Dalla terra al vino alla terracotta. Se ne è parlato alla Fattoria Montecchio

"Dalla terra(cotta) al vino" che si è svolto alla Fattoria Montecchio

“Dalla Terra(cotta) al vino”. Il titolo del libro di Emanuele Vescovo, il primo della collana del sito www.lepaginedelvino.it, a breve disponibile anche in versione digitale, e presentato in esclusiva alla Fattoria Montecchio, ben rappresenta la storia recente dell'azienda vitivinicola ubicata nel cuore del Chianti Classico, a San Donato in Poggio (Tavarnelle Val di Pesa).

All'interno della tenuta è infatti presente un'antica fornace, dove da secoli si tramanda la tradizione della terracotta fatta a mano dai maestri artigiani. E fra ornamenti per il giardino e per la casa, dallo speciale galestro della zona, prendono vita anche orci e anfore. E' da qui che, quattro anni fa, la Fattoria Montecchio decise di provare a riscoprire l'antica tecnica di vinificazione e affinamento in anfora, affiancandola a quella tradizionale nella barrique e nella botte.

Il risultato è stato un vino, il Priscus, di uve Sangiovese in purezza dal colore intenso e con una struttura e un tannino molto persistenti, che non a caso porta il nome di un gladiatore romano. “Il progetto di vinificazione e affinamento in anfora – spiega Riccardo Nuti, titolare della Fattoria Montecchio – è nato all'interno della nostra azienda e sperimentato su un nostro vino, il Priscus. Annessa alla nostra proprietà c'è infatti un'antica fornace dell'800, riaperta da mio padre Ivo nei primi anni '90, che è sempre stata un fiore all'occhiello per l'azienda. Grazie al know-how della cantina, unitamente a quello della terracotta, siamo riusciti, in collaborazione con il Professor Ricci, a creare un manufatto funzionale al processo di vinificazione. Non abbiamo tuttavia velleità di trasformare la fornace in qualcosa di industriale: la lavorazione avviene infatti sempre in modo tradizionale e artigianale. I nostri oggetti debbono avere una certa cura e una determinata personalità, ottenibile solo attraverso la mano dell'uomo. Oltretutto, in questo modo, i manufatti possono ben adattarsi alle più svariate esigenze di chi li deve utilizzare”.

"Dalla terra(cotta) al vino" che si è svolto alla Fattoria Montecchio

"Dalla terra(cotta) al vino" che si è svolto alla Fattoria Montecchio

Una storia interessante e indubbiamente sui generis, quella che contraddistingue la Fattoria Montecchio. Una storia dalla quale il giornalista e sommelier, Emanuele Vescovo, è rimasto letteralmente affascinato. “Conoscevo già la Fattoria Montecchio – racconta l'autore del libro – ma è stato durante il Vinitaly 2016 che ho avuto la possibilità di poter assaggiare, non solo il Priscus, il vino prodotto in anfora, ma di poter mettere a confronto lo stesso vitigno, della medesima annata, lavorato sia in maniera tradizionale, sia all'interno della terracotta. All'atto della degustazione si può chiaramente capire cosa comportano i due metodi di vinificazione. E' stato questo il motivo scatenante che mi ha spinto a voler scrivere un libro, mettendo nero su bianco la Case History della Fattoria Montecchio, che ha indubbiamente un valore aggiunto rispetto ad altre aziende produttrici di vino. Se infatti negli ultimi anni l'antica tecnica di vinificazione in anfora è tornata in auge, quante aziende produttrici hanno la possibilità di creare nella propria fornace un manufatto funzionale alla vinificazione? Questa è dunque la particolarità della Fattoria Montecchio che è in grado di produrre le anfore e di effettuare la sperimentazione sulle proprie uve”.

E di questo ne è ben consapevole il Professor Massimo Ricci, esperto di restauro dell'Unesco e docente di Tecnologia dell'Architettura all'Università di Firenze, che ha curato, per la Fattoria Montecchio e per l'Antica Fornace Montecchio, la realizzazione di anfore in cocciopesto, costruite in varie misure e forme, funzionali per la vinificazione e per rendere il processo del tutto simile a quello nella barrique.

"Dalla terra(cotta) al vino" che si è svolto alla Fattoria Montecchio

"Dalla terra(cotta) al vino" che si è svolto alla Fattoria Montecchio

“Le tecnologie utilizzate per il restauro dei monumenti, – sostiene Ricci – se messe a punto, possono essere applicate anche alla realizzazione di anfore in cocciopesto. I materiali hanno infatti come base prodotti naturali che l'uomo usa da millenni e che quindi non portano problemi di salute alla persona. Abbiamo riscoperto questa tradizione, risalente al mondo antico, quando l'uomo utilizzava la terracotta come contenitore per il grano, l'olio e, per l'appunto, anche il vino. Il ritorno alle origini è stato reso possibile dalla situazione propizia in cui si trova la Fattoria Montecchio che, all'interno della proprietà, dispone di un'antica fornace. Insomma in un mondo che cerca di inventarsi mille ritrovati avveniristici, qui facciamo esattamente il contrario”. E la riscoperta delle tecnologie del passato ha dato ottimi risultati anche perché sfrutta i progressi della modernità. “Siamo riusciti a produrre – aggiunge Ricci – una botte da vino di circa 5000 litri, dotata di tutti i dispositivi che servono per fare un moderno processo di vinificazione. Abbiamo inoltre scoperto che il vino, all'interno di questi materiali, oltre a mantenersi in modo perfetto non assume alcun sapore”. Ma quanto sono antichi i processi di vinificazione? “La storia delle pratiche di vinificazione – illustra la dottoressa Giuseppina Carlotta Cianferoni, curatore della sezione “Museo Etrusco” del Museo Archeologico Nazionale di Firenze – ha radici antichissime e tante sono le procedure attuate nei secoli. Molto interessante è capire l'evoluzione degli strumenti utilizzati nelle varie epoche, ad esempio quelli in ceramica appartenuti ai greci, quelli rinvenuti dagli scavi etruschi e visibili nelle rappresentazioni romane, – con i satiri che pigiano l'uva nelle ceste - per culminare nel consumo rituale nel simposio. Fin dal quinto millennio A.C. abbiamo traccia della vinificazione e della viticoltura; soprattutto nella zona della Georgia, ci sono testimonianze di vite domesticata, già in questo periodo”.

Partire dalla storia della vinificazione e dall'impiego di materiali come la terracotta, è utile per approdare ai giorni nostri. “L'evoluzione delle tecniche enologiche – spiega l'enologo Stefano Di Blasi – ha riguardato anche il miglior utilizzo della terracotta nei processi di vinificazione. Mettendo in parallelo le varie modalità, abbiamo potuto osservare quali sono stati gli interessanti effetti sul vino. Dal punto di vista sensoriale e gustativo la terracotta aiuta la stabilizzazione del colore e quindi l'espressione del frutto, con un gusto che non viene contaminato dal legno. Negli anni ci siamo infatti abituati ad apprezzare sentori quali il caffè, il cioccolato, il cocco, che in realtà sono esogeni all'uva e al vino e sono aggiunti dal contenitore, ovvero dalla barrique o dalla botte. Questo non avviene con la terracotta, che non rilascia alcun sapore ma che, legando il tannino con il colore, fa aumentare la struttura del vino. In questo modo il gusto è più ricco e concentrato e con un'espressione del frutto maggiore”.

 

Per capire a fondo quali fossero le abitudini degli etruschi in materia di vino, una parte determinante la gioca la cucina. “Durante le mie cene-conferenza – afferma Luca Bertini, fondatore del progetto “Magna Etruria” - racconto ai commensali l'origine delle pietanze che stanno mangiando, con incursioni nella storia degli Etruschi che, per lungo tempo, si è intrecciata con quella dei Romani. Non abbiamo una letteratura etrusca che ci racconta le consuetudini alimentari di questa civiltà, ma siamo ugualmente riusciti a ricostruire la composizione delle loro tavole, grazie ai reperti archeologici, agli affreschi sulle tombe e da quello che ne scrivevano greci e latini. Attraverso i piatti proposti possiamo dunque cercare di capire meglio le tradizioni e le usanze degli etruschi ed entrare in contatto con quelle che, di fatto, sono le origini della nostra cucina toscana”. Presente al convegno anche il sindaco di Tavarnelle, David Baroncelli, il quale ha mostrato grande interesse per l'attività introdotta dalla Fattoria Montecchio. "Una straordinaria lezione di competenza ed esperienza – ha sottolineato il primo cittadino - che nasce da un patrimonio di conoscenze storiche e cresce nella contemporaneità attraverso i valori della memoria e della tradizione. L'azienda Montecchio rappresenta un'eccellenza nel nostro territorio e questo convegno, aperto e rivolto al tessuto produttivo legato al mondo del vino a livello nazionale, testimonia la presenza di una realtà dinamica nel cuore del Chianti che sa innovare, sperimentare e fornire modelli virtuosi di esperienze vitivinicole. Il know-how dell'azienda di San Donato in Poggio è un tesoro di saperi e professionalità altamente qualificate, che i titolari mettono a disposizione delle nuove generazioni del vino e di chiunque nel nostro paese e all'estero porti avanti questa attività investendovi passione, capacità, coraggio, visione del futuro”.

Fonte: Ufficio Stampa Fattoria Montecchio

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