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Storia della cantieristica navale limitese: una serata tra racconti, aneddoti e foto

Racconti, aneddoti e foto hanno eseguito un ritratto appassionante del passato. Il Sindaco Giunti: “Vogliamo riscoprire e valorizzare le nostre radici” La popolazione di Capraia e Limite ha risposto nel migliore dei modi all'invito a partecipare all'evento di approfondimento storico sulla tradizione cantieristica navale limitese, che dal XVII secolo alla fine del Novecento ha dato lustro, ricchezza e prestigio a tutto il territorio. Una Piazza Fucini piena, con tante persone anche in piedi dietro alle file di sedie preparate, ha seguito con estrema attenzione le due ore circa di intervista agli ex lavoratori dei cantieri condotta dal Edoardo Antonini, giornalista addetto stampa del Comune di Capraia e Limite.

Presi inizialmente dall'emozione e dal timore di parlare in pubblico, per alcuni una novità nel corso della lunga vita passata all'interno di officine e cantieri, si sono progressivamente sciolti ed hanno dato vita a simpatici siparietti con piacevoli aneddoti offerti ai presenti. Dal racconto della propria infanzia, con l'ingresso al lavoro avvenuto in genere intorno ai dodici anni, “per imparare un mestiere”, come raccomandavano loro i genitori eredi di una tradizione ed un modo di pensare che non tollerava “i figlioli in giro per le strade a bighellonare”, fino alla pensione, che ha coinciso in molti casi con il periodo di avvio della decadenza dei cantieri con sede a Limite sull'Arno, la serata ha affrontato i tratti salienti della vita di cantiere, con un focus particolare e ripetuto sulle modalità di trasporto delle imbarcazioni da Limite al mare per circa 80 chilometri. Se fino agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso l'Arno era ancora navigabile fino a Pisa e, attraverso il Canale dei Navicelli, a Livorno, dal 1955 circa il trasporto è avvenuto su strada, con camion e carrelli. “Ci tiravano parecchi accidenti, (ridevano), perché si bloccava il traffico e la gente faceva tardi per andare a lavorare”, ha raccontato qualcuno, oppure “una volta verso San Giuliano e Cascina, fummo costretti a tagliare rami dei pini ubicati nei giardini privati, con tanto di rimostranze scritte alla direzione del cantiere”. Ancora, “si doveva chiedere parecchi permessi, soprattutto alle Ferrovie dello Stato, che dovevano mandare il tecnico a togliere la corrente dai cavi di alimentazione dei treni quando si passava noi con la barca”.

Insomma, il viaggio assumeva spesso le sembianze di un'avventura, fino all'ultimo scafo costruito a Limite e consegnato al committente verso il mare nel Settembre del 2000. Interrogati sulle motivazioni della decadenza della cantieristica limitese e non solo, qualcuno ha individuato le responsabilità “nel passaggio dal legno alla vetroresina, che ha fatto perdere le competenze plurisecolari acquisite dai carpentieri limitesi di quella che veniva definita Università del Legno”, mentre per altri, in relazione alle condizioni di degrado del fiume Arno a partire dagli anni Cinquanta, causa del trasporto via terra e non più via acqua, “la colpa è anche di chi dava i permessi o non vigilava per estrarre la rena in quantità eccessiva, con le draghe a pieno regime”. Un dato che ha messo d'accordo tutti, invece, riguarda “la lunghezza delle imbarcazioni, con passaggio progressivo, dagli anni '70, da circa 25 metri a 35 o 40, troppo grandi per essere fabbricate a Limite e portate poi al mare”. Ai racconti degli ex lavoratori, si è affiancato il contributo fondamentale di Mario Pucci, figlio del Maestro d'Ascia Arturo detto “Garfagnoli” e cultore di storia locale della cantieristica, nonché Segretario della Canottieri Limite dal 1967. Con Mario, sono state ripercorse le tappe dell'evoluzione della cantieristica a Limite dal Seicento ad oggi, con il racconto del passaggio dai navicelli per fiume ai velieri negli anni Cinquanta dell'Ottocento, a causa dell'apertura della Ferrovia Leopolda (1848) da Firenze a Livorno, ed altri dati interessanti, tra i quali la costruzione dei MAS durante le due guerre mondiali (usati anche tra il 1917 ed il 1918 nella Beffa di Buccari da G.D'Annunzio e nell'incursione di Trieste dell'ammiraglio L.Rizzo) e la familiarità di Giacomo Puccini con la comunità di Limite, ove si recava per ordinare le sue imbarcazioni, tra cui l'ultima, nel 1924, poco prima di morire.

Lo scafo doveva chiamarsi Liù, come una giovane protagonista dell'opera Turandot. Limite, del resto, ha dato a Puccini anche un fedele cameriere, Ranieri Ceccarelli, che all'inizio del Novecento visse con il celebre compositore a Torre del Lago. Soddisfatto della riuscita dell'evento il Sindaco Alessandro Giunti, per il quale “iniziative come queste sulla Memoria, che vogliamo fare ogni anno il 2 Settembre, giorno della Liberazione di Capraia e Limite, aiutano a riscoprire, tutelare e valorizzare le nostre radici ed a vivere con un senso di comunità più forte”. Dal Sindaco, è venuto poi il ringraziamento speciale ai partecipanti, qui citati per nome e cognome: Antonio Pierozzi, Umberto Mazzantini, Giuliano Giacomelli, Mario Polverosi, Renato Polverosi, Giuseppe Polverosi, Mario Maggini, Corrado Ceccarelli (ora Assessore del Comune), Tiziano Nardini, Elia Salani, Roberto Cantini (presente in piazza), Piero Picchiotti (assente fisicamente, ha mandato un proprio contributo da leggere).

Fonte: Comune di Capraia e Limite - Ufficio stampa

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