"Da tanto tempo sugli organi di stampa e sui social network imperversa una campagna informativa contro i centri disabili e in particolare contro l’oramai “famoso” centro polivalente di Empoli Si è detto e si sta dicendo di tutto, ivi compreso tante falsità. Ad esempio che la volontà delle istituzioni è quella di rinchiudere i disabili, di costruire un manicomio, una cittadella (= recinto fortificato), un lager, di attuare un isolamento, e che al contempo sembra quasi che la realizzazione di questo progetto si ponga in contrasto con lo sviluppo dell’autonomia personale e della vita indipendente delle persone disabili.
Non resistiamo più.
A questo punto dobbiamo intervenire anche noi, sia come rappresentanti di associazioni operanti sul territorio nel campo della disabilità , sia quali genitori di ragazzi disabili, noi che ci sentiamo offesi per il linguaggio violento che viene utilizzato e divulgato con tanta facilità, e indignati per le offensive e vergognose insinuazioni contenute in taluni interventi.
I nostri ragazzi sono disabili di varia gravità e con diverse patologie, sono autistici, sono down, hanno dei morbi con nomi non conosciuti alla generalità delle persone.
Il loro grado di disabilità può variare anche di molto indipendentemente dalla patologia che hanno, ma sappiamo che per tutti loro è anche grazie ad un primo periodo passato in un centro diurno, affiancati da personale specializzato ed alle abilità che vi hanno sviluppato, che hanno potuto intraprendere percorsi diversi di autonomia, talvolta fino ad arrivare anche a sperimentare un inserimento lavorativo.
Molti di loro frequentano ancora i centri diurni, dove svolgono tanti tipi di attività, fondamentali per la loro crescita individuale, con i laboratori, con l’organizzazione dei gruppi, con le amicizie, con i rapporti affettivi, con i mercatini, le uscite, le mostre ecc.
Alcuni i loro sono purtroppo rimasti senza genitori, altri hanno situazioni familiari complesse, e in questi casi le strutture residenziali li accolgono, a volte in via temporanea per dare un sollievo alla famiglia, a volte in via definitiva quando non è possibile diversamente.
In alcuni casi qualcuno di loro, potrà intraprendere un’esperienza di maggiore autonomia, quale il cohousing, già sperimentato a Casa Arrighi e realizzato grazie ad un progetto della Fondazione Dopo di Noi, che sottoscrive questa lettera, e che ha sostenuto tale progetto innovativo, realizzato nell’auspicio possa essere replicato il più possibile sul nostro territorio.
Nessuna di queste persone è reclusa, internata, costretta a vivere in un ghetto, nessuno viene nascosto o escluso, per nessuno di loro viene attuato un isolamento dalla società. Anzi il lavoro che viene fatto quotidianamente va proprio nella direzione opposta. Ognuno di noi è ovviamente e fermamente contrario a rinchiudere e isolare chiunque, disabile o non disabile, e pertanto ci sentiamo profondamente offesi e indignati quando qualcuno insinua che chi sostiene il progetto vorrebbe la ghettizzazione e l’isolamento (termini che ci fanno venire i brividi solo a pensarli e che invece qualcuno pronuncia con tanta disinvoltura) dei nostri ragazzi.
I servizi attuali sono sufficienti? Certamente no, ed è per questo che vogliamo semplicemente arrivare ad ottenere una sempre maggiore offerta, che preveda una ampia graduazione dei servizi, delle risposte misurate e calibrate a misura per ognuno dei nostri ragazzi, consapevoli che non può essere sufficiente qualche auspicabile ma numericamente limitato inserimento lavorativo; le dinamiche sono tante e occorre lavorare costantemente per offrire risposte adeguate e specifiche per i bisogni diversificati dei nostri figli.
Il centro polifunzionale, va proprio in questa direzione, strutturato in più edifici con servizi dedicati, sarà costruito per essere un luogo aperto alla città e verso la città, sarà un luogo vissuto dalle famiglie e dalle associazioni, dove si potrà sperimentare un nuovo sistema di integrazione, un’occasione per tutti anche e soprattutto per lavorare sull’autonomia, per sviluppare e migliorare i percorsi di uscita e integrazione con la città, per dare una risposta specifica a persone che attualmente risposta non hanno, con particolare riferimento agli adulti autistici e alle loro famiglie che non hanno un’assistenza specifica e che la desiderano, supplicano per averla, ne hanno un bisogno disperato.
La gravità della patologia in alcuni casi purtroppo non permette l’inserimento lavorativo o l’avvio di percorsi di tipo diverso, e sono proprio queste le persone più fragili che meritano, a nostro avviso, un’attenzione particolare ed una risposta adeguata.
Ovviamente il centro non dovrà essere l’unica alternativa e ovviamente l’inserimento in un tale percorso non sarà un’imposizione per nessuno, ma perché negare il diritto a servizi migliori a chi li richiede disperatamente per i propri figli?
E per favore… almeno smettiamo di distorcere la verità: la località non è isolata, è in un area verde a 5 minuti di macchina dal centro storico di Empoli, praticamente nella sua periferia e la sua posizione è sicuramente più prossima ad un centro cittadino rispetto ad altre strutture già esistenti come Cerbaiola, Gavena, Ventignano, Camaioni, Il Papiro, strutture che presentano anche criticità importanti e tante volte irrisolvibili. E questo è un dato di fatto incontrovertibile. A questo proposito invitiamo la sig.ra Frilli, a contattarci, saremo lieti di mostrarle quanto affermiamo.
Noi vogliamo e auspichiamo “semplicemente” l’eccellenza per i nostri figli e per il loro futuro, e ci stiamo impegnando per questo obbiettivo.
Se poi quello che interessa è solo fare notizia, avere visibilità, apparire, perseguire interessi che a volte rischiano di sembrare più personali che rivolti ai disabili (tutti, non solo alcuni, a noi interessano tutti i disabili), allora si continui pure a dire sciocchezze e falsità con interventi sui giornali e condividere post sui social.
Per noi è diverso, preferiamo costruire anziché demolire".
Associazione Noi da Grandi, Associazione Fiori di Vetro – Associazione di volontariato per l’autismo, Fondazione Dopo di Noi