Crollo del prezzo dei cereali, c'è allarme per i coltivatori della provincia

Stefano Berti

Il crollo dei prezzi dei cereali rischia di mettere in ginocchio il comparso agricolo. "Qui - dice Stefano Berti, direttore di Cia Pisa - la situazione è gravissima e forse, ancora, la comunità non ha la percezione: si rischia la chiusura di decine di aziende con la conseguente perdita di posti di lavoro". Ma non solo: "Si rischia che il prossimo anno non ci sia produzione di cereali, perché a questi prezzi conviene ripiegare sui contributi destinati a terreni incolti".

Qual'è il problema?  La produzione dell'oro giallo quest’anno è aumentata con qualità di grani sempre più eccellenti ma ai porti italiani, quindi anche a Livorno, ogni giorno si scarica grano proveniente dall’estero; negli ultimi giorni è arrivato grano australiano.

Ai nostri produttori il grano viene pagato dai 16 ai 19 euro al quintale, il 30% meno di quanto costa realmente la produzione. I costi produttivi, infatti, sono in costante aumento (più 4,4 per cento all’inizio dell’anno, di cui più 6,4 per cento solo per i carburanti) "Il prezzo di grano duro e grano tenero pagato agli agricoltori resta tutt'ora tra i più bassi del mondo - aggiunge Berti - Gli imprenditori sono sul piede di guerra e anche a livello locale stiamo valutando quali forme di protesta metter in atto".

La Cia chiede provvedimenti sull'aggregazione del prodotto (è impossibile la navigazione solitari nei mercati anche per le aziende più grandi), per la riduzione dei costi di produzione, ma soprattutto per la tracciabilità del prodotto: "L'industria agroalimentare si fa bella con i numeri, l'export cresce, ma la pasta italiana sempre è fatta per lo più con grano non italiano. Diciamolo alla gente, facciamo in modo che sia obbligatorio dirlo". Per dare un dato del problema sul nostro territorio, tra grano tenero e grano duro in provincia di Pisa si producono 18mila tonnellate l'anno di prodotto. E questo segmento è vitale per un comparto che in cinque anni ha perso 200 aziende. Ora sono 3.866 (il 60% tra Valdera e Valdarno)  di cui il 60% interessate al cerealicolo.

Fonte: Cia Pisa

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