La scorsa settimana è stato pubblicato sul sito abitipuliti.org un report molto esaustivo sulla situazione dell'industria conciaria in Italia, specialmente nel distretto del comprensorio del cuoio (Santa Croce sull'Arno, San Miniato, Fucecchio, Santa Maria a Monte, Castelfranco di Sotto). Lo studio è stato pubblicato per Change Your Shoes, campagna che si batte per migliori condizioni di lavoro per gli operai della filiera calzaturiera e per la trasparenza verso il consumatore. Il rapporto è a cura del Centro Nuovo Modello di Sviluppo (CNMS) di Vecchiano.
Potete trovare l'intero documento a questo link. Di seguito pubblichiamo i punti più salienti ed esplicativi del report, comprensibile anche per chi è a digiuno di questa realtà
La pelle nel mondo
L'Unione Europea è il quarto produttore di pellame grezzo, preceduto da Usa, Brasile e Cina. Questi ultimi due riescono a lavorare il prodotto fino alle fasi finali. Così non accade in Europa, specialmente in Italia.
Nei tre poli conciari italiani così è ripartito il mercato della pelle: Arzignano (Veneto) al 52% , Santa Croce e distretto del cuoio al 28% (Toscana) e Solofra (Campania) al 20%. Il 97% della pelle lavorata in Italia proviene dall'estero. La pelle grezza lavorata in Italia ammonta, per l’anno 2014, a 446.626 tonnellate di cui solo 54 mila (12%) di origine italiana.
Le realtà industriali nel distretto
Il gruppo industriale Kering (proprietario di Gucci) nel 2015 ha rilevato l'intera proprietà della Caravel di Castelfranco di Sotto, importante produttrice di rettile. Assieme ad altri soci già inseriti nel settore conciario, "nel 2004 Gucci costituì la Blutonic, per aprire nel distretto di Santa Croce una conceria specializzata nella produzione di wet blue destinata alle concerie che riforniscono Gucci di pelle finita".
Quelle di cui abbiamo parlato sono realtà particolari: "In totale le concerie presenti nel distretto di Santa Croce sono 240, per la maggior parte di piccole dimensioni", si legge nel rapporto, nella maggior parte appartenenti alle famiglie locali.. Ciononostante, tramite le fiere internazionali e rapporti consolidati, i contatti con l'estero sono quotidiani. "Valgano come esempio Antiba, azienda di Santa Croce che possiede concerie in India", commenta il report. Le concerie non fanno tutto da sole: "Nel distretto sono sorti molti laboratori, oltre 500, per l’esecuzione di lavorazioni specifiche".
Lavoro e lavoratori
Le dimensioni medie delle imprese sono piuttosto piccole: la media è di 11 dipendenti per azienda. Solo 7 concerie hanno un numero di dipendenti superiore alle 100 unità. Qualche esempio: i 135 dipendenti della Incas, i 100 circa della Dolmen spa, il resto non supera il centinaio lavoratori.
L'internazionalizazione passa dall'acquisizione di concerie in mercati esteri, come Cina, Brasile e India, per poter essere presenti con i propri prodotti nei mercati emergenti. In Brasile e in Europa dell'est il motivo è l'opposto: importare il wet blue a prezzi convenienti.
Un esempio: "Nel 2014 si è assistito ad un altro acquisto congiunto da parte di una conceria del distretto di Santa Croce e una grande griffe. I protagonisti sono Prada e un suo tradizionale fornitore, Superior, conceria di Stefano Caponi con 90 dipendenti. Insieme, Prada 51% e Superior 49%, hanno acquistato la conceria francese Tannerie Mégisserie Hervy nei pressi di Limoges".
Produzione e vendite
Cosa ne viene fatto di tutto questo pellame? "Si stima che la pelle conciata a Santa Croce sia destinata per il 70% alle calzature, il 20% alla pelletteria e il 10% all’abbigliamento e arredamento. Una particolarità del distretto di Santa Croce è che contribuisce al 70% di tutto il cuoio per suole prodotto in Europa e il 98% di quello prodotto in Italia". Ci sono alcune eccellenze nel comprensorio, che vengono certificate tramite marchi: 9 aderiscono al marchio Vero Cuoio, 22 a quello di Pelle conciata al vegetale.
Fronte del lavoro
Già nel 2011 Loris Mainardi (Cgil-Camera del Lavoro di Santa Croce) denunciava l’appalto di fasi di lavoro a ditte esterne che portano in azienda il proprio personale. Oggi il pericolo più grande è quello legato al lavoro interinale: competenze minime e lavoro 'ricattabile', se non viene richiamato più.
"Nel 2012 i lavoratori interinali presenti nel distretto di Santa Croce erano 1733. Nel 2014 li troviamo a 3451, il doppio esatto", afferma il report.
Nonostante l’ampio ventaglio di forme di assunzione offerto dalla legge, nel distretto continua a persistere il ricorso al lavoro nero: senza assicurazione contro gli infortuni e senza versamenti ai fini pensionistici.
I controlli comunque ci sono: "Dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2014, nel distretto di Santa Croce (con l’esclusione del comune di Fucecchio) sono state ispezionate 185 aziende (concerie e terzisti) per un totale di 1024 lavoratori. Di essi 70% erano di nazionalità italiana e 30% immigrati. Complessivamente sono state trovate irregolarità riguardanti 217 lavoratori fra cui 116 totalmente in nero. Il 43% dei lavoratori in nero erano immigrati".
Vi sono criticità anche nei controlli: "Ad esempio alla Direzione provinciale del lavoro di Pisa, sotto la cui giurisdizione ricade il distretto di Santa Croce, a fronte di 45.000 aziende da tenere sotto controllo, gli ispettori in servizio a tempo pieno sono solo 11, di cui 2 ispettori tecnici".
I lavoratori
Posti di lavoro intermediati da agenzie interinale 75%
Posti di lavoro ad assunzione 25%
Stranieri extra comunitari 53%
Stranieri UE 1%
Italiani 46%
Questa piccola tabella può far capire com'è popolato il distretto del cuoio. La presenza di stranieri è consolidata e in aumento.
"Negli ultimi dieci anni gli stranieri residenti nei sette comuni del distretto della concia (Bientina, Santa Croce sull’Arno, Santa Maria a Monte, Castelfranco di Sotto, San Miniato, Montopoli in Val d’Arno, Fucecchio) sono passati da 5.060 a 14.248". L'aumento della comunità senegalese, la realtà più numerosa, passa dal ricongiungimento familiare. Erano 654 i residenti nel 2005, adesso sono 2.034 nel 2015.
Contratti e rapporti di lavoro
Il rapporto elenca svariate situazioni di disagio, ad esempio il rapporto tra agenzia interinale e ditta. Un lavoratore può essere legato a contratti di brevissima durata come interinale. E tale lavoratore non lavora se a chiamarlo non è quella ditta. Il punto è che l'operaio "ha bisogno di lavorare e non può fare affidamento solo sulle esigenze di un unico datore di lavoro".
Per gli stranieri diventa ancora più difficile: contributi persi per chi ritorna al paese d'origine, controlli che sono concordati con le aziende, contratti da poche ore nelle quali "ti spremono come un limone".
Quanto e come si lavora
L’orario medio giornaliero nelle concerie è di 9 ore al giorno, tenuto conto che in inverno si lavora
meno (anche solo 8 ore), ma che nel periodo marzo-luglio, quando la mole di lavoro è al massimo, bisogna rientrare anche il sabato mattina.
Tania Benvenuti dalla sede Cgil di Castelfranco già denunciava la pratica del "fuori busta, che consiste nel pagamento degli straordinari in forma clandestina". In parole povere un "fenomeno dovuto in parte all’interesse delle due parti, imprese e lavoratori, ad ottenere maggiori guadagni alle spalle del fisco e degli enti previdenziali, in parte alla necessità di occultare la violazione della legge in materia di straordinari".
Parliamo di infortuni
La conceria non è fatto per persone esili. Si riscontrano, specie nella prima fase, molti lavori pesanti: "Bisogna alzare e spostare pelli molto pesanti, a causa dell’elevato contenuto d’acqua, e fra i lavoratori di sono frequenti le patologie muscolari e scheletriche".
Secondo le statistiche "nell’intero comparto conciario di Santa Croce, dal 2009 al 2013 si sono registrati 720 infortuni con una distribuzione annuale di tipo altalenante".
Complessivamente gli incidenti gravi sono stati 176 (25%) di cui uno mortale avvenuto nel 2012.
I casi di malattie professionali riconosciuti nel distretto di Santa Croce dal 1997 al 2014 sono stati
493 suddivisibili in cinque grandi gruppi.
- malattie osteoarticolari
- neoplasia
- dermatiti
- ipoacusie da rumore
- malattie respiratorie
Per approfondire il tema consultare il libro di Tonina Enza Iaia dal titolo Problemi sanitari in conceria, edito nel giugno del 2015.
Inquinamento esterno
Questo tema è molto sentito in zona e ogni settimana la stampa pubblica speciali o reportage. "In un'area in cui vivono circa 110.000 persone, il carico inquinante nel sistema delle acque è pari a quello di una città con 3 milioni di abitanti: eppure tra riciclo dei rifiuti e corretto smaltimento le condizioni ambientali sono molto migliorate rispetto al passato".
Alcuni errori sono stati commessi in passato, con conseguenze gravi: "La Guardia di Finanza ha scoperto che tra 2006 e 2013 il Consorzio di Fucecchio (oggi chiuso) ha immesso nel fiume Arno ben 5 milioni di metri cubi di fanghi tossici senza depurarli". Nel report sono specificati nomi, qualifiche e dettagli su aziende e consorzi legati allo smaltimento delle acque reflue.