Dopo le prime informazioni fornite nel comunicato stampa del 3 maggio 2016 in merito ai controlli svolti per l'individuazione della sorgente delle maleodoranze, tipo urina di gatto, segnalate dai cittadini livornesi da circa tre mesi, torniamo sull'argomento per illustrare l'attività svolta dal Dipartimento che, a fine aprile, ha portato ad individuare in un serbatoio, in cui sono stoccati rifiuti liquidi e fanghi situato nel porto di Livorno, la sorgente principale delle maleodoranze.
Tale serbatoio della soc. Labromare, collocato in Darsena Petroli, ha una capacità di circa 8000 m³ ed è dedicato allo stoccaggio e trattamento dei rifiuti liquidi pericolosi e non è dotato di tetto di copertura.
Nel procedimento autorizzativo per il rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), conclusosi nel dicembre 2015, la Provincia di Livorno ha prescritto alla ditta la “realizzazione di un opportuno sistema di copertura del serbatoio e conseguente collettamento delle emissioni gassose dal serbatoio”.
L'amministrazione provinciale ha altresì stabilito, nell'ambito delle sue competenze, il tempo (non ancora scaduto) entro cui la società dovrà presentare una proposta progettuale comprensiva del crono-programma di attuazione dei lavori prescritti.
Dai numerosi sopralluoghi presso l'impianto effettuati da ARPAT nel mese di aprile a seguito delle segnalazioni e dalla documentazione inviata dalla società, è emerso che la ditta stava effettuando una manutenzione straordinaria al fine di svuotare il serbatoio per le operazioni di bonifica preliminari al successivo adeguamento impiantistico prescritto in fase autorizzativa.
Come constatato dai tecnici ARPAT nel sopralluogo del 29 aprile 2016, il serbatoio conteneva ancora il rifiuto (parte liquida e solida), che per i lunghi tempi di permanenza nello stesso, ha dato luogo per effetto della degradazione, a vari composti chimici volatili, che nell'ultimo periodo, hanno assunto il tipico odore di “urina di gatto”.
Il contenuto del serbatoio, costituito dal liquido e dai fanghi stratificati sul fondo, è stato campionato dai tecnici ARPAT in data 04/05/2016. Il Rapporto di Prova analitico e la relazione del Responsabile del Settore Laboratorio dell'Area Vasta Costa, indicano la presenza di composti chimici volatili, prevalentemente di matrice organica, la cui connotazione odorigena è riconducibile all'odore definito “urina di gatto”.
Nell'immagine seguente un estratto del Rapporto di Prova del campione di rifiuti analizzato dal Settore Laboratorio Area Vasta Costa con sede a Livorno:
Il Dipartimento di Livorno ha fin da subito richiesto alla soc. Labromare di attuare tutte le misure per il contenimento delle emissioni odorigene. L'azienda ha programmato di utilizzare alcuni prodotti chimici che, secondo la stessa, dovrebbero essere capaci di contenere le eventuali frazioni odorigene che possono sprigionarsi nelle fasi di bonifica del serbatoio. In questi giorni ha comunicato agli enti di essere nella fase di messa a punto dei dosaggi ottimali di tali prodotti.
Lo scorso 25 maggio si è svolta una riunione a cui hanno partecipato i tecnici di Regione (ex Provincia), Azienda USL, Comune e ARPAT, per esaminare le problematiche che si sono determinate e per intraprendere le azioni conseguenti.
L'importanza delle segnalazioni per l'individuazione della sorgente odorigena
L'inquinamento olfattivo dell'aria in ambiente di vita in generale ed in particolare quello segnalato come caratteristico di “urina di gatto”, può derivare da diverse sostanze chimiche. La percezione olfattiva è legata alla sensibilità della singola persona e quindi solo una importante casistica di segnalazioni convergenti può oggettivare la tipologia di maleodoranza e la sua significatività al fine di rappresentare “molestia” per un cospicuo numero di persone, come nel caso in oggetto.
Le informazioni fornite dagli esponenti nelle numerose segnalazioni, partite da fine gennaio 2016 ed intensificatesi nel periodo 20-29 aprile, hanno rivestito un ruolo determinante in questa indagine, per l'individuazione certa della causa delle maleodoranze. A tal proposito è stato infatti richiesto agli stessi, una precisione di tempo e spazio, perché potessero essere utilizzate con successo.
Di fatto, una iniziale comprensibile difficoltà negli esponenti a ricordare e riferire gli orari certi in cui erano state avvertite le maleodoranze, nel periodo gennaio-marzo, ha indirizzato le indagini verso sorgenti diverse, appartenenti comunque ad aree che ricomprendono attività potenzialmente causa dei disagi olfattivi lamentati, per le caratteristiche dell'odore producibile.
Nella prima fase, infatti, sono state individuate sovrapposizioni degli effetti odorigeni di più attività posizionate lungo la stessa direttrice di provenienza degli inquinanti, con odori riferibili a composti chimici simili a quelli contenuti nell'urina di gatto.
Nella zona centro-nord della città sono state inizialmente individuate ed ispezionate sorgenti come impianti di depurazione, di trattamento rifiuti, depositi di fertilizzanti o materiali putrescibili.
Successivamente il metodo di lavoro, è stato maggiormente compreso e condiviso dagli esponenti che hanno fornito dati più precisi, ai quali occorre rivolgere un particolare ringraziamento in quanto oltre a sopportare il disagio, hanno collaborato con lo spirito giusto favorendo la risoluzione del caso e partecipando attivamente all'indagine.
Tutto ciò, ha permesso di restringere l'area di provenienza delle maleodoranze, fino ad individuare un'unica sorgente, collocata all'interno dell'area portuale, in cui convergevano la maggior parte degli episodi segnalati.
Il lavoro svolto da ARPAT e la tecnica utilizzata per la ricostruzione del percorso degli inquinanti e l'individuazione della sorgente maleodorante
L'indagine ha impegnato molto gli operatori del Dipartimento, che hanno effettuato oltre a numerosi sopralluoghi sul territorio e presso alcuni impianti, anche un'attività di validazione dei dati con la successiva ricostruzione del percorso degli inquinanti verso le sorgenti, a partire dai punti di percezione segnalati dagli esponenti.
Le ricostruzioni, consentono di stabilire con buona precisione la sorgente delle maleodoranze.
I dati su cui si basa la tecnica adottata sono:
- l'orario preciso in cui gli esponenti iniziano ad avvertire la maleodoranza;
- il luogo in cui gli esponenti si trovavano;
- i dati meteo affidabili su intensità e la direzione del vento espressa in gradi.
Per quanto riguarda i dati meteo, sono stati utilizzati quelli forniti dalla stazione meteorologica del Consorzio LAMMA posizionata a Livorno, rappresentativi della situazione meteo per la fascia costiera di nostro interesse.
Le ricostruzioni prendono in esame 12 episodi provenienti da segnalazioni di cittadini ad ARPAT.
Un esempio di tale ricostruzione è fornito nella figura seguente in cui le traiettorie descritte mediante frecce, rappresentano singolarmente il percorso compiuto ogni 15 minuti dagli inquinanti trasportati dal vento. Il verso delle frecce è rivolto verso il luogo della segnalazione.
Conclusioni
Pur considerando che il metodo di ricostruzione utilizzato può essere affetto dalle incertezze derivanti dai singoli dati in ingresso (dati meteo, orario delle segnalazioni, diffusione degli inquinanti, etc) è innegabile che, lo stesso, ha permesso di individuare una zona ben delimitata, all'interno della Darsena Petroli, che si è poi si rivelata come quella in cui è collocata la sorgente dell'emissione odorigena.
La conferma alle indicazioni fornite dal metodo, si è avuta dal primo sopralluogo presso l'impianto della soc. Labromare ubicato in Darsena Petroli, dove è stato percepito il tipico odore di “urina di gatto” in particolare in prossimità del serbatoio di stoccaggio dei rifiuti.
Fonte: Ufficio stampa Arpat
<< Indietro