A distanza di molti anni dagli atroci delitti compiuti tra il 1968 e il 1985 dal cosiddetto “Mostro di Firenze”, il ritrovamento di un’arma, il giorno di Ferragosto, dello stesso tipo di quella usata per i massacri delle giovani coppie, ha fatto riaccendere l’attenzione sul famoso Cold Case. La pistola, una beretta calibro 22, sarebbe stata rinvenuta da una donna durante una passeggiata alla periferia del paese di Borgo San Lorenzo.
Sul posto della segnalazione sono arrivati in tanti, compreso il reparto scientifico dell’Arma dei Carabinieri, competente territorialmente ed attrezzato per sottoporre il reperto alle indagini di laboratorio: la mappatura dei bossoli è ben nota agli inquirenti che da anni tornano in allerta ogni volta che spuntano potenziali elementi utili a chiudere un caso ancora aperto.
L’arma trovata in stato molto usurato è stata sequestrata ed inviata ai laboratori del Racis di Roma, struttura preposta a soddisfare le richieste di indagini tecnico-scientifiche di Polizia Giudiziaria dai Reparti dell'Arma dei Carabinieri, della Magistratura e delle altre Forze di Polizia. Sono specializzati in attività di supporto alle indagini mediante la ricerca di elementi di connessione ed analogia con altri fatti delittuosi e mediante l’elaborazione del profilo criminologico degli autori sconosciuti dei delitti. Essi dovranno stabilire se è quella o meno l’arma collegata ai duplici omicidi. Certo è, che le condizioni di rilevante usura hanno fatto pensare immediatamente alla possibilità che fosse la stessa usata dal Mostro di Firenze nei delitti.
Adesso la pistola verrà ripulita a dovere e solo dopo verrà sottoposta ad una prova di sparo con cartucce Winchester 22 ramate serie H. Quella sarà la cosiddetta “prova del Dna” dell’arma. Ma vediamo più da vicino come avviene tutto ciò: l’accertamento comparativo si esplicita effettuando il confronto microscopico tra le microtracce tipizzanti le impronte di percussione, estrazione ed espulsione sui fondelli ed i solchi di rigatura sui proiettili. Sparando una cartuccia metallica o con parti metalliche, bossolo e proiettile vengono sempre più o meno interessati da marcature, strisciature e impressioni proprie della classe dell’arma impiegata e dell’esemplare utilizzato. Il bossolo risulta quindi, interessato, oltre che dalle irregolarità eventualmente presenti sulla superficie della camera di cartuccia, dalle impressioni lasciate dall'espulsore e dall'estrattore.
Abbiamo poi una banca dati che memorizza i dati tecnici e le "impronte di classe d’arma", cioè i segni che le parti meccaniche di un’arma rilasciano sul corpo del bossolo, relative alle armi in produzione ed a quelle di importazione. Il principio di base è che ogni arma viene prodotta dal fabbricante con caratteristiche uniche di costruzione. La particolare forma, detta “morfologia”, viene dunque classificata e memorizzata in una scheda tecnica del sistema “Gun Store”. La banca dati è in costante aggiornamento. Periodicamente le fabbriche di armi presenti in Italia inviano 4 bossoli-test relativi ad un modello di arma da fuoco in produzione oppure già prodotta, allo scopo di incrementare il patrimonio informativo del sistema.
Se sulla scena del crimine vengono quindi ritrovati bossoli o proiettili ma non l’arma che li ha esplosi, e nessun aiuto arriva da eventuali armi sequestrate, per avere informazioni utili è possibile interrogare il "Gun Store". Sulla base dello studio delle morfologie del bossolo, esso è in grado di dare subito un input investigativo fornendo le informazioni relative all'arma richiesta. Inoltre è in grado di effettuare comparazioni, sovrapposizioni e confronti delle immagini memorizzate, mediante l’utilizzo di un software, di una telecamera ad altissima risoluzione e di un programma di “manipolazione” delle immagini. Ora non ci resta che aspettare tutti gli esami del caso e sperare che l’arma sia veramente quella del Cold Case italiano per eccellenza.