Eutanasia del Corecom, la risposta di Magni al presidente Giani

In foto il presidente del consiglio regionale Eugenio Giani, il presidente del Corecom Sandro Vannini e la presidente dell'Istituto degli Innocenti di Firenze Sandra Maggi

A seguito delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio regionale, Eugenio Giani, nel corso della conferenza stampa sull’attività di conciliazione svolta dal Corecom, una nota del vicepresidente dell’organismo, Giancarlo Magni:

L’eutanasia del Corecom regionale

Ma la difesa del pluralismo radio-televisivo era un valore solo con Berlusconi presidente del Consiglio? Non si può fare a meno di farsi questa domanda assistendo all'eutanasia che il Consiglio regionale sta praticando al Corecom e alle sue funzioni originarie. Portano a questa constatazione due fatti incontrovertibili: la riduzione dei finanziamenti per le attività proprie, per il 2017 solo 55.000  euro, cifra del tutto irrisoria se si pensa che la Regione per le indennità ai membri del Comitato spende ogni anno 140.000 euro, e la volontà di far diventare il Corecom un organismo extragiudiziale per la soluzione delle controversie fra cittadini e gestori dei servizi pubblici, come è stato affermato dal Presidente Giani nel corso della conferenza stampa del 31 u.s.

Già oggi, in conseguenza della progressiva riduzione dei finanziamenti avvenuta negli anni, l'attività di risoluzione delle controversie fra cittadini e gestori delle telecomunicazioni, delegata da Agcom, è prevalente. La cosa però diventerebbe macroscopica se  a questa si aggiungessero altre deleghe, senza che nel contempo fosse aumentata la quota di finanziamento per le attività proprie.  Se si vuole trasformare il Comitato regionale per le comunicazioni (Co.re.com) in Comitato regionale per le conciliazioni (Co.re.con) bisogna modificare le leggi istitutive, e non farlo surrettiziamente, facendo mancare risorse. E bisogna anche spiegare perché oggi non c'è più l'esigenza democratica di garantire il pluralismo informativo.

Oltretutto la manovra, a legislazione invariata, presenta gravissimi rischi di pesanti conflitti di interesse. La legge vigente infatti, incentrata sulla comunicazione, prevede competenze e incompatibilità calibrate sul fronte dell’informazione e non su quello della conciliazione. Così mentre un giornalista in servizio non può far parte del Comitato, può benissimo farne parte un avvocato, un commercialista o un conciliatore che, esercitando la libera professione, si troverebbe poi a controllare un’attività, come quella delle conciliazioni, direttamente collegata al proprio lavoro.

Di queste problematiche e di questi pericoli il Comitato uscente, ha informato, attraverso la competente Commissione consiliare, il Consiglio regionale, sia nella legislatura passata che in quella attualmente in corso.

Fonte: Ufficio Stampa

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