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Referendum sull'articolo 18, la versione del Prc sul rifiuto della Corte

"Perché la Corte Costituzionale ha respinto il referendum per il ripristino dell'art.18

Senza dimenticare le responsabilità di chi promuove referendum slegati da ogni mobilitazione popolare e ne formula il quesito in modo tale da farselo respingere, è il caso di concentrarsi sugli aspetti di classe della sentenza della Corte Costituzionale.

Una sentenza che testimonia quella “lotta di classe dall'alto”, in cui organi dello Stato si manifestano nella funzione loro propria, in tutte le epoche e in tutte le società divise in classi: organi al servizio degli interessi della classe dominante.

A chi si illudeva sulla “pacifica ammissibilità” del quesito referendario, la Corte ha ricordato come le relazioni sociali si decidano non su ciò che sia ammissibile, ma sui reali rapporti di forza tra le classi.

E tali rapporti non sono oggi a favore della classe operaia. Respingendo il referendum sull'art.18, la Corte ha inteso “vendicare” la sonora sconfitta subita il 4 dicembre dalla politica antipopolare del governo Renzi, al servizio di banche, monopoli, UE e clie ntele massoniche nostrane.

Di fronte a ogni pacifica illusione sulla possibilità di far valere, di fronte a un'entità super partes, gli interessi materiali della classe sottoposta, la Corte ha ricordato la divisione della società in classi privilegiate e diseredate, sfruttatrici e sfruttate e come sia compito dello Stato garantire gli interessi della classe dominante contro la classe dominata.

Di fronte alla scelta se salvaguardare giuridicamente le esigenze vitali dei lavoratori o gli appetiti del profitto, la Corte ha risposto allineandosi alle pretese del capitale.

A chi pensava di rimettere un diritto fondamentale dei lavoratori a una decisione democratica, la Corte ha precisato che “anche la democrazia è uno Stato” e, in quanto tale, è democrazia per la classe che detiene il potere statale: la classe che intasca il profitto.

Affidarsi alla “neutrale” giurisdizione della Corte, senza alcuna mobilitazione di massa, condanna all'immobilismo e alle speranze in una carità inconciliabile con gli interessi del profitto a ogni costo.

Nel vuoto di mobilitazione seguito alla vittoria del 4 dicembre, con la sua sentenza sull'art.18 la Corte è venuta a ricordare la lotta tra le classi e la “necessità” che, tra profitto e lavoro, a vincere sia il profitto.

Dei tre quesiti referendari promossi dalla CGIL rimangono ora solo l'abolizione dei voucher e la responsabilità delle imprese appaltatrici: il Partito della Rifondazione Comunista intende impegnarsi per creare momenti di informazione e discussione a partire da febbraio perchè siamo convinti che una reale e cosciente mobilitazione di massa sia l'unica garanzia di un risultato positivo".

 

Fonte: Partito della Rifondazione Comunista - Empolese Valdelsa

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