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Fontanelli (Pd) a tutto tondo: "Italicum? Collegi senza logica. Occhio alle nomine Sat"

Paolo Fontanelli

L'accordo UE sulla Grecia è una buona notizia. Però dalle prime impressioni emergono motivi di ulteriori preoccupazioni, soprattutto per gli impegni onerosi messi a carico del popolo greco. È evidente che il compromesso trovato è assai lontano dalle aspettative dei greci, ma non mi convince l'interpretazione di chi dice che ha vinto la Merkel. Come abbiamo visto dalla dura posizione di contrarietà all'intesa sostenuta dalla Germania c'era chi puntava all'uscita della Grecia dall'euro, facendo leva sulla difesa assoluta delle regole e sul fatto che non si potevano accettare eccezioni. Io non credo tuttavia che tale posizione fosse dettata da un intento punitivo verso il governo di Tsipras. Almeno non in primo luogo.

Quella contrarietà è invece dettata, a mio parere, dal tentativo di non aprire nessuna vera discussione sulla possibilità di rivedere le politiche di rigore finanziario e di austerità seguite finora. E qui sta il grande merito del referendum promosso da Tsipras, che gli ha permesso di guadagnare uno spazio politico e negoziale che ha dato forza all'idea di cambiare quelle politiche nell'interesse di tutta l'Europa.

In sostanza ha disvelato l'ipocrisia di una situazione in cui si parla tanto di politiche per la crescita ma di fatto si perseguono ancora le politiche di austerità, peraltro sempre più subordinate ai vari nazionalismi. Su questo piano, lo scontro di questi ultimi giorni ha prodotto molto di più di tante chiacchiere, annunci e proposizioni degli ultimi dodici mesi. Difficile immaginare che sia possibile tornare tranquillamente alla situazione precedente.

E ciò lo dobbiamo alla sofferenza del popolo greco e al coraggio di Tsipras. Con questo non voglio dire che le cose sono a posto e che la Grecia non debba fare i conti con le proprie colpe. Anche Tsipras dovrà dimostrare di saper indicare una strada credibile per la crescita del suo Paese nel quadro europeo, ma sicuramente ha mostrato il carattere di un premier. Nel merito dell'accordo non so dire quali alternative avesse, ma certo lo scenario del default non avrebbe portato sicurezza al suo popolo.

In Argentina ciò significò fuga dei capitali, svalutazione monetaria e patrimoniale, impoverimento generale. Poi, nel giro di qualche anno si sono ripresi ma in un contesto continentale molto diverso da quello europeo. Nel caso della Grecia l'accordo raggiunto consente di ottenere subito risorse importanti insieme alla ristrutturazione del debito. Comunque siamo in una situazione aperta a diversi sviluppi nel giro di pochi giorni e non ci resta che aspettare.

Per quanto riguarda problemi più attinenti al nostro territorio due brevi commenti. Il primo riguarda lo schema del decreto legislativo sui nuovi collegi elettorali predisposto dal governo e inviato, per i pareri, alle Camere. I collegi previsti dall'Italicum portano ad una dimensione, in media, di circa 470.000 elettori ciascuno, che corrispondono più o meno a 6/700.000 abitanti. Ora lasciamo perdere, in questa occasione, l'ingannevole tesi che si tratta, per i capilista, di una sorta di collegio uninominale.

I vecchi collegi uninominali del Mattarellum avevano come riferimento bacini di 150.000 abitanti. In quel caso si poteva parlare di confronto fra candidati legati al territorio. Con questa nuova legge elettorale di può solo parlare di capilista nominati dalle segreterie dei partiti. Ma veniamo al punto che ci riguarda.

Il nostro collegio comprende tutta la provincia di Livorno e quella di Pisa ad esclusione dei comuni di San Miniato, Santa Croce e Castelfranco che saranno aggregati ad un altro collegio. Quello che viene composto con parte della piana fiorentina, dell'Empolese Valdelsa e del Valdarno aretino. Non si capisce qual'e' la logica. I tre comuni della zona del cuoio c'entrano assai poco con quel territorio e rimarrebbero ai margini di ogni ragionamento sulla rappresentanza politica. Insieme fanno poco più di 50.000 abitanti e se il problema è quello di far quadrare i conti matematici sulle medie previste credo che quel modesto numero di elettori si possa recuperare nell'ambito del territorio fiorentino.

Non ha senso ed è una vera forzatura la scelta di spezzare la zona del cuoio e di dividerla dalla provincia di Pisa. Credo che spetti al comitato regionale del PD cercare la soluzione del problema e fare in modo che già nei pareri parlamentari si tenga di conto di questa esigenza.

L'altra questione riguarda il sistema aeroportuale toscano. L'assemblea dei soci voterà i nuovi assetti gestionali unificati, prodotti dalla fusione. Sui giornali si leggono polemiche in parte giuste e in parte datate o al di sopra delle righe. Perlomeno per ciò che riguarda la vicenda pisana. Il Galilei è cresciuto e continua a crescere sulla base dei progetti e degli investimenti programmati decisi in epoca Sat con maggioranza pubblica.

Ora, con la nuova società unificata, si tratta di vedere come verranno distribuiti i nuovi investimenti e le nuove attività. Se terranno conto o meno dell'equilibrio derivante dalla redditività dei due scali. Questo è un dato importante anche perché finora è stato sempre affermato che le risorse necessarie per fare la nuova pista e il nuovo terminal di Firenze ci sono a prescindere dal bilancio della nuova società.

A me pare che questa sia la questione principale oggi. Certo si può rivangare il passato recente, ragionare attorno alle responsabilità, ma bisogna cercare di essere coerenti. In questo non ci aiutano le recriminazioni e nemmeno gli atteggiamenti di coloro che si propongono "più realisti del re". Penso ai commenti sulla denuncia dei revisori del Comune di Pisa.

Certo un danno patrimoniale forse c'è stato, ma non è nella legittima decisione da parte del Comune di non vendere le quote azionarie. Semmai il danno è nella scelta della Regione che vendendo di fatto la quota del controllo della società al privato ha ridimensionato il valore delle azioni degli altri soci pubblici. Per quanto mi riguarda vorrei ricordare che la mia prima posizione fu quella di dire che si doveva mantenere la maggioranza pubblica o, in alternativa, vendere tutti insieme, i soci pubblici, e destinare le risorse a investimenti infrastrutturali nel nostro territorio.

Ma questa seconda ipotesi non fu apprezzata e ripresa nei pronunciamenti delle forze politiche e associative della città. Ci fu una convergenza solo sul fatto che non si doveva vendere. Lo rammento perché è difficile capire oggi l'allineamento di molte forze politiche alla parziale e discutibile tesi dei revisori.

Invece l'altra osservazione che mi sembra giusto fare in questa fase riguarda un interrogativo sull'assetto del nuovo vertice societario, al di là dell'indubbio "rinnovamento" annunciato, in coerenza con il tempo nuovo che viviamo. Il Presidente Rossi nel motivare la scelta in favore della privatizzazione, sostenne che il privato poteva far meglio del pubblico perché avrebbe superato i condizionamenti e le resistenze di tipo politico o campanilistico.

La domanda dunque è perché favorire adesso un assetto che intreccia e mescola il ruolo del privato con quello del potere politico? Non mi si venga a dire che l'indicazione di Marco Carrai per la presidenza della società non ha a che fare con la politica. Basta leggere le cronache politiche dei giornali per sapere che Carrai non è solo il presidente uscente dell'aeroporto di Firenze. Una scelta diversa forse sarebbe stata più saggia e innovativa.

Paolo Fontanelli

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