Serena Conforte ha cambiato vita radicalmente: dopo tre anni conseguiti al Dams di Firenze, si è reinventata a Berlino lasciando il quieto vivere di San Miniato. Adesso studia scienze forestali in un piccolo paese vicino alla capitale tedesca, dove alle volte riappare la chiusura mentale verso gli stranieri che si pensava dissolta in Germania.
Nome: Serena Conforte
Anni: 29
Cresciuta a: San Miniato
Studi: triennale a Firenze al Dams, ultimo anno di scienze forestali a Eberswalde, piccolo paese vicino Berlino
Residenza e professione: Berlino, commessa in una libreria
Prima esperienza all’estero: Sono stata anche sei mesi in Portogallo per un tirocinio.
Perché hai deciso di andare all’estero? In realtà non sono venuta per studiare ma perché avevo finito la triennale a Firenze e volevo andare a vivere in una grande città.Volevo imparare un'altra lingua, e avendo studiato tedesco al liceo, sono andata a Berlino.
Conoscevo qualche persona che viveva già qui. Mi sono fatta aiutare un poco da loro, anche se mi sono accorta che dovevo fare tutto da sola. Sono ormai 5 anni e mezzo che sono qui. Torno anche spesso, sempre per Natale e per estate, e se ce la faccio in primavera.
Quali sono le principali differenze fra il mondo degli studi in Italia e all'estero? L'università di Firenze è molto grande e dispersiva, si parla di una facoltà umanistica, era tutto molto teoretico e diverso. Qui l'ambiente è piccolo, familiare, la materia è più pratica. Ci sono differenze notevoli nell'organizzazione. La prima impressione è questa. Sono due cose totalmente opposte.
Per quanto riguarda il lavoro? I primi tre anni ho fatto la cassiera in un cinema. Tornando in Portogallo ho cominciato a lavorare in una libreria. Sono stata un mese senza lavoro.
Con questo lavoro mi pago l'affitto e l'assicurazione sanitaria. L'università è fondamentalmente gratis, mi pago ogni semestre circa 200 euro di spese amministrative e rinnovi la carta dello studente. Questa carta serve per utilizzare i mezzi di trasporto. Ho comunque un supporto dei genitori.
La vita e il lavoro all’estero sono diversi dall’idea che ti eri fatto prima di partire? Non avevo molte aspettative, non ci ero nemmeno mai stata in Germania. All'inizio è stato tutto nuovo. Non avevo idee di quello che sarei andata a vivere almeno il primo anno. Con le persone che abitano qui c'è un modo di vivere, anche nelle piccole cose, con cui non mi trovo tanto. Dalle abitudini alle relazioni sociali, è difficile riuscire a sentirmi a mio agio. Sono molto corrette e serie ma molto legate alle regole.
Trovo conforto nel fatto che qui c'è un tipo di mentalità molto aperta, e sono libera di fare quello che voglio. Qui conosci persone da tutto il mondo, conosci non solo la Germania ma tutto il mondo.
A Berlino è tutto apertissimo, dinamico, un posto dove vivere è duro ma pieno di stimoli. Stare sola solamente con i tedeschi anche dopo così tanto tempo fa sempre effetto.
Cosa ti manca dell'Italia? Le tipiche cose che mancano a chi vive in nord Europa: il clima, la luce specialmente d'inverno, e sarò banale ma devo dire il cibo. Dal piccolo paese mi manca la tranquillità. Qui anche solo per fare la spesa mi stanco e mi stresso e ho bisogno di riposo.
Qualche curiosità sulla tua esperienza? Una cosa che mi ha sconvolto è che tanti italiani vengono comunque a Berlino e conoscono solo Berlino, senza conoscere il Brandeburgo. Berlino è multiculturale e aperta. Basta che esci fuori dalla città e vai nei piccoli paesi fuori porta, mi sono ritrovata con gente dalla mentalità molto chiusa, al limite del razzismo. Mi sono sentita la straniera, fondamentalmente.
Sei mai stata presa in giro per essere straniera e italiana? Nel mio corso di studi sono l'unica straniera. A mensa, sedendo con altri compagni, sono arrivati dei voti. Hanno scoperto che avevo preso un voto alto, parlando con gli altri (come se non parlassi): "In questa classe per avere buoni voti bisogna appartenere alle minoranze". Da quella volta ho preso le distanze con alcune di queste persone. Questo accade a 50 km da Berlino. Non è stata l'ultima volta, ma da lì è cambiato il mio modo di rapportarmi.