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I medici empolesi che votano Sì: "La sanità uscirà rafforzata"

"Molti pensano erroneamente che la riforma costituzionale non rappresenti una soluzione dei problemi nei quali il nostro Paese versa ormai da decenni, invece votando sì al referendum gli italiani potranno non solo garantire all'Italia un sistema istituzionale moderno e in linea con le nazioni più avanzate, ma anche permettere di sciogliere i nodi che impediscono di sbloccare situazioni delicate come avviene in sanità.

L’aver devoluto alle Regioni la materia sanitaria, con la riforma del titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001, ha determinato degli squilibri fra cittadini nella fruizione del diritto alla salute. Non possiamo più tollerare che la garanzia di un diritto costituzionalmente garantito, come quello alla salute, sia così variabile a seconda del luogo di residenza.
Con la modifica del Titolo V, si potrà ristabilire un primato statale nelle decisioni di politica sanitaria, politica sociale e sicurezza alimentare ponendo fine alle derive federaliste che hanno portato in questi anni all’esplosione della spesa e all’acuirsi di quella spaccatura storica tra Nord e Sud del Paese.

La sanità uscirà rafforzata sul piano delle garanzie di equità e uniformità dei Livelli essenziali di assistenza sul territorio nazionale. Questo grazie al maggior ruolo che Governo e Parlamento saranno chiamati ad assumere nelle grandi decisioni di indirizzo e politica sanitaria, ponendo fine al 'primato' delle Regioni che con la riforma del 2001 sono diventate non solo i gestori ma anche i veri decisori della sanità.

L’obbiettivo della modifica costituzionale, è quello di mettere fine alla difformità dell’offerta sanitaria, che ha comportato la frammentazione dei servizi e un eccesso ormai insopportabile di burocrazia. Una situazione contorta che ha creato 20 sistemi sanitari differenti: uno per regione.

Un aspetto che, nel corso degli anni, ha provocato la crescita del divario tra regioni e reso evidente la disuguaglianza tra i cittadini italiani nell’accesso alle cure sanitarie.
Differenze che quotidianamente incidono sui costi dei ticket, sui tempi di accesso alle terapie o sulle tempistiche di acquisizione dei farmaci da parte delle regioni.
Tre esempi fra tanti.

All’indomani della decisione della Corte Costituzionale di dichiarare illegittima la legge sulla fecondazione artificiale (legge 40 del 2003) nella parte in cui vietava alle coppie con infertilità assoluta l’utilizzo di gameti altrui, la Lombardia aveva risposto prevedendo costi diversi con tariffe dai 1500 ai 4000 euro a carico agli aspiranti genitori contro il semplice ticket per l’inseminazione omologa.

È dovuto intervenire Il Consiglio di Stato, che ha bocciato il ricorso presentato da Regione Lombardia contro la richiesta di parificare nei costi la fecondazione eterologa a quella omologa: i giudici hanno descritto quella diversità “una disparità di trattamento lesivo del diritto alla salute delle coppie affette da sterilità o da infertilità assolute”.

In Toscana il farmaco della classe DAA per l'epatite C, viene dato gratuitamente a tutti i pazienti che ne hanno bisogno: si stima che siano 26.224. Un ciclo di trattamenti si aggira intorno ai 30.000 euro a paziente. Nelle altre regioni vengono trattati il 20-30% dei pazienti, selezionati con criteri molto rigidi, e gli altri nel frattempo, aspettano!

In alcune regioni, tra cui la Toscana, un paziente in dimissione ospedaliera ha diritto, se le sue condizioni di salute lo rendono necessario, al trasporto in autoambulanza verso la sua residenza; in altre Regioni questo servizio è a totale carico del paziente e della sua famiglia.

È giusto, è etico, è equo, è solidare un sistema sanitario che genera differenze di accesso alle cure sulla base della residenza?

L’attuale divario esistente tra i territori sul piano della qualità del sistema sanitario tenderà a ridursi, grazie al fatto che sarà lo Stato a definire gli indirizzi generali, mentre le Regioni si occuperanno della programmazione e dell’organizzazione dei servizi. Per fare un esempio concreto, sarà lo Stato a decidere l’introduzione di una specifica innovazione all’interno del servizio sanitario, che così sarà a disposizione di tutti i pazienti e non soggetta alle scelte delle singole Regioni. Ne risulterà una riduzione dei costi e la garanzia di un servizio uguale per tutti.

Anche se non nelle nostre specifiche competenze vogliamo dire due parole sulla riforma del Senato.

La maggioranza dei paesi della Unione Europea (15 su 28) non hanno una seconda camera. In altre parole sono sistemi parlamentari monocamerali. Tra i 13 paesi che hanno una seconda camera solo in 5 paesi i suoi membri sono eletti direttamente dai cittadini.  Tra questi 5 paesi solo in Italia, Polonia e Romania si può dire che la seconda camera abbia dei poteri legislativi rilevanti. E solo l’Italia ha un sistema parlamentare in cui il Senato ha esattamente gli stessi poteri della Camera.
Questa  anomalia italiana dura da troppo tempo per continuare a mantenerla".

David Coletta, coordinatore Comitato Medici EmpoleSì

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