Riapertura dei Cie, Nardini (PD): "Non condividiamo, è la chiusura della ragionevolezza"

Alessandra Nardini (foto gonews.it)

"In Toscana abbiamo chiamato questo sistema 'modello d’accoglienza diffusa'" dice Nardini


"La riapertura dei CIE è la ‘chiusura’ della ragionevolezza. La proposta del Ministro Minniti di riattivare almeno un CIE per ogni regione “entro poche settimane”, è un’idea che non condividiamo. Non ci convince assolutamente,  anche se parla di CIE 'diversi' e più piccoli.

'Diversi' come?! Ricordiamo che cosa sono i CIE. Lo ricordiamo nonostante abbiamo avuto la fortuna di essere nati dalla parte ‘fortunata’ del mondo, e quindi di non esserci finiti. Se chiudiamo gli occhi e pensiamo a che cosa erano i CIE ci vengono in mente le bocche cucite dei ragazzi delle strutture di Roma – era il 2013, non un secolo fa – ci vengono i mente i numerosi tentativi di rivolta o di fuga, tra i più noti quello del 28 dicembre 1999, nel CPTA di Trapani, quando sei persone morirono in un incendio proprio dopo un tentata fuga.

Quello non era e non è il modo adeguato di gestire i fenomeni migratori. Questo Paese se ne accorse dopo dolorose vicende  (come quelle che abbiamo ricordato) e pensare che ancora, di CIE, ce ne sono sei in Italia: a  Roma, Caltanissetta, Bari, Torino, Brindisi e Crotone – per un totale di 668 posti. Gli altri otto sono stati chiusi. Questo articolo de Il Post spiega bene cosa sono i Cie: http://bit.ly/2hMtcwl.

La proposta dal Ministro dell'Interno è arrivata a poche ore dai fatti di Sesto San Giovanni, dove è stato fermato e ucciso Anis Amri, l’attentatore della strage dei mercatini di Natale di Berlino. Amri, arrivato in Italia dalla Tunisia, dopo aver preso parte a una protesta al centro d’accoglienza di Lampedusa, aveva scontato quattro anni di carcere, all’Ucciardone di Palermo, dove pare si sia radicalizzato.

La sua storia, e quella di tutti coloro che finiscono nelle mani della delinquenza, della criminalità organizzata o nei tentacoli del radicalismo religioso, ci dicono che là dove non si interviene con progetti specifici e capillari, si rischia di generare disastri, dolore e sofferenza. Nessuno di noi possiede la ricetta esaustiva capace di gestire un fenomeno di portata mondiale come quello migratorio, ma siamo fortemente convinti che la strada su cui insistere sia quella dell’accoglienza  ripartita equamente ed in misure proporzionali, con l'aggiunta di strumenti d’integrazione costanti in grado di supportare il percorso di chi arriva nel nostro Paese, senza lasciare campo libero a forme di degenerazione.

In Toscana abbiamo chiamato questo sistema “modello d’accoglienza diffusa": i richiedenti asilo vengono collocati in piccole strutture sparse pressoché in tutto il territorio regionale. Anzi, ancora una volta rinnoviamo l'appello, rivolto a tutti i Comuni, di fare ciascuno la propria parte, perché questo modello funziona ed è realmente equo solo così.  Qui vengono organizzati corsi di lingua italiana ed offerti strumenti per l’assistenza legale di cui c'è bisogno. Inoltre chi viene accolto può svolgere lavori socialmente utili, riuscendo così ad integrarsi nella comunità locale di cui diventa parte attiva. Un meccanismo perfettibile, ci mancherebbe, ma che ha il merito di non creare grandi concentrazioni o situazioni ingestibili ma di mirare davvero all'integrazione. In questo contesto è assolutamente fondamentale e necessario il lavoro che svolgono le associazioni. E anche per questo, oltre a condividere l’appello che lancia Francesca Chiavacci, Presidente nazionale Arci, http://bit.ly/2j42r2j con una lettera rivolta al ministro Minniti, riteniamo parimenti importante dare gambe alla proposta che rivolge al Governo di “aprire un confronto con le organizzazioni sociali, laiche e religiose, con i sindacati e le organizzazioni di categoria, riaprendo quel Tavolo Immigrazione Nazionale che da anni è stato bloccato”.

Il Ministro ha detto che parlerà delle sua idea sui nuovi CIE nella Conferenza Stato-Regioni già convocata per il 19 gennaio.  Ci auguriamo che in quella sede i rappresentanti regionali del nostro Partito sollevino perplessità e propongano soluzioni diverse. E perché non riaprire, invece, la discussione sull'abolizione del reato di immigrazione clandestina?! Da sempre ci battiamo per un Paese più civile, e questa norma va nel senso opposto. Lo diciamo da anni, ma ogni volta alla Politica manca quello scatto di coraggio che invece crediamo sia necessario e doveroso. Questo non significa, ovviamente, che siamo contrari a politiche in favore di maggior sicurezza. Siamo, però, orgogliosamente contrari alle strumentalizzazioni di chi soffia sul vento di intolleranza e paura, e all'inaccettabile equazione migrante uguale delinquente o terrorista.

Anche in queste ore, in tanti hanno ricordato che i CIE sono una scelta fallimentare e, come Giovani Democratici, non possiamo che unirci a loro. Saremo sempre dalla parte dei diritti e dell’uguaglianza. Anche se si nasce dall’altra parte del mondo, ovvio".

Alessandra Nardini, Consigliera Regionale PD - Presidente Giovani Democratici Toscana

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