I profughi della guerra in Siria raccontati dagli scatti di Veronica Crocci: la sua mostra gira l'Italia

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Una mostra per raccontare attraverso i bambini il dramma della guerra. È  questo quello che filtra nell'itinerario fotografico di Veronica Crocci, 30 anni di Pontedera, reporter interessata da anni ai temi sociali.

La mostra 'Facciamo pistole che sparano caramelle' è un viaggio all’interno degli accampamenti informali vicini al confine con la Siria (insediamenti simili a delle baraccopoli) e nel campo profughi di Za’atari in Giordania dove vivono (o sopravvivono) gran parte dei rifugiati siriani, tra cui moltissimi bambini. Bambini che hanno la stessa luce negli occhi di tutti i loro coetanei occidentali, lo stesso diritto a sorridere e la stessa necessità e bisogno di sognare. Il nome dell'esposizione proviene da un'opera di un artista siriano che oggi vive nel campo profughi di Za'arati.

La mostra è stata esposta per la prima volta lo scorso anno durante il Musicastrada Festival in tutta la provincia di Pisa, poi a Colle Val d'Elsa, Pisa, Lucca, a Besnate in Lombardia, a Rovigo in Veneto e adesso sbarca anche a Caselle in Pittari in Campania.

«Se le parole - spiega Veronica Croccia - potessero anche solo minimamente racchiudere tutto quello che ho provato visitando queste realtà allora le userei. Ma per spiegare quello che si sente in situazioni come queste ogni aggettivo è superfluo, ogni tentativo di spiegare inutile, minimizzante. L’unica cosa che posso fare è mostrare a voi quello che la mia macchina fotografica ha catturato durante quei giorni, immagini filtrate attraverso i miei occhi e il mio cuore. Un qualcosa di forte si è acceso in me in quei luoghi, qualcosa di reale, puro, innocente, frammisto a profonda commozione e rispetto per chi, pur avendo perduto tutto, ha ancora la forza per ridere e il coraggio di sperare.»

 

I campi profughi. Nel marzo 2011 iniziano le tensioni in Siria sull’onda delle “Primavere arabe” che avevano già segnato alcuni Paesi del Nord Africa: Tunisia, Egitto e Libia. Le manifestazioni, dapprima pacifiche, contro il regime di Assad, si sono presto trasformate in repressione e in conflitto violento con una crisi umanitaria di proporzioni immense. Nel marzo 2015, la guerra in Siria entra nel suo quinto anno, senza apparenti prospettive di miglioramento, distinguendosi per il triste primato della più grave crisi umanitaria del nostro tempo.

Dal 2012 a oggi più di 4 milioni di persone hanno abbandonato la loro terra per rifugiarsi nei paesi limitrofi, e i minori e le donne rappresentano circa 2/3 dell’intera popolazione di rifugiati siriani. In Giordania ad esempio per il 56% si tratta di minori. Numerosi i paesi limitrofi di accoglienza: Turchia, Iraq, Giordania, Libano. In Giordania 150.000 rifugiati registrati si trovano oggi nei campi profughi (circa 85,000 solo nel campo di Za’atari) mentre 550.000 vivono fuori dai campi nelle zone urbane e rurali giordane.

La maggior parte dei rifugiati si è quindi spostata dai campi profughi in cerca di condizioni migliori di vita e di un lavoro. Attratti dalla possibilità di un lavoro stagionale in agricoltura e spinti dalla disperazione per un conflitto che li ha privati di tutto, una parte dei rifugiati ha finito per stabilirsi in accampamenti informali. Si sono così creati i cosiddetti ITSs (Informal Tended Settlements) dove misere tende fatte di teli di plastica e vecchi pezzi di legno rappresentano l’unico riparo per innumerevoli famiglie composte per la maggior parte da bambini, vecchi e donne. Famiglie fuggite dal campo profughi di Za’atari o allontanatesi dal Governatorato di registrazione, che di conseguenza hanno perso il diritto ai servizi scolastici e medici. Molti dei rifugiati degli accampamenti informali sono tutt’oggi privi dei prodotti e servizi di base, vivendo in condizioni di estremo disagio e sotto la soglia della povertà.

INTERSOS, un’organizzazione umanitaria senza fini di lucro, in collaborazione con UNICEF, opera in queste realtà con lo scopo di provvedere ai bambini e alle loro famiglie attraverso un supporto psicosociale, attività ricreative in un programma di Child Protection volto inoltre a identificare casi di abusi e violenze su minori. [Fonti: UNHCR, INTERSOS, Maggio 2015]

 

Biografia. Nata nel 1984, laureanda in Medicina e Chirurgia e fotografa sensibile ai temi sociali. E' codirettrice della scuola di fotografia “Fotografando” di Montopoli in Val d'Arno in provincia di Pisa. Studia con importanti maestri e professionisti che la portano ad approfondire diversi linguaggi, dalla fotografia di scena (numerose collaborazioni con compagnie teatrali, compagnie di danza, artisti e musicisti di fama internazionale), a quella di architettura (collaborazioni con importanti società di edilizia e costruzioni), e alla ritrattistica in studio per infine condurla al suo amore più grande: la fotografia di reportage sociale. Ha collaborato con alcune ONG tra cui UNHCR e Intersos, alcune sue foto sono state pubblicate su importanti testate giornalistiche (Rolling Stone Italia, Il Dubbio, La Nazione, Musicastrada..) e trasmesse dall'emittente televisiva Rai Uno. Vincitrice del concorso fotografico “Sonata di Mare” promosso dal Photolux. Tra i suoi progetti fotografici “Come sabbia sotto al tappeto” sulla vita dei detenuti all'interno del Carcere di Pisa che ha effettuato insieme alle fotografe Serena Caputo e Francesca Fascione e curata dalla Camera Penale di Pisa, “Negativi di Attore” tredici ritratti di artisti sul tema delle molteplici personalità dove l'arte del teatro e della fotografia si fondono insieme, “Let us make guns shoot candies” Syrian Refugee Children in Jordan («Facciamo pistole che sparino caramelle», I bambini rifugiati siriani in Giordania) che è stata esposta in vari luoghi della Toscana, Veneto e Lombardia.

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