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Unioni e Fusioni, l'opposizione chiede un dibattito consapevole

Il municipio di Peccioli

"Le iniziative delle Istituzioni Regionali e del Partito Democratico hanno riacceso, nei giorni scorsi, il dibattito attorno alla proposta di accorpamento (vere e proprie fusioni) dei Comuni toscani.

A livello più locale la discussione si è accesa tra i sindaci PD di alcuni Comuni della Valdera; discussioni esclusivamente a mezzo stampa, mai nei Luoghi delle Istituzioni, dove invece dovrebbero tenersi e ben lontane dal coinvolgere le altre forze politiche rappresentanti dei cittadini e i cittadini stessi; quasi la faccenda costituisca un mero terreno di scontro tra Personalità più o meno illustri, all’interno dello stesso partito e non riguardi invece la storia e il futuro delle nostre Comunità.

Appare evidente come gli attuali vertici propendano per il rafforzamento dell’Unione e l’inevitabile approdo al Comune unico della Valdera con capoluogo Pontedera; è poco rilevante che ci sia chi declina il percorso in modi diversi, l’approdo rimane sempre il comune unico.

La proposta del comune unico è sostenuta solitamente da pseudo-argomentazioni e da slogan banali ma di facile impatto, è iper-semplificata e omette qualsiasi valutazione critica, rimuovendo gli elementi, che pur ci sono, di complessità e di discussione; la strategia è quella di ritenere l’idea talmente buona, da non poter nemmeno esser messa in discussione.

Per i sostenitori, il “comune unico” è un bene in sé, mentre l’attuale assetto è un male.

Perché? Quali effetti benefici comporterebbe la fusione tra gli attuali 12 comuni che costituiscono l’Unione Valdera? Ecco che la risposta non è più tanto semplice e, infatti, i sostenitori della proposta banalizzano il tutto con slogan quali “l’unione fa la forza”, “uniti si possono fare economie di scala” (vero, ma iper-semplificato), “il grande è più efficiente del piccolo” (assai discutibile), “ci sono gli incentivi” (come per la rottamazione !!), il patto di stabilità sarà sospeso per un breve periodo (ricordiamo che dal 2016 sarà ugualmente rivista tutta la normativa in tal senso, fusioni o meno e quindi anche questa argomentazione perde forza). Si ricorre a teorie fantasiose, a dati ambigui, se non palesemente artefatti, e non si producono mai i dati reali della gestione associata dei servizi. Così facendo, si avrebbe l’effetto opposto a quello desiderato: si certificherebbe che i servizi erano gestiti meglio e a costi inferiori dai Comuni singolarmente.

Il dogma “accorpare = risparmio” è quindi un evidente e vuoto slogan; casomai nel grande si trovano, frequentemente, i maggiori sprechi di risorse, la maggiore inefficienza, la maggiore dispersione di competenze. I comuni grandi sono un esempio? Roma è un esempio?

Evitiamo di porci altre domande del tipo: perché una tale proposta provenga dalla Regione Toscana, una delle regioni con meno Comuni e con una delle maggiori medie di abitanti per Comune stesso, inferiore solo a Puglia e Sicilia.

L’obiettivo, non dichiarato, sembra quello di colpire l’istituzione comunale, specie quella più piccola, perché più vicina, più a contatto con la cittadinanza. I comuni, specie quelli più piccoli, sono visti come un impaccio per un governo (Regionale e Nazionale) sempre più ripiegato su sé stesso e ostile al confronto locale.

I recenti e sempre più intensi tagli agli enti locali mostrano la ferocia di queste strategie che hanno come fine ultimo quello di far diventare il Comune un semplice erogatore di servizi, una sorta di “ufficione ubbidiente” che fa le carte di identità e poco altro, eliminando tutta la parte di amministrazione e decisione democratica della vita di un territorio (un po’ come è stato fatto, maldestramente, per le Provincie).

I Comuni insomma sono un ostacolo alle decisioni prese altrove; dunque, meglio ridurli di numero. E poi è anche bene far vedere al proprio elettorato che si è in grado di assumersi la “responsabilità di decisioni storiche”, in realtà praticando banalmente il ricorrente “forti con i deboli”.

Eppure i Comuni, tra mille difficoltà e sicuramente anche diversi errori, in questi ultimi anni hanno rappresentato e continuano ad essere l’ultimo e più prossimo presidio istituzionale vicino alla cittadinanza, proprio perché, specialmente quelli “piccoli” che si vorrebbe eliminare, a diretto contatto con essa.

Inoltre, si stigmatizza la crisi di rapporto tra cittadini e politica, l’avanzata dell’astensionismo, e poi si propone di mutilare proprio il livello di pratica politica più vicino al territorio, quello sul quale il cittadino più direttamente può incidere.

Infine, riflettiamo sullo spopolamento dei nostri centri: sarebbe un vantaggio renderli ancora più periferici inserendoli in un Comune più grande? E’ necessario invece cercare di migliorare la qualità della vita dei residenti nei piccoli centri, invece di impoverirla, rischiando di marginalizzarla ancor di più.

Tutto quanto sopra premesso,

non vogliamo sottrarci alla responsabilità di un dibattito che deve coinvolgere necessariamente le minoranze, così come la cittadinanza tutta, non solamente per sostenere questa o quella posizione precostituita delle amministrazioni in carica, come il Sindaco di Peccioli ha chiesto nel Consiglio Comunale del 30 novembre scorso, senza peraltro precisare i contorni, il percorso, le finalità, del suo “disegno istituzionale”.

In primo luogo è opportuno precisare che non esiste alcuna norma che obblighi i Comuni alla fusione, contrariamente a quanto si è cercato di far credere anche in passato, con l’evidente scopo di inibire il senso critico dei cittadini; esiste invece l’obbligo della gestione associata dei servizi per i Comuni sotto i 5 mila abitanti, quale il nostro.

Acclarate quindi le difficoltà dell’Unione Valdera, in ragione delle dimensioni territoriali, l’inadeguata programmazione pre-costituzione e le scarse sinergie tra le troppe amministrazioni che la costituiscono, a raggiungere lo scopo per il quale venne costituita;

verificato che l’immobilismo di oggi appare l’anticamera di una futura fusione delle 12 amministrazioni, con conseguenze irreversibili per le nostre comunità (infatti dalla fusione non si torna indietro);

considerata l’omogeneità di gran parte del territorio dell’Alta Valdera, in termini di risorse, di territorio, di vocazione culturale, turistica e agro alimentare oltreché di densità e caratteristiche abitative;

sollecitiamo l’avvio di un percorso promosso dai Sindaci e dai Gruppi Consiliari dei sei Comuni dell’Alta Valdera che preveda, oltreché Ordini del Giorno sul tema, anche forme di coinvolgimento della popolazione, al termine del quale ci auguriamo si possa programmare la costituzione di una Unione dell’Alta Valdera, senza procedere a promuovere nessun processo di fusione tra i Comuni costituenti.

Allo stesso tempo invitiamo i Sindaci degli stessi Comuni a mettere a disposizione del dibattito dati qualitativi e quantitativi sul percorso dell’Unione di questi anni, riguardanti standard ed economie dei servizi unificati, importante supporto ed imprescindibile base concreta per suffragare ogni indirizzo futuro.

Come Gruppo Consiliare di Peccioli, questa lettera è stata inoltrata ai Sindaci e Consiglieri dei comuni di Capannoli, Chianni, Lajatico, Palaia, Terricciola, ed è stato chiesto al Sindaco di Peccioli di inserirlo nell'OdG del prossimo Consiglio Comunale".

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