
I gruppi di mamme cinesi, albanesi, arabe, romene, suddivisi per lingua ed etnia, ma mescolati anche con donne italiane, si riuniscono il pomeriggio del martedì e – giorno libero per molte donne che fanno lavori domestici – il giovedì all’ospedale Palagi.
C’è pure il personale del Centro di diagnosi prenatale dell’Azienda sanitaria di Firenze diretto dal dottor Enrico Periti, nel quale vengono effettuate ogni anno più di 6.000 consulenze altamente qualificate solo per il percorso dello screening e della diagnosi delle anomalie cromosomiche o delle malformazioni del feto.
E ci sono anche i mediatori culturali capaci di tradurre in quelle lingue – ma anche in cingalese, inglese, hindi, polacco, bengalese – dell’apposito servizio della Asl 10 messo in piedi dalla dottoressa Marinetta Nembrini.
All’ex Istituto ortopedico toscano di viale Michelangelo quelle donne, per propria scelta o indirizzate dalle strutture territoriali con una prenotazione che già tiene conto della loro nazionalità, tanto nella lingua natia quanto in italiano indipendentemente dalla dichiarazione propria o del marito di corretta comprensione dell’italiano, partecipano – esattamente come da tempo è garantito alle donne italiane e insieme a loro per non generare separazioni e favorire l’inclusione – a dei colloqui nel corso dei quali ricevono tutte le informazioni indispensabili sulle tecniche a disposizione della diagnosi prenatale e sui rischi di malformazioni.
Sono le consulenze prenatali di gruppo, da molto tempo erogate nel Centro specialistico all’ex Iot, che ora – esperienza unica a livello nazionale – vengono effettuate con l’aiuto di un mediatore linguistico-culturale per dare una risposta al numero sempre crescente di mamme originarie di altri paesi.
Le consulenze si articolano in due fasi: la prima informativa in gruppi di 12-14 coppie per volta con l’ostetrica; la seconda effettuata anche insieme allo specialista alla ostetrica dedicata ad ogni singola coppia.
Lo scorso anno, infatti, dei 3.685 parti eseguiti nei tre punti nascita dell’Azienda sanitaria di Firenze – Torregalli, Ponte a Niccheri e Borgo San Lorenzo –, ben 1.114, il 30,2% sono stati portati a termine da donne provenienti, da più o meno tempo, da altri paesi: 612 su 1.903 (il 32,1%) al San Giovanni di Dio, dove prevalgono albanesi (104), rumene (94) cinesi (87) e peruviane (50); 381 su 1.309 (29,8%) all’Annunziata di cui 60 rumene che qui costituiscono il gruppo più numeroso e 121 su 473, il 25,6% a Borgo San Lorenzo dove la prevalenza è di albanesi (43).
Il mediatore culturale è chiamato ad agevolare e rendere più proficuo l’incontro fra i sanitari e il paziente o un suo familiare non in grado di colloquiare sufficientemente bene in italiano da comprendere il proprio interlocutore e da riuscire ad esprimersi con esso.
La sua presenza viene proposta alla donna indipendentemente dalla dichiarazione propria o del marito di corretta comprensione della lingua italiana, riducendo il problema dell’imbarazzo a confessare di non comprendere l'italiano e, soprattutto, l’affidamento della traduzione al partner, evitando così la possibilità che a prendere le decisioni connesse ai vari percorsi assistenziali non sia la donna.
Le consulenze prenatali di gruppo con traduttore, raggruppando pazienti in base a lingua ed etnia, razionalizzano anche l’impiego dei mediatori e delle risorse ad essi destinate, uniformando il servizio a quello garantito alla popolazione italiana.
In quell’occasione, tramite una scheda anamnestica breve, vengono anche rilevati gli eventuali fattori di rischio presenti nei genitori o nella loro famiglia.
Al termine della consulenza la donna potrà indicare, senza interferenze maschili, l'esame prescelto tra test combinato, amniocentesi, villocentesi, ecografia di II livello o chiedere un colloquio personale con il medico.
Prestazioni che vengono erogate in quella struttura della Asl, così come le ecocardiografie fetali, le flussimetrie doppler, ecografia 3D e cervicometrie.
Lo scorso anno al Palagi i mediatori culturali hanno effettuato 268 interventi: 183 in cinese, 31 in albanese, 24 in romeno, 19 in arabo, e poi, ma più raramente, in altre lingue.
Complessivamente per 134 ore di assistenza alla traduzione che spesso è molto di più, è calarsi in mentalità, comprendere abitudini, vincere timori, delimitare diritti e doveri.
Ben 252 di quelle 268 richieste di intervento del mediatore linguistico-culturale sono state fatte dal Centro di diagnosi prenatale, le altre dal Centro regionale di educazione visiva e preventiva (10) e dalla Day surgery (6).
Nella maggior parte dei casi, 83, la mediazione è stata necessaria nel corso di visite e esami diagnostici, 63 agli sportelli dei servizi amministrativi, 53 per traduzioni di comunicazioni di servizio, 28 per l’acquisizione del consenso informato, un paio di volte durante interventi chirurgici.
Per le consulenze prenatali di gruppo in modalità "integrata", gli interventi sono stati 29.
Fonte: Asf Toscana - Ufficio Stampa
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