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La Dinamo Mosca in Gran Bretagna, alla fine del 1945

Il 13 novembre di 70 anni fa, la squadra russa iniziò una tournée contro i maestri del gioco. Doveva favorire l'amicizia fra i due paesi, ma la guerra fredda era ormai alle porte

Il 22 giugno 1941 era domenica. Allo stadio Olimpico di Berlino, Rapid Vienna e Schalke 04 disputarono la finale del campionato tedesco di calcio. Nessuno dei 95.000 spettatori sembrava in ambasce per quanto accaduto durante la notte. Alle 3.45, Hitler aveva lanciato l’“Operazione Barbarossa”, l’attacco in forze all’Unione Sovietica e l’invasione militare più imponente mai intrapresa. Del resto, in poco più di un anno di guerra, la Wehrmacht aveva ingoiato la Polonia, umiliato la Francia e spezzato le reni alla Grecia: perché dunque preoccuparsi? Anche i bolscevichi, il giorno che avrebbe cambiato il destino dell’umanità, erano intenti in occupazioni spensierate: la partita fra la locale Dinamo e il CSKA di Mosca doveva inaugurare il nuovo stadio di Kiev, da intitolare al segretario comunista ucraino, Nikita Chruščёv. Le bombe che già cadevano a grappoli alla periferia della città, tuttavia, consigliarono di rinviare l’evento e i giocatori moscoviti rientrarono precipitosamente nella capitale. Due giorni dopo si giocò ancora a Donetsk e a Tbilisi, poi il Comitato pansovietico allo sport sospese il campionato.

A pallone, però, si giocò anche durante i terribili anni del conflitto. Persino nella martoriata Leningrado, che sopportò quasi 900 giorni di assedio, andarono in scena alcuni incontri di fronte a qualche migliaio di tifosi, allo scopo di mostrare alla popolazione stremata che la città era viva e resisteva all’invasore, mentre Dinamo e Zenit compirono tournée nell’est dello sterminato paese dove venivano accolti come ambasciatori dell’eroica resistenza in corso sulle rive della Neva. A Stalingrado, dove furono in larga parte decise le sorti della seconda guerra mondiale, il 1° maggio 1943 fu celebrato con una partita fra lo Spartak di Mosca e una selezione di calciatori della Dinamo Volgograd e del Traktor, dopo che il terreno di gioco dello stadio Azot era stato bonificato dagli sminatori.

Insomma, nonostante l’URSS non fosse affiliata alla FIFA, già prima degli anni ’40 il calcio era assai popolare nella terra dei soviet. Per le masse terrorizzate dalla spietata oppressione staliniana, il tifo calcistico poteva rappresentare l’unico ambito pubblico nel quale compiere una scelta individuale e libera. Dal canto suo, il PCUS oscillò a lungo fra la condanna ideologica, i tentativi di “moralizzazione” e l’utilizzo propagandistico del football, ma quando la guerra finì e l’Unione Sovietica si trovò nell’inedita posizione di superpotenza, un giro di partite in Inghilterra parve al Cremlino un mezzo efficace per illustrare al mondo la superiorità del sistema socialista su quello capitalista. Fu quindi accettato l’invito che la Football Association aveva trasmesso durante la guerra allo scopo di cementare l’amicizia fra i popoli in lotta contro il nazifascismo. I due paesi erano ancora tecnicamente alleati e, malgrado si fossero già delineati i motivi che avrebbero innescato la “guerra fredda”, un esito diverso nella definizione dei rapporti fra Est e Ovest pareva ancora possibile. Winston Churchill non aveva ancora parlato della “cortina di ferro”, George Kennan, l’ambasciatore americano a Mosca, non aveva ancora ispirato la "dottrina Truman" del contenimento con il celebre “lungo telegramma” e membri influenti del mondo accademico statunitense e del Dipartimento di Stato suggerivano addirittura di condividere i segreti nucleari con la Russia per porre sotto controllo internazionale la devastante arma atomica.

I giocatori sovietici entrano a Stamford Bridge portando mazzi di fiori

In questo clima, con il laburista Clement Attlee che aveva appena sostituito Churchill a Downing Street, nel novembre 1945, un aereo decorato con la stella rossa fendette la bruma londinese e atterrò all’aeroporto di Croydon. Portava i giocatori della Dinamo Mosca, la squadra sponsorizzata dal Ministero dell’Interno, il cui primo tifoso era Lavrentij Berija, il cinico capo della polizia segreta, che aveva spesso usato il suo smisurato potere per orientare i risultati dal campionato sovietico in favore dei suoi protetti. Malgrado la stampa inglese avesse prevedibilmente denigrato i giocatori sovietici, descritti come operai con l’hobby del calcio, il 13 novembre oltre 100.000 persone sovraffollarono Stamford Bridge per assistere al match con il Chelsea. C’era curiosità nei confronti della prima formazione russa mai sbarcata in Gran Bretagna e soprattutto voglia di dedicarsi a lieti passatempi dopo la fine della più distruttiva guerra di ogni tempo. Pur sorpresi dall’omaggio floreale recato prima della gara da ogni calciatore russo, i padroni di casa sprintarono in scioltezza sul 2-0, ma la Dinamo mantenne i nervi saldi e con i suoi tipici frequenti passaggi raggiunse il pareggio nella ripresa. Di nuovo indietro nel punteggio, i russi impattarono prima della fine con un gol che ai più parve segnato in fuorigioco. Alle civili rimostranze del capitano inglese Tommy Lawton, l’arbitro replicò farfugliando di superiori interessi diplomatici. Quattro giorni dopo, a Cardiff, la compagine moscovita sommerse sotto un passivo di dieci reti una selezione di semi-dilettanti gallesi. La partita contro l’Arsenal, la gara più pubblicizzata del tour, assunse quindi un sapore del tutto particolare. Come si affrettò a sottolineare la stampa, era in palio il prestigio dei maestri del gioco, cui portava la sfida una squadra imperniata sulla cosiddetta passovotchka, una tattica che riposava assai modernamente su un frenetico movimento dei giocatori e sull’insistito possesso della palla. Tale sistema di gioco era stato introdotto e perfezionato dall’allenatore Boris Arkad’ev, da molti considerato uno dei precursori del “calcio totale”.

La folla strabocchevole allo stadio del Chelsea

Con molti effettivi ancora sotto le armi, l’Arsenal integrò il proprio undici con prestiti da altri club, come i fuoriclasse Stanley Matthews e Stan Mortensen, generando le proteste della Dinamo che accusò gli avversari di allestire surrettiziamente una vera e propria nazionale. Diretto da un arbitro che i russi avevano portato da Mosca e giocato sul terreno del Tottenham Hotspur, dato che il mitico Highbury era sempre occupato dai velivoli della Royal Air Force, il match iniziò in una foschia impenetrabile, che impedì ai 55.000 paganti di scorgere il subitaneo vantaggio degli ospiti. I gunners reagirono e all’intervallo si portarono sul 3-2, per subire infine il conclusivo 3-4 che dagli spalti si intravide a malapena a causa della fitta nebbia. Gli inglesi si lamentarono per il gioco eccessivamente vigoroso dei sovietici, i quali si dichiararono delusi per il ridotto fair-play dei padroni di casa.

Il programma ufficiale della gara di Ibrox Park

L’ultima partita era in programma ad Ibrox Park, contro i Rangers Glasgow. Gli sbandierati propositi di fratellanza erano stati ormai accantonati e i giornali divennero più ostili, accusando i calciatori russi di essere inavvicinabili e arroganti. La partita si chiuse con un pareggio, conseguito in rimonta dagli scozzesi al prezzo di numerosi e aspri scontri di gioco. Ci fu spazio anche per la farsa, quando i russi si trovarono a giocare in dodici, visto che l’arbitro britannico non era abituato alle sostituzioni che proprio la Dinamo impose durante la tournée e che sarebbero state introdotte dalla FIFA oltre venti anni dopo.

La Dinamo Mosca tornò imbattuta in patria e il regime non mancò di sottolineare il trionfo della scuola russa, basata sul collettivismo, sull’organizzazione e sull’incrollabile volontà di successo, tutte caratteristiche dell’homo sovieticus. Gli inglesi dovettero riconoscere che c’era una lezione da trarre dall’approccio scientifico all’allenamento e alla dieta alimentare da cui i sovietici parevano ricavare grande beneficio, mentre per le più complessive relazioni fra le due nazioni non si poté evitare di registrare un’esacerbazione degli animi con il progredire delle partite. George Orwell, che commentò la vicenda sul Tribune, esagerò nello scrivere che la visita aveva peggiorato i rapporti anglo-sovietici e aizzato i reciproci nazionalismi, ma l’innegabile e rapido deterioramento del clima politico internazionale sigillò le frontiere fra Est ed Ovest e le esibizioni della Dinamo Mosca in occidente rimasero un unicum per molti anni a venire.

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