Il bullismo: non chiudiamo gli occhi

Il bullismo è oggi un fenomeno molto complesso e, sempre più spesso, notizia di cronaca sui giornali o in televisione e non è frutto dei tempi moderni, in realtà era presente anche in passato, chiunque di noi può ricordare il bambino o la bambina vittima di scherzi a scuola o nell’ambiente sportivo, solo che oggi assume una risonanza maggiore, forse dovuta anche alla diffusione dei mezzi di comunicazione o dei social, infatti, si arriva a parlare anche di cyberbullismo.

Ma andiamo con ordine, come possiamo definire il bullismo?

Vi sono molte definizioni di questo comportamento:

 “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni." ( Olweus, 1996)

Dalla definizione che ne dà il professore e ricercatore Dan Olweus, emerge la caratteristica della reiterazione di comportamenti aggressivi o di prepotenza.

Con il termine “Bullismo” si definiscono quei comportamenti offensivi e/o aggressivi che un singolo individuo o più persone mettono in atto, ripetutamente nel corso del tempo, ai danni di una o più persone con lo scopo di esercitare un potere o un dominio sulla vittima (Fonzi, 1997).

Anche dalla definizione della prof.ssa Ada Fonzi emerge lo scopo degli atti di bullismo, ovvero, quello di esercitare una sorta di potere sulla persona vittimizzata. Possiamo quindi dire che gli ingredienti sono l’intenzionalità di fare del male, la sistematicità, ovvero il ripetersi nel tempo di tali comportamenti e ovviamente la asimmetria di potere, quindi uno squilibrio tra vittima, debole e incapace di difendersi e bullo, forte con un seguito.

Il bullismo inoltre può essere:

  • Diretto: attraverso aggressioni fisiche come pugni e calci, attraverso la richiesta di denaro o col danneggiamento di oggetti personali della vittima (fisico), o con insulti, minacce, derisioni (verbale);
  • Indiretto: con pettegolezzi, maldicenze, isolamento dal gruppo dei pari;
  • Cyber bullismo: è ovviamente una forma più recente di bullismo che si avvale delle nuove tecnologie per umiliare e ridicolizzare la vittima, attraverso la diffusione di foto o video, usando come canali le chat, sms, mms e così via.   Lo scopo è sempre lo stesso, solo che raggiunge un pubblico molto più ampio e l’artefice può anche rimanere anonimo.

Vediamo quali sono le caratteristiche degli attori di questa situazione dolorosa

Il bullo:

  • Il leader presenta di solito un’alta aggressività e impulsività, sia verso i coetanei che verso gli adulti, hanno una bassa tolleranza alla frustrazione e vedono di buon occhio i comportamenti aggressivi per dimostrare la loro superiorità. Mancano di empatia, non sanno, infatti, mettersi nei panni della loro vittima e capire cosa prova o pensa. Non sono bambini insicuri o con una scarsa autostima, come potremmo pensare, anzi, sono sicuri di sé, hanno buone capacità sociali e sanno come manipolare o ingannare gli altri per i loro scopi;
  • Il gregario, ricopre invece il ruolo di “aiutante” del leader, è più insicuro e ansioso e anche meno popolare, quindi, tenta di definire e affermare la propria identità all’ombra del leader;

La vittima:

  • Vittima passiva: generalmente la vittima è un bambino/a ansioso, calmo, pacato, con scarsa autostima, con poche strategie difensive e che non riferisce agli adulti quello che gli sta succedendo, ma anzi, si chiude in se stesso e mostra la sua incapacità a reagire ai soprusi.
  • Vittima provocatrice: questa tipologia mostra un misto di caratteristiche ansiose e aggressive, sono anche questi bambini incapaci di difendersi ma che tendono a controbattere agli altri. La difficoltà nel riconoscere le emozioni è tipica dei vari attori coinvolti, ma in particolare, questi bambini non sanno riconoscere l’emozione della rabbia in loro stessi e negli altri, ciò li porta, o a non sapersi difendere se aggrediti, oppure a mettere in atto comportamenti che favoriscono e accentuano la rabbia nell’altro, in una sorta di circolo vizioso.

Il gruppo dei pari:

  • è l’insieme del gruppo classe o comunque del contesto dove avvengono tali episodi, ingrediente fondamentale, poiché senza il gruppo non c’è bullismo. Gli spettatori sono coloro che possono o agire come rinforzo del bullo incitando, o invece rimanendo indifferenti, in un classico esempio di diffusione della responsabilità che fa sentire meno in dovere di intervenire quando gli spettatori sono numerosi. Ci sono anche però coloro che tentano in qualche modo di difendere la vittima. Il gruppo quindi, qualsiasi sia il ruolo dei suoi membri, gioca un ruolo decisivo nel favorire o limitare questo fenomeno.

Le conseguenze di questo fenomeno sono molteplici, sia per le vittime che per i bulli.

Le vittime possono presentare vari sintomi, sia psicosomatici come mal di testa, mal di pancia, stanchezza, incubi, oppure psicologici come attacchi di ansia o depressione, scarsa autostima e svalutazione di sé, problemi di concentrazione che possono influire sul rendimento scolastico. La paura vissuta a scuola e protratta nel tempo può portare le vittime a cambiare scuola o al ritiro scolastico o talvolta a comportamenti più estremi che arrivano poi, purtroppo, a fare notizia sui giornali.

Inoltre, da una ricerca condotta dal King College di Londra (2014), ha dimostrato che le conseguenze del bullismo si hanno anche nell’età adulta, dopo più di quarant’anni da quei vissuti, con un maggiore rischio di ansia e depressione e maggiori difficoltà a terminare gli studi e a trovare un lavoro, oltre alle difficoltà nelle relazioni sociali.

Anche per i bulli ci possono essere conseguenze negative, oltre ad un calo del rendimento scolastico, alla lunga possono sviluppare una incapacità a rispettare le regole che può influire sulla loro socialità e quindi, alla lunga, ad usare l’aggressività in vari contesti, sia familiari che lavorativi.

I possibili perché

Come abbiamo visto, sia i bulli che le vittime hanno una incapacità nel riconoscere e gestire le proprie emozioni, nei bulli, c’è una scarsa empatia, un mancato coinvolgimento nelle emozioni della vittima che invece viene vista con distacco e freddezza, sembra esserci una difficoltà a riconoscere le emozioni in particolare la felicità.

Tra gli altri fattori che possono essere alla base dei comportamenti da bullo c’è il temperamento del bambino, ma anche l’ambiente familiare in cui vive è importante, o è troppo rigido, con un’assenza di calore da parte della figura che si deve prendere cura di lui e che non fa da specchio alle emozioni del bambino, lasciandolo in qualche modo analfabeta, oppure è troppo permissivo e non gestisce le espressioni di aggressività verso gli altri ma piuttosto lascia correre, in questo ambiente c’è un’assenza di regole che poi, di conseguenza, non vengono riconosciute in ambienti diversi.

Anche l’uso eccessivo di punizioni rispetto alla gestione del potere può avere un ruolo, visto che di potere tra bullo e vittima si parla. I bambini, infatti, imitano i propri modelli e se assimilano una gestione troppo rigida del potere loro faranno lo stesso.

Non c’è comunque un solo fattore che porta a sviluppare comportamenti da bullo, ma ci sono molteplici cause che sono legate tra loro.

Come intervenire

Non è detto che sia sempre facile riconoscere il bullismo, ed è importante quindi che tutti, dai familiari, agli insegnanti, agli allenatori siano attenti a possibili campanelli di allarme e che comunichino tra loro, spesso la vittima non denuncia per paura di possibili ritorsioni, quindi è fondamentale che i ragazzi abbiano fiducia negli adulti per sentirsi liberi di parlare di quanto gli sta accadendo.

Ovviamente l’arma migliore è la prevenzione a scuola e una maggiore attenzione anche in famiglia, è importante intervenire in modo tempestivo lavorando sul gruppo e col gruppo, che come abbiamo visto è l’ingrediente fondamentale, poiché in presenza di più persone scattano meccanismi di riduzione della responsabilità e del controllo delle condotte negative.

Anche tra le mura di casa si può lavorare migliorando la grammatica delle emozioni nei propri figli, e sulla loro autostima. In classe con disegni, giochi di ruolo, competizioni in cui entrano in scena il conflitto e una dimostrazione della sua gestione possono aiutare a capire i propri vissuti e quelli dell’altro.

Le parole d’ordine resta, sempre e comunque, la comunicazione.

Nel caso in cui vogliate suggerirci un argomento da affrontare o esporci una vostra problematica o preoccupazione scriveteci a studiopsicologicoilcammino@gmail.com e noi vi risponderemo o pubblicando la lettera in forma anonima o affrontando la tematica da voi richiesta

Elena Nencini