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Morte di Andrea Durin, smentite dalla Colombia. Il fratello: "Ho paura ma andrò a Bogotà"

Andrea Durin

Si fa ancora più complicata la vicenda di Andrea Durin, cinquantenne tecnico del suono di Montelupo Fiorentino morto in circostanze misteriose in un albergo di Bogotà (Colombia). Il fratello Paolo ha ricevuto comunicazioni contrastanti, tanto da spingerlo a partire in maniera autonoma anche se non sarebbe necessario il riconoscimento della salma.

"Uno stretto collaboratore del console italiano in Colombia assieme all'ambasciatore - racconta - si sono recati all'obitorio di Bogotà per chiedere di vedere la salma. La polizia lo ha vietato. Io avevo chiesto una foto al ginocchio del corpo per vedere se era presente una ferita che arriva fino al piede, non è stato possibile. Non solo. Mi avevano detto che finché non sarei andato in Colombia non avrebbero fatto l'autopsia, invece via mail ieri sera (martedì 28 febbraio, N.d.R.) mi hanno comunicato che è già stata fatta e che i risultati arriveranno tra tre mesi".

La comunicazione in merito all'autopsia è stata fatta verbalmente. Alla richiesta di Paolo Durin di avere tutto quanto per iscritto, è giunta invece una mail più formale dove vengono spiegati i motivi di carattere sanitario per il diniego al riconoscimento.

Un altro dettaglio che dà da pensare alla famiglia Durin è stato quello del ritrovamento di una scatola di sonniferi sul comodino della camera d'albergo di Durin. "Noi della famiglia non sapevamo che mio fratello facesse uso di sonniferi", spiega.

A questo punto, nonostante avesse pensato di rimandare la visita in Sudamerica, Paolo Durin cercherà di andare proprio questo fine settimana a Bogotà per fare chiarezza una volta per tutte. Domani in breve tempo potrà fare il passaporto, perchè in casi come questi la trafila burocratica si snellisce di molto. "Sinceramente sento un po' di paura ad andare laggiù - ha ammesso  -, non porterò con me mio nipote. Oltretutto è anche il mio primo viaggio che faccio fuori dall'Europa". Durin è riuscito a racimolare soldi da tante persone per il viaggio con il nipote, un sacrificio che si spera possa servire a chiarire i contorni di questa vicenda. Ad accoglierlo solo i funzionari dell'ambasciata: "Che io sappia non ci sono amici o conoscenti di mio fratello laggiù. Solo solo che veniva da Quito, in Ecuador, perché sul passaporto di Andrea c'era il visto".

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