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Tecnologia a scuola: una ricerca Indire conferma l'impatto positivo su dispersione, inserimento lavorativo e iscrizioni all’Università

Cristina Giachi

L’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educative (Indire) ha presentato oggi a Firenze i risultati inediti di un’ampia ricerca scientifica sull’impatto della tecnologia nella didattica. Il Presidente dell’Istituto, Giovanni Biondi, ha illustrato i dati dello studio nell’intervento di apertura di “Avanguardie dell’Innovazione – Primo Forum Indire sulla Scuola del Futuro”.

«Dall’esperienza di ricerca del nostro Istituto – ha dichiarato Biondi – emergeva come soltanto nelle scuole dove l’utilizzo della tecnologia era diffuso in modo capillare e le ICT erano utilizzate per una trasformazione radicale della didattica sembravano emergere risultati rilevanti. Per verificare questa ipotesi è stata avviata la ricerca che viene oggi presentata: non c’è nessuna soluzione tecnologica in grado di trasformare la scuola, ma il passaggio da un ambiente di insegnamento a un ambiente di apprendimento può avvenire grazie alle opportunità offerte dai linguaggi digitali. La ricerca offre spunti di riflessione che saranno approfonditi da altre iniziative che l’Istituto sta progettando».

Nella ricerca sono stati analizzati 9 Licei, 8 Istituti tecnici e 2 Istituti professionali, per un totale di 14.152 studenti, con una media di circa 22 studenti per classe, e 1.273 docenti. Le scuole coinvolte, tutte secondarie di secondo grado, hanno un numero di dotazioni tecnologiche pari o superiore all’80% degli studenti e fanno un uso didattico quotidiano di computer portatili o altri device mobili.

Rispetto alla dispersione scolasticai tassi di abbandono nelle scuole oggetto di indagine si attestano tra lo 0% e l’8% e quasi tutti gli istituti considerati, tranne tre casi, presentano complessivamente valori inferiori rispetto alle province di appartenenza. Un dato, questo, nettamente al di sotto della media italiana e di quella europea (17,6% UE vs 12,7% in Italia nel 2012) e dell’obiettivo fissato per il 2020 del 15-16% italiano o del 10% europeo. Anche il tasso di assenza degli studenti in queste scuole è inferiore al tasso medio delle province di riferimento e mediamente anche gli insegnanti di queste scuole hanno una percentuale di coinvolgimento nella formazione molto più alto.

Un altro aspetto interessante riguarda i risultati degli studenti in italiano e matematica. In tali materie, quasi tutti gli istituti dell’indagine ottengono risultati superiori, se confrontati con le scuole del medesimo ordine che hanno lo stesso livello socio-economico o con studenti che appartengono allo stesso bacino di utenza. Gli stessi istituti si contraddistinguono per le percentuali molto alte, rispetto alle medie provinciali di riferimento, di studenti che si immatricolano all’Università al termine del percorso formativo: tranne in un caso, i tassi si situano tra il 60% e il 90%, a fronte del 50% a livello provinciale.

Un impatto positivo si riscontra anche nell’inserimento nel mondo del lavoro degli studenti all’uscita dei tecnici e dei professionali: ad eccezione di due casi, le percentuali delle scuole oggetto di indagine vanno dal 38% al 70%, mentre le medie provinciali si attestano intorno al 40%.

L’intera ricerca è stata realizzata dall’Area della valutazione e dei processi di miglioramento (Progettazione e sviluppo della ricerca: Raffaella Carro e Sara Mori). L’analisi dei dati è stata effettuata da Carlo Beni (Area Tecnologica). Lo studio è disponibile sul sito www.indire.it nella pagina di resoconto della giornata.

Al convegno di Firenze, aperto dai saluti della Vicesindaca di Firenze, Cristina Giachi, oltre al Presidente Giovanni Biondi sono intervenuti esperti del settore e relatori provenienti dal mondo dell’università e delle istituzioni che si sono alternati in cinque dibattiti sul futuro della scuola italiana.

Sul primo tema, Spazi educativi e architetture scolastiche, si sono confrontati Laura Galimberti, Coordinatrice della Struttura di missione per il coordinamento e impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e Matteo Scagnol, architetto ed esperto in progettazione di scuole a indirizzo pedagogico innovativo.

Nel secondo tavolo, centrato su L’impatto delle innovazioni sui processi di apprendimentoMauro Maldonato, Professore di Psicologia generale, e Orazio Miglino, Professore di Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione, hanno ragionato sul rapporto fra apprendimento, innovazione e creatività, e in particolare sul valore dell’innovazione nei processi di apprendimento e su quanto l’utilizzo delle tecnologie nella didattica sia funzionale alla creatività.

Il terzo dibattito, Mooc: un’occasione per la formazione? ha coinvolto Susanna Sancassani del Politecnico di Milano, e Antonella Poce, dell’Università Roma 3, sull’impatto delle strutture didattiche basate sulle immagini nella storia dell’educazione e su quanto la tecnologia rappresenti sempre uno “strumento” e non il “fine” dell’attività formativa.

Il quarto panel, Esiti o processi: come valutare la qualità della scuola? ha visto protagonisti Mario Castoldi, del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino, e Tommaso Agasisti, del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, su un tema, quello della valutazione, di grande attualità nella scuola italiana.

Nell’ultimo dibattito, Il Movimento delle Avanguardie educative come strumento per portare a sistema l’innovazioneStefania Bocconi, dell’Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR, si è confrontata con i ricercatori dell’Indire e con le esperienze delle scuole coinvolte nel Movimento, rispetto a cosa significhi innovare la scuola e come favorire la diffusione delle migliori pratiche educative, per portare a sistema l’innovazione e costruire una “scuola del futuro” in grado di rispondere alle sfide poste dalla società della conoscenza.

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