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Casa Circondariale, la riflessione de L'acqua in gabbia

La casa circondariale di Pozzale a Empoli (foto gonews.it)

“A noi piace lavorare.  ”Una frase e un abbraccio. Con queste parole le detenute della Casa Circondariale di Empoli ci hanno salutato alla fine del lavoro di questi anni .

 E non è stata una frase detta  per piaggeria o per gratificare il nostro intervento e progetto, ma un saluto spontaneo  , dopo quattro anni trascorsi a misurare, tagliare, cucire  borse e lavorare a maglia e all'uncinetto.

Una frase detta in modo istintivo, frutto di  impegno e di  responsabilità, indirizzata a raggiungere  obiettivi comuni.

Ci ha molto colpite questa espressione. e ci ha ancor più convinto circa la possibilità del reintegro e recupero di queste persone  .

La loro risocializzazione ha bisogno di stimoli affettivi e pratici. Molte detenute iscritte al “corso di borse” hanno partecipato ,a titolo volontario,ad ogni incontro, pur esistendo una turnazione e questo testimonia il desiderio, direi quasi la necessità, di essere impegnate in un'attività strutturata e con un minimo di riscontro economico.

Il progetto, al suo quarto anno di attuazione, è stato  condotto , in modo del tutto volontario,da alcune appartenenti all'associazione L'acqua in gabbia ; queste amiche hanno messo a disposizione delle detenute la loro esperienza manifatturiera e creativa, il proprio tempo, la volontà di ascolto, l'amicizia.

Il lavoro ha previsto il recupero di tessuti generosamente offerti da amici tappezzieri e con la collaborazione di RESO e di privati.

L'intero ricavato della “vendita” delle borse e dei cuscini realizzati, proposti a offerta minima ,è stato devoluto alle ospiti della Casa Circondariale e distribuita secondo la frequenza e l'impegno profuso.

Borse invernali, realizzate con i tessuti ricevuti dal magazzino del carcere di Sollicciano, borse estive, leggere e fantasiose, soffici cuscini hanno visto impegnate una decina di detenute, con cadenza settimanale e, nei pressi di un'occasione particolare, mercatino o incontro letterario promosso da L'acqua in gabbia, anche bisettimanale, per tre ore a pomeriggio.

L'esperienza emotivamente molto coinvolgente per le volontarie ,basata su  una relazione affettiva   intensa , dimostra, ancora una volta, come la capacità di reinserimento debba passare attraverso il lavoro e il confronto con i problemi del mondo esterno ( se pure mediati da un'associazione).

Quella frase “a noi piace lavorare” ci ha riempito di speranza e gioia per queste ragazze che  sentiamo amiche e ci ha confermato come i pregiudizi, attraverso la conoscenza , la condivisione e la frequenza, siano facilmente superabili.

Alla luce della decisione di chiudere la Casa circondariale abbiamo voluto condividere questa nostra riflessione , derivata da un'esperienza collaudata, fondata sul rispetto e la fiducia reciproci .

Non possiamo nascondere quanto siamo  amareggiate per i tempi e i modi della chiusura e ci auguriamo che il lavoro volontario svolto possa continuare attraverso nuovi progetti in altre sedi. Ricordo che il laboratorio  si è articolato e ingrandito in commissioni di borse per la Caritas di Firenze e per il Lions di Empoli e che ,sempre la Caritas fiorentina, ha finanziato un corso di Taglio e Cucito che rilascerà un attestato alle detenute che ne hanno, con profitto, seguito le lezioni.

Uno sviluppo del nostro iniziale progetto che  ha  gratificato  l'impegno sociale e culturale che sostiene le  iniziative de L'acqua in gabbia, ma ,soprattutto ha costituito  un'insostituibile esperienza relazionale con le detenute che noi speriamo non si disperda. Il percorso svolto ha, per noi, un valore profondo e umano per tutte le donne detenute e volontarie che vi hanno partecipato e i valori di umanità e affettività che sono alla base di una società orientata alla crescita di una sana convivenza civile.

L'acqua in gabbia

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