Omelia della Messa della notte di Natale 2015
San Miniato – Cattedrale
Cari fratelli, care sorelle,
nel giorno del mio ingresso, la scorsa domenica, vi rivolgevo una preghiera: aiutatemi ad andare a Betlemme, là dove nasce il Signore, là dove Lui abita.
E a tutti dicevo: andiamo insieme a Betlemme, cioè cerchiamo il Signore, bussiamo alla sua porta.
Il vangelo di questa notte ci fa vivere questo itinerario che porta a Betlemme: “In quei giorni… anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì nella Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme” e con Lui c’era Maria, che era incinta.
Andiamo insieme a Betlemme (che è anche gemellata con la nostra città).
L’arrivo di Maria e Giuseppe nel borgo della Giudea non è semplice e trova una porta chiusa: “per loro non c’era posto nell’alloggio”. Ma il progetto di Dio non si arrende di fronte ad una porta chiusa: Maria “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia”. La porta è chiusa, ma il Signore nasce, si fa vicino, viene a noi, abita e rimane. Betlemme ci ricorda che occorre aprire la porta, che il Signore che viene la spalanca… e nasce.
Andare a Betlemme oggi per noi, in questa notte, vuol dire aprire la porta. Lo ricordavo anche nei miei ringraziamenti a Pavia, dopo l’ordinazione episcopale: aprire la porta.
Ho visto in questi giorni a San Miniato tante porte aperte e mi sono detto: è Betlemme.
Ho visto la porta aperta della città che mi ha accolto con i colori e le voci della festa: sorrisi, strette di mano, cordiale incontro con gli amici venuti da Pavia e quelli di San Miniato, suono di banda e festa di bandiere, volti e sguardi che dicevano la gioia di incontrarsi. E’ la porta aperta del vostro cuore, della vostra vita, delle vostre case che mi accoglie. Così è Betlemme, voi siete Betlemme; ci abita il Signore Gesù.
Ho visto la porta aperta di tanti amici che vivono esperienze di vita particolare: gli anziani di Orentano con tutti gli operatori della Casa di ospitalità, i malati incontrati nel nostro ospedale, soprattutto coloro che vi si recano per la dialisi. E mi sono detto: ma allora Betlemme è proprio qui, è a San Miniato. Perché questi sono gli amici amati dal Signore, visitati da Lui, sono il Signore in mezzo a noi.
Una Betlemme particolare è quella dei giovani: li ho incontrati in San Domenico, con un clima festoso e di amicizia, di buone promesse per il futuro e poi ne ho rivisti alcuni alla celebrazione penitenziale del lunedì sera. I giovani mi hanno accolto con porte spalancate. Le voglio spalancare anche io per loro. Betlemme ha bisogno anche della freschezza, della fantasia e delle sfide dei giovani.
Ho visto Betlemme tra di noi camminando per la strada e ho assaporato la gioia dell’incontro, del conoscersi, il sapore della familiarità. Betlemme è stata la gioia dei bambini incontrati a Castelfranco per la novena del mattino e anche la cordialità di chi mi ha visitato in questi giorni per un saluto, un augurio, un pensiero detto a voce o inviato per iscritto.
Betlemme è un po’ anche nella casa del vescovo dove in questi giorni abito con i miei genitori, ricevo l’aiuto delle nostre bravissime suore e si incontrano nella Curia anche i sacerdoti e i laici che da vicino collaborano con me.
Ecco cari amici, mi avete davvero accompagnato a Betlemme.
Da qui possiamo vedere tutti che viene dato alla luce un bambino, Gesù, il Signore tra noi. Questo significa che ci sono in mezzo a noi i segni del nascere, della vita, della vita che riprende, della speranza, della gioia e della pace. Vivere Betlemme vuol dire vedere lì dove abitiamo il fiorire della vita.
Mi chiedo allora: quale porta ancora devo aprire io per fare entrare Dio, per riconoscerlo, per vedere la vita? E vi chiedo: quale porta pensate di dover ancora aprire voi per ritrovare speranza, capacità di dialogo, comprensione reciproca, pazienza nel vivere le difficoltà della vita, coraggio di perdonare, scoperta della bellezza del tempo dedicato alla preghiera?
Se siamo a Betlemme ci è chiesto di aprire la porta, anzi, scopriamo che il Signore che viene e che trova qualche porta chiusa, nasce ugualmente, apre Lui e fa entrare il sapore di Dio.
Ci sono due immagini che ci indicano allora la strada.
La prima è la porta santa aperta proprio in questa Cattedrale domenica: ci siamo entrati tutti questa notte, quasi a scoprire che è il Signore che già sta aprendo le porte della nostra vita per entrare Lui e rimetterci tutti in cammino. Pensiamoci, ogni volta che varcheremo quella porta della Cattedrale. Dobbiamo anche raccogliere l’invito a tornare qui, ad entrare spesso da quella porta per ricevere la misericordia di Dio che spalanca il nostro cuore alla vita.
La seconda immagine è la porta della basilica di Betlemme: è molto piccola, bassa e per entrare bisogna non solo abbassare la testa, ma curvarsi. La porta di Betlemme ci ricorda che per aprire, per entrare e trovare Dio occorre farsi piccoli, occorre entrare con i piccoli, con gli umili. Dal basso, stando con i poveri e gli ultimi si vede meglio Dio, si scopre meglio la vita, si va veramente a Betlemme.
Buon Natale, amici di San Miniato, e ancora grazie per la porta che voi mi avete aperto e mi fa sentire di casa.
Omelia del giorno di Natale 2015
San Miniato – Cattedrale
La liturgia del Natale e la Parola di Dio che abbiamo ascoltato parla di una “notizia”; è necessario fa risuonare una “notizia”.
“Dite alla figlia di Sion: ecco, arriva il tuo Salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede” così canta il profeta Isaia. E’ la notizia di una visita, di un cambiamento.
Il profeta annunciava al popolo di Israele la liberazione, il ritorno a casa, nella propria terra e nella città santa dopo l’esilio. E’ notizia di gioia, di libertà, di vita che si rinnova e riprende a vedere oltre l’orizzonte, si vede casa.
Nella seconda lettura Paolo, nella sua lettera a Tito, fa risuonare questa buona notizia e la descrive con i contorni della misericordia: “Quando apparvero la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati… per la sua misericordia… affinché diventassimo eredi della vita eterna”. Viene fatta risuonare, viene ripetuta la notizia della straordinaria opera della misericordia di Dio che regala la vita, per sempre. E’ questo l’annuncio sorprendente, offerto a tutti noi, dal Giubileo che stiamo vivendo e che ci chiede di lasciar operare il Salvatore, il Dio misericordioso.
L’immagine di una “notizia” accompagna tutto il racconto evangelico: la presenza degli angeli, portatori di una notizia, di un annuncio; i pastori si mettono in cammino grazie alla notizia data loro dagli angeli; i pastori stessi diventano annunciatori: “riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”; e poi c’è lo stupore di tutti quelli che ascoltano, dai pastori, questa notizia; e infine Maria che la custodisce nel suo cuore di madre.
Il Natale è festa di un annuncio, di una notizia, è festa di vangelo, cioè della buona notizia. E l’annuncio è che, grazie alla memoria viva della nascita del bambinello 2000 anni fa, oggi egli viene di nuovo, ci visita, si fa incontrare e diventa per noi il Salvatore, ci cambia la vita, ce la regala per sempre e la riporta lì dove sta venendo meno.
Una buona notizia risuona allora oggi per noi: ti è regalata la vita. Stai vivendo un passaggio difficile della tua famiglia, quando più faticosa è l’intesa e l’amarsi? Ti è regalata la vita. Ti ha raggiunto la malattia, un inciampo nella normalità del tuo futuro? Ti è regalata la vita. Il lavoro è diventato un problema, la crisi si fa sentire, le prospettive sono incerte? Ti è regalata la vita. Sei giovane, ma non è semplice arrivare a fare scelte per il futuro, per il proprio studio, il lavoro, la scelta di creare una famiglia o di dedicare l’esistenza al Signore? Ti è regalata la vita. Sei qui con la tua esistenza: cosa c’è nel tuo cuore, speranze, delusioni, fatiche, attese, sofferenze, gioia…? A te è regalata la vita, c’è una buona notizia. Il Natale a tutti noi dice che una buona notizia c’è per noi, per la nostra vita oggi.
Il vangelo ci ricorda anche che la buona notizia va fatta risuonare, va ripetuta, gridata. Sono i pastori che raccontano ciò che avevano visto: il bambinello appena nato.
E noi? Siamo portatori di buone notizie? Il vangelo racconta che nel Natale, chi va a Betlemme e vede il bimbo nato, Gesù, diventa portatore di buone notizie. E noi?
Questo significa che si diventa capaci di vedere il bene che c’è, anche se nascosto, discreto, non gridato, imperfetto… Eppure è il bene. Si diventa in mezzo agli altri presenze che mostrano il bene dove si trova, dove si manifesta. Si diventa capaci di parlare del bene, di portare agli altri una parola buona, di consolazione, di luce, di pace, di verità. E’ proprio una novità del Natale questa, perché tante volte noi rischiamo di essere annunciatori di infauste notizie, credenti dal volto triste. Il Natale, i pastori invece sono racconto di portatori di notizie felici e ci indicano chi deve essere il cristiano nella società, il cristiano anche nella diocesi di San Miniato, qui e in ogni altro suo centro.
Nelle nostre famiglie, nei luoghi di lavoro e di studio, negli ambienti delle diverse istituzioni civili, nei centri decisionali della vita sociale e nei luoghi più umili, nelle nostre diverse associazioni, nelle nostre città e paesi oggi siamo inviati come portatori di buone notizie, presenze che mostrano il bene che c’è, cristiani con il volto della gioia e della speranza.
C’è un ultimo quadro del vangelo su cui ci soffermiamo. “I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto…”. “Glorificando e lodando Dio” dice in racconto evangelico.
La lode e il canto di gloria a Dio sono il segno di qualcosa che è cambiato nella vita di quella gente, dei pastori. Si erano messi in cammino con tante domande, con trepidazione, con mille incertezze ed ora, dopo quello che hanno visto, il bambinello con Maria e Giuseppe, il venire della vita in mezzo a noi, il ritorno a casa ha un cuore rinnovato: gioia e canto di lode. L’incontro con il Signore, vedere che Lui è venuto, che è in mezzo a noi, che tocca la nostra vita ci rinnova, dona un animo lieto, sereno, nella pace, perché sa ormai di essere amato da Dio.
Lode e rendimento di gloria: sia questa la descrizione più bella del nostro Natale di quest’anno, per noi qui presenti e per tutte le nostre famiglie.
Buon Natale.