Una splendida terracotta policroma, racchiusa in un tabernacolo ligneo finemente lavorato e decorato: questa la Madonna del latte di Matteo Civitali che ha recentemente arricchito la collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e che a breve troverà il proprio posto nelle sale espositive del Museo Nazionale di Villa Guinigi, cui la Fondazione concederà l’opera in comodato.
Torna “a casa”, dunque, un altro eccezionale esemplare della produzione dello scultore quattrocentesco in grado di rappresentare Lucca nell’immaginario collettivo, tanto che nel catalogo della grande mostra a lui dedicata nel 2004, Massimo Ferretti affermò che “come in pochi altri casi, il ricordo dell’artista s’improntò su quello dell’intera città, si fuse ad un luogo”.
Civitali e Lucca dunque come binomio indissolubile per un autore che seppe interpretare con grazia e naturalezza uno dei periodi più dinamici e tumultuosi della storia dell’arte.
La seconda metà del Quattrocento, un cinquantennio che vide l’Umanesimo diventare Rinascimento ed il Rinascimento mutare in Maniera: è in questo contesto che lo scultore mise a punto la propria formazione e conobbe una continua evoluzione artistica e professionale, interpretando la propria carriera come un continuo dialogo tra l’eredità di un raffinato medioevo lucchese e le irresistibili tensioni delle novità fiorentine.
Per Civitali Firenze significava certo la lezione del grande Donatello, ma soprattutto un confronto, anche cronologicamente più diretto, con Desiderio da Settignano, Antonio Rossellino e Mino da Fiesole, artisti di poco più anziani con cui condivise l’ammirazione per altri grandi maestri come Andrea Verrocchio.
E proprio al Verrocchio era stata inizialmente attribuita questa deliziosa terracotta, ancora oggi protetta dal suo originale tabernacolo ligneo. Un’opera dominata dal bellissimo manto azzurro della Vergine che dona luce ed un solido impianto alla composizione, valorizzando anche il rosso intenso della veste e dei risvolti interni del manto stesso. Splendido il particolare del monile sul petto che aggiunge, se possibile, un’ulteriore nota di eleganza a tutto l’insieme.
La Madonna afferra vigorosamente il bambino con la mano sinistra e, in un gesto tanto delicato quanto concreto, offre il seno al piccolo Gesù che rivolge lo sguardo al volto della Madre, seduto e avvolto sulle sue ginocchia. Proprio queste, nel loro emergere dal panneggio, suggeriscono la dimensione prospettica, fortemente centrale, dell’opera, così come lo splendido trono conferisce profondità e solennità all’intera rappresentazione, con la nota di gusto classico dei putti-telamoni sui braccioli laterali.
Tenerezza e severità sono invece le sensazioni ispirate dal volto della Vergine, leggermente reclinato verso il figlio, in un impercettibile movimento che sta per incrociare lo sguardo del bambino. Il tempo e le passate incurie ci impediscono oggi di ammirare lo sfondo dietro l’aureola, probabilmente dorato, mentre possiamo ancora “gustarci” le decorazioni floreali e fitomorfe del bordo interno della cornice, molto care alla tradizione fiorentina nel campo della decorazione e delle architetture illusionistiche.
Tanto è forte il legame del Civitali con la propria città quanto lo è quello dell’opera con altri capolavori del maestro e non solo.
Una datazione ancora incerta, che comunque oscilla intorno al 1470, non può mettere in dubbio un diretto collegamento con la celebre Madonna della Tosse, oggi nella Chiesa della SS. Trinità e datata 1482-1485. Questo gruppo plastico, in realtà un’altra Madonna del latte, è di fatto il corrispondente marmoreo dell’opera in terracotta. La spazialità del trono, la madre che porge il seno al bambino col medesimo gesto, gli sguardi dei due incrociati in maniera quasi furtiva e i capelli che escono dal manto: dettagli e visione d’insieme confermano una completa corrispondenza con molte analogie che ritroviamo anche nella Madonna col Bambino che ride (1465 ca.), opera in terracotta di Antonio Rossellino che aveva subito un percorso analogo al gruppo del Civitali, essendo stata attribuita erroneamente a Leonardo, che di Verrocchio fu discepolo.
Ma le corrispondenze superano anche i “confini” delle tecniche artistiche e propongono interessanti accostamenti.
Già, perché di certo l’intensità e la concretezza dei gesti ricordano molto la meravigliosa Annunciata in legno policromo della Chiesa di San Michele a Mugnano, realizzata dallo stesso Civitali nel settimo decennio del Quattrocento e caratterizzata da un languido sguardo rivolto di tre quarti verso il basso, proprio come le Madonne sin qui analizzate.
Un corrispondente pittorico in ambito lucchese della terracotta lo si può poi individuare nella raffinatissima Madonna in trono col Bambino (1480 ca.) attribuita inizialmente Baldassarre di Biagio, ma che recenti studi interpretano come una realizzazione dello stesso Civitali: una severa composizione, episodio centrale di un polittico, oggi conservata nella collezione della Banca del Monte di Lucca.
Ma l’accostamento più suggestivo è quello con un’opera di fama internazionale, oggi esposta allo Städelsches Kunstinstitut di Francoforte: la Madonna di Lucca, realizzata 1435 e 1440 dal grande Jan Van Eyck. Anche in questo caso una Madonna del Latte, perfetta dimostrazione delle capacità tecniche e compositive del maestro fiammingo, legata a Lucca per aver transitato nella collezione di Carlo Ludovico di Borbone, duca di Parma e Lucca, all'inizio del XIX secolo.
Ma era soprattutto la Lucca cosmopolita in cui visse Civitali ad esser ricca di opere provenienti dalle Fiandre; difatti è ampiamente documentato come in un’altra commissione diretta allo scultore si richiedesse, senza giri di parole, una precisa imitazione di una tavola di “Giovanni da Bruggia”, ovvero Van Eyck, in possesso della committente. Testimonianze che hanno indotto alcuni addirittura a sospettare che la Madonna di Francoforte fosse già passata da Lucca ben prima del XIX secolo.
Ma al di là di ogni possibile speculazione sulle origini e sui collegamenti ascrivibili alla Madonna del latte in terracotta, il ritorno di un’opera di questo rilievo in un luogo per lei così denso di legami e riferimenti risulta importante per due ordini di motivi.
In primo luogo Lucca riabbraccia un altro capolavoro del suo artista più rappresentativo, restituendolo anche ad un’ampia fruizione con la sua prossima collocazione al museo di Villa Guinigi; ma il rientro “in patria” di questa Madonna diviene soprattutto opportunità di confronto e stimolo ad una ulteriore valorizzazione della figura di Matteo Civitali, oltre che spunto per nuove ed interessanti iniziative che, attraverso il coinvolgimento delle istituzioni, producano un’effettiva e concreta crescita culturale per il territorio.
Fonte: Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca