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I restauratori dell'Opificio delle Pietre Dure diventano i caschi blu della cultura

E' stata una lezione di grande spessore tecnico e culturale quella del soprintendente dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, Marco Ciatti, che, giovedì 12 maggio, presso la sala “Meucci” della biblioteca comunale “Ragionieri” di Sesto Fiorentino, ha curato la quinta conferenza del ciclo “Il cammino dell'arte”, collegata alla mostra antologica“Antonio Berti (1904-1990)” in corso di svolgimento sino al prossimo 31 maggio.

Nel suo intervento, dal titolo “L'Opificio delle Pietre Dure e la conservazione del patrimonio artistico: passato, presente e futuro”, Ciatti ha raccontato la storia e gli attuali impegni dell'Istituto che dipende dal Ministero per i beni culturali.

L'incontro è stato introdotto dal responsabile del servizio cultura, biblioteca e promozione turistica del Comune di Sesto Fiorentino, Enio Bruschi, che ha portato i saluti del commissario straordinario dell'Amministrazione, Garufi, e dal presidente dell'Associazione “Antonio Berti” e responsabile del gruppo La Soffitta Spazio delle Arti, Francesco Mariani, che ha ricordato l'apertura straordinaria dello studio di Berti di sabato 14 maggio per raccogliere fondi destinati al recupero dello studio stesso. Poi si è entrati nella storia del restauro.

“Il primo Opificio delle Pietre Dure - ha raccontato Ciatti - fu fondato dal granduca Ferdinando nel 1588. Più vicino a noi, nel 1932, nacque anche il Laboratorio di restauro dei dipinti della Soprintendenza fiorentina. Poi, nel 1975, un anno dopo l'istituzione del Ministero per i beni culturali, si pensò di fondere le due realtà e creare un nuovo Istituto nazionale per la conservazione delle opere d'arte sotto l'egida del Ministero stesso. E nel 2015 abbiamo celebrato i nostri primi 40 anni di vita”.

L'Opificio ha tre sedi e undici settori di operatività. “Pochi sanno - ha svelato il soprintendente - che

abbiamo un locale, il più piccolo ma anche il più affascinante, nella Sala delle Bandiere di Palazzo Vecchio dove sono stati restaurati gli arazzi del Salone dei Duecento. La seconda sede, quella ottocentesca, è in via degli Alfani e lì si può visitare ogni mattina il nostro museo che propone anche un'ampia raccolta di pietre preziose. In questo ambiente abbiamo vari settori di operatività; i più noti sono oreficeria e bronzi, con quest'ultimo che si è occupato della Porta del Paradiso e della porta nord del Battistero di San Giovanni, ora esposte al Museo dell'Opera del Duomo di Firenze, e che dal 20 aprile ha iniziato gli interventi sulla terza porta del Battistero; la fine dei lavori è programmata per il 2017.

La terza struttura è un ex padiglione militare della Fortezza da Basso che fu attrezzato in seguito all'alluvione di Firenze del 1966. Lì abbiamo, tra gli altri, i settori sculture lignee, tessili e carte e pergamene”.

Proprio l'alluvione di Firenze ha segnato uno spartiacque per le tecniche di intervento dei restauratori dell'Opificio: “Il grande lavoro sulla Porta del Paradiso, da cui si erano staccate 5 formelle durante l'alluvione, ha cambiato molti parametri. Negli anni all'Opificio sono state usate per la prima volte molte tecnologie innovative, come le radiografie, per analizzare le opere d'arte. Ora utilizziamo anche la riflessografia a infrarossi per individuare gli eventuali disegni presenti sotto gli strati esterni di un quadro; l'abbiamo usata, ad esempio per identificare i tratti originali de 'L'adorazione dei Magi' di Leonardo. E tutto questo è stato ed è possibile grazie alla proficua collaborazione con importanti enti di ricerca tra cui il Cnr”.

La maestria dei restauratori dell'Opificio si tramanda grazie alla Scuola di Alta Formazione e Studio che prevede un percorso quinquennale di studi. “Gli alunni - ha sottolineato Ciatti - fanno oltre il 50% delle lezioni all'interno dei laboratori dove osservano da vicino i restauratori esperti all'opera”.

E per la loro straordinarie capacità, i gruppi di lavoro dell'Opificio sono impegnati in grandi interventi in Italia e nel mondo. “Attualmente - ha ricordato il soprintendente - abbiamo due importanti cantieri esterni: a Milano, nella Sala delle Assi del Castello Sforzesco, e a Sansepolcro dove stiamo intervenendo sulla bellissima 'Resurrezione' di Piero della Francesca. Recentemente ci siamo anche aperti alle opere moderne a seguito di una collaborazione con il Museo Guggenheim di Venezia per il quale abbiamo restaurato un Pollock. E pochi mesi fa c'è stata una missione in Nepal a seguito della quale il ministro vuole creare un corpo specializzato in interventi urgenti in tutto il mondo; per questo hanno cominciato a chiamarci i caschi blu della cultura”.

Ma questa è solo una minima parte dei progetti seguiti attualmente dallo staff dell'Opificio delle Pietre Dure. Un lavoro straordinario riassunto efficacemente in un bel volume di Annamaria Giusti che ha giustamente definito l'Opificio come “La fabbrica delle meraviglie”.

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