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Il canto armonioso della regina Morozzi in scena al teatro Puccini di Firenze

Mercoledì 30 dicembre è andata in scena al Teatro Puccini di Firenze una particolarissima pièce, Il canto della regina, interpretata da tre grandi del teatro contemporaneo: Gianni Ferreri, Daniela Morozzi e Lino Spadaro, per la regia di  Riccardo Sottili, che oltre a  firmarne il testo,  è fondatore della compagnia  Occupazioni Farsesche.

La vicenda gira tutta intorno al mondo delle api, in un confronto/scontro tra la loro società, improntata sull’egemonia femminile, e la nostra, ancora purtroppo fin troppo maschilista.

Cominciamo dal titolo. Quando le giovani regine sono pronte a nascere emergendo dalle celle reali, emettono uno stridio, il canto della regina appunto.  Attraverso acute vibrazioni avvertono la comunità di essere pronte per il volo nuziale durante il quale si accoppieranno con una quindicina di fuchi che ne riempiranno la  spermateca. A questo punto la regina può cominciare il proprio lavoro all’interno dell’alveare: deporre uova. Perché solo di questo si tratta. Una curiosità: solo le uova fecondate produrranno api femmine con il codice genetico sia del padre che della madre. I poveri maschi, i fuchi, invece nasceranno da uova non fecondate, che hanno il corredo genetico, dunque, solo della madre e del nonno. ( Come inizio della diatriba maschio femmina niente male direi… ) Bizzarro? Sì, ma del tutto vero. Madre natura ha deciso così. E non c’è da stupirsi del paragone tra questo microcosmo e il nostro. Infondo da secoli ne troviamo traccia nei classici della letteratura. E in questo originalissimo spettacolo si è fatta la stessa cosa. Si è ipotizzata una situazione molto semplice ma perfettamente calzante.  Visto tutto quel che della nostra società non funziona... Visti i pessimi rapporti uomo donna… Cosa succederebbe se decidessimo di cambiare punto di vista e  emulare le operose e super-efficienti api?

Lo vediamo sul palco dove una splendida Daniela Morozzi, unico individuo  fertile della colonia e madre di tutte le abitanti  dell'alveare,  è nutrita con un superalimento, la pappa reale, da una delle sue figlie/ancelle, Lino Spadaro. Stanchissima, è oberata da un duro e noioso  lavoro che di sicuro non considera qualcosa da invidiare. E mentre la vediamo accudita e riverita, sul palco notiamo in contrapposizione a lei un fuco, Gianni Ferreri, suo marito, che medita su come spodestarla. Invidioso del suo potere generativo.

Inizialmente non è affatto chiaro che i due personaggi siano insetti. Sembrano piuttosto una litigiosa coppia d’umani formata da un partner in carriera contrapposto all'altro, fin troppo rilassato.

Ma è dopo i primi malcelati conflitti che arriviamo al fulcro della vicenda. Un tentativo di rivoluzione dove tutti, sia maschi che giovani femmine, cercano di spodestare la regina. Regina per altro, quasi alla fine del suo mandato.

Insomma, un lungo spettacolo dove personaggi stravaganti, tra una gag divertente e l’altra, raccontano un’allegoria della realtà: la grandissima crisi di identità del maschio e soprattutto la mancanza di comunicazione che abbraccia tutti gli individui senza distinzioni di sesso o età. Infatti, proprio sulla scia della frustrazione, il povero fuco organizza una fallimentare rivoluzione coinvolgendo anche una giovane ape operaia. La metafora della mancanza di comunicazione  è traslata così ad ogni tipo di rapporto.

Come finirà la storia? Chi avrà la meglio?  Siamo proprio sicuri che se gli umani, per assurdo, si mettessero davvero a vivere come api tutto migliorerebbe? Emblema di operosità ed efficienza, l’uomo da sempre le ha considerate un modello da imitare, ma senza la comunicazione  non c’è modello efficiente che tenga.

Il canto della Regina è uno spettacolo divertente dove la lotta per il potere si trasforma nella scusa per rimettere in gioco tutte le carte, rimescolarle e sperare che qualcosa cambi.

Colpevole forse la mia ignoranza in merito a alveari & co, non tutta la vicenda mi è apparsa di immediata comprensione, tuttavia ho trovato gli attori eccezionali e la storia molto originale.

Nel complesso, dunque, uno spettacolo istruttivo. Da vedere.

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