idea di avventurarsi per questa Tuscany Crossing e come e quando è nata la 103 km?

Nell’anno 2013 sentii parlare il carissimo amico Roberto Amadii (il patron della manifestazione sportiva), che stava promuovendo il suo evento: “Tuscany Crossing un sogno lungo 103 km”, a quel punto, insieme ad alcuni amici affascinati dallo spot, decidemmo di metterci alla prova affrontando questa nuova impresa, cercando però un approccio più morbido e di sicuro meno faticoso, così per le prime due edizioni, partecipammo come Team staffetta 4x25 km, ottenendo anche importanti piazzamenti. Nel frattempo, essendo appassionato di ambienti naturali e di percorsi trail, iniziai ad allenarmi intensamente e a partecipare ad altre gare con le stesse caratteristiche della Tuscany. A quel punto il passo fu breve, così nell’anno 2015decisi di iscrivermi alla gara maestra, iniziando così il mio sogno lungo 103 km.

Cosa si prova a 2/3 di gara quando le forze mancano e alla fine mancano ancora tanti km?

Essendo una gara in semi autosufficienza molto lunga, sia in termini di distanza sia di tempo, il lavoro che cerco di fare costantemente è appunto economizzare al massimo le mie scorte alimentari e le energie psicofisiche. Sono in ascolto costante con il corpo cercando di aumentare la sensibilità propriocettiva, in modo da percepire ogni minimo cambiamento in atto. Nonostante questo, i problemi arrivano e si inizia a fare i conti prima con la stanchezza fisica, che è un’incognita costante, poi con quella mentale e capita così che si presentano i pensieri negativi e vorresti mollare. Per quanto riguarda l’aspetto fisico, ripongo molta fiducia nelle mie capacità di resistenza, anche al dolore, grazie comunque agli allenamenti propedeutici, ma il lavoro più faticoso è riuscire a mantenere la lucidità e la determinazione a completare quel viaggio ed in questo mi aiuta molto la meditazione yoga.

Quanto ti sei allenato e come ti sei allenato per preparare un evento così particolare (anche a livello alimentare)?

La Tuscany Crossing (così come tutte le ultra trail), in termini tecnici è definita “gara sportiva” ma il termine appropriato è “il viaggio”. Come tale l’approccio non è classico come lo può essere una distanza lunga come la maratona, dove esistono schemi precisi e tabelle di allenamento basate sulla velocità, qui il gioco è diverso,l’andatura è slow, ognuno deve prendere le misure su se stesso. Il lavoro più importante è abituare il fisico a resistere a molte ore di movimento, di conseguenza abituare la mente a resistere a molte ore di solitudine immerso nei propri pensieri. Personalmente mantengo un livello alto di allenamento per tutto l’anno, effettuando sessioni di corsa su distanze che spaziano dai 25 km ai 60 km, molti di questi su percorsi trail. La mia alimentazione è completa ma pulita, non sono vegetariano ma ho ridotto l’assunzione di carneaumentando frutta e verdure cotte e crude. Inizio alle 06.00 del mattino con un’abbondante colazione e continuo a mangiare in quantità ridotte ad intervalli regolari ogni due ore, effettuando l’ultimo pasto alle 22.00 circa.

Come era strutturato il percorso e dove hai provato il primo “muro” di fatica e in che punto hai provato soddisfazione?

Essendo una gara ultra trail, il percorso è completamente su strade sterrate, che si intersecano tra boschi, pianure e colline. La Tuscany Crossing ha la particolarità di sviluppare tutto il percorso nell’incantevole scenario della Val D’Orcia, patrimonio dell’UNESCO. I primi 50 km sono più dolci in termini altimetrici, poi una volta effettuato il giro di boa a Montalcino, possiamo dire che inizia la gara, dove il percorso è più aspro e si affrontano salite più lunghe ed impegnative. Le difficoltà maggiori le ho riscontrate dal 80° al 90° km, risalendo una porzione del Monte Amiata fino a raggiungere la quota massima di mille metri, poi correndo in discesa ho recuperato la mia formapsicofisica ideale. La soddisfazione più grande è completare la distanza senza riportare danni particolari al fisico, questo significa aver lavorato bene prima e durante, e poi avere ancora voglia di sorridere agli amici che ti aspettano sulla linea del traguardo al grido di …SE PUEDE… che è il nostro motto.

Cosa si fa immediatamente dopo l’arrivo e nelle ore successive?

Giunto al traguardo dei 103 km la prima cosa che solitamente faccio è ringraziare Roberto Amadii che fermo sulla linea dell’arrivo, a qualsiasi ora, ti appoggia al collo la meritata medaglia. Ringrazio lui e il suo staff per la magia che questo evento riesce a trasmettere a chiunque vi partecipi. Quest’anno ho aggiunto un ringraziamento speciale, lo voglio definire spirituale, ad una persona a me cara che ha avuto un ruolo importante, come un angelo custode dal primo all’ultimo passo di tutto il mio viaggio.Spesso cerco di mangiare qualcosa di caldo al termine, ma il desiderio di una sedia su cui sedersi e di una doccia calda hanno il sopravvento. Le ore successive all’evento, servono per mettere a fuoco cosa è stato fatto ed in che modo, analizzo tutto, per essere pronto a nuove sfide con me stesso

Prossimo obiettivo?

Il prossimo obiettivo sportivo è la 100 km Del Passatore, che si correrà il 27 maggio. Sarà un bel viaggio anche questo.

 

Fonte: Mens Sana

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