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Le 'Spore' di Nilo Capretti, fra introspezione e ricordi d'infanzia

(foto: Info2000)

Sabato scorso è stata inaugurata la mostra di Nilo Capretti. L'installazione rimarrà al Cenacolo degli Agostiniani fino a martedì 20 ottobre (aperta tutti i pomeriggi dalle 16 alle 20).
Un Cenacolo che il visitatore trova buio, illuminato al centro solo da un corridoio ideato dall'architetto Vincenzo Mollica, che con Capretti condivide l'amicizia e la visione di come sono organizzate le esposizioni del fotografo empolese: sua infatti l'idea della disposizione della mostra, della luce e del sottofondo dei Pink Floyd che fanno da colonna sonora alle 'Spore'.
Le spore appunto, cellule riproduttive che germinano e riproducono un altro individuo, che Capretti ha individuato a sua volta in quelli che chiamiamo volgarmente soffioni: come i petali del soffione vengono trasportati dal vento e si posano a caso fecondando o meno altri organismi viventi, così Capretti ha pensato di spandere sul proprio lavoro alcuni frammenti fotografici. Alcuni sono caduti nel posto giusto, altri non hanno prodotto effetti.

Chi arriva alla mostra trova appese delle foto di radiografie, anzi, di dettagli delle lastre radiografiche che i signori Capretti hanno sostenuto nella loro vita. Nilo ha mantenuto le radiografie fotografandole, ha trovato in loro un dettaglio e ha messo un innesto su ognuna di esse: un quadratino di pellicola fotografica in negativo messa lì "per caso".
Ogni radiografia, rivisitata e innestata, ha perso così il suo significato esplicito di mera immagine bianca e nera, acquisendo invece un valore introspettivo, che nel fotografo ha suscitato un ricordo delle sue esperienze di infanzia condivise con i genitori.
Così una radiografia intercostale è diventata una serie di filari di vite su una collina dove Capretti andava quando era bambino, l'intestino del padre è diventato un cielo annuvolato sopra un paesaggio innevato; ancora un'immagine toracica è stata postprodotta e fatta diventare un'onda in arrivo sulla spiaggia, dove il signor Capretti ha lasciato un'orma dopo essersene andato.
Alla fine del corridoio zigzagato, sul quale alcune spore sono state lasciate in terra perché non hanno generato niente, c'è l'immagine della vita che nasce, che cresce e si riproduce e invita a continuare il percorso della mostra in senso inverso, fino a tornare al punto di partenza, dove un'altra spora è pronta a essere trasportata e a generare ancora altre vite e ricordi.

La mostra è un itinerario sull'osservazione dell'uomo, tema caro a Capretti, che con questa esposizione sceglie di guardarsi dentro e invita anche il visitatore a farlo con se stesso, a pensare alla casualità del percorso delle spore come alla casualità delle proprie esperienze.

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