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Gli Anhima in concerto a Vinci per la serata conclusiva di PetròZio. L’intervista.

A dare lustro alla serata conclusiva del festival musicale PetròZio giunto ormai alla sua ottava edizione, gli Anhima, storica band Fiorentina del filone rock grunge. Il gruppo nato alla fine degli anni ’80 come Dharma e che ha inciso nel ’91 il suo disco d’esordio, ha mutato in seguito il suo nome in Anhima incidendo altri due album: Toccato dal fuoco e Impossibile mutazione. Sulla scena rock fiorentina spiccarono fin da subito il volo acquisendo una grande visibilità, partecipando a autorevoli trasmissioni televisive, collezionando numerosissimi live e consensi di pubblico e critica. Fermati da un’inspiegabile battuta d’arresto per più di un decennio, la recente reunion del gruppo è stata coronata con la pubblicazione nel 2014 dell’album 18Anhima: un Greatest Hits che raccoglie oltre agli 11 brani tratti dagli ultimi due dischi, 5 nuovissimi pezzi dallo stile graffiante ma circondati da un’aurea più matura e sofisticata. Scritti dal cantante Daniele Tarchiani, i testi, dovevano essere inizialmente parte integrante di un lavoro individuale e più intimista.  Sono denotati infatti da  un sapore  ricercato e senza dubbio più poetico e riflessivo di un tempo. Lampanti  esempi ne sono il brano Zen, o la ballata romantica Buon Natale Mr. Dan, intrisi di una dolcezza di fondo, virano infatti verso il lirismo senza esimersi da riferimenti autobiografici e corpose influenze rock internazionali .

Travolgenti da sempre nei loro live, gli Anhima hanno trasmetto a un pubblico di tutte le età una portentosa energia, un sound coinvolgente e al contempo potente e ricercato. Picchi di adrenalina, ritmi serratissimi, melodie graffianti e non per ultimo un interprete di grande spessore sotto ogni punto di vista sono le caratteristiche principali di questa esibizione degna di nota.

Il concerto si è concluso con un’anteprima di ben due brani inediti che andranno a far parte dell' album di cui a brevissimo inizieranno le registrazioni: Umanoide Web e Tutto il mondo è paese. E se gli altri pezzi in scaletta sono forti anche solo la metà di questi, il successo sarà certamente assicurato!

 

Di seguito l’intervista concessami dal cantante Daniele Tarchiani prima del concerto.

 

 

D: Ciao Daniele, iniziamo subito ... Una curiosità, mi sono sempre chiesta il motivo per il quale avete mutato il vostro nome degli esordi, Dharma, in Anhima? E che significato hanno per voi questi due emblematici nomi?

R: È successo per una questione banalissima. Eravamo in studio e correva l’anno 1995. Era un momento molto molto particolare; estremamente pieno di grunge. Noi eravamo Dharma già da diverso tempo, fin dal ‘90, e avevamo anche già inciso un album per la BMG Ariola. Mentre eravamo in studio e stavamo registrando il nuovo album, che invece è uscito per la per la Flying records, "Toccato Dal Fuoco", è uscito anche l’album dei Karma, un gruppo milanese molto carino e che ha tutta la mia stima, ma, bisogna proprio dirlo!  Avevamo due nomi troppo simili … Non si poteva andare avanti così… In quel momento dunque ci sentimmo in dovere di prendere noi questa decisione autorevole e abbiamo scelto di cambiare nome. Allora io la buttai lì. Era un periodo in cui si parlava sempre del suonare con l’anima, di metterci l’anima, di trovare l’energia che portava all’anima, e io buttai giù questa parola, Anhima,  che piacque subito a tutti, anche alla casa discografica. Al che io decisi però di arricchirla mettendo la H nel mezzo come nella parola Dharma, come filo conduttore tra le due vite della band, visto che tutti comunque mi avevano sempre chiesto <<ma Dharma si scrive con la H o senza?>>.  Però, il nostro vecchio nome io  tutto sommato un po’ lo rimpiango ancora…

D: Perché? Cosa significa di preciso la parola Dharma?

R: Dharma è una parola indiana. Oltre che essere una regione geografica dell’India, ha anche a  che vedere con il karma, l’origine e l’obbiettivo dell’anima dell’uomo. Quindi funzionava perfettamente. Io poi sono appassionato dell’oriente. Sono stato tre volte in India, pensa.

D: Prendi anche spunto dalle sonorità orientali nel comporre i vostri pezzi?

R: Alcune cose sì. Io vorrei riuscire prima o poi a fare qualcosa di davvero contaminato. È difficile però, perché le contaminazioni orientali sono un po’ stucchevoli e non si sposano troppo con il grunge e il rock.

D: Daniele dove trovi l’ispirazione per i tuoi bellissimi testi? E come è cambiato il tu modo di scrivere durante la tua lunga carriera?

R: Menomale che si vede il mutamento dagli esordi ad ora (ride). Ispirazione … È un concetto romantico e immaginario. L’ispirazione si può trovare in tutto, in qualsiasi momento della giornata. Addirittura mentre stiri o fai mille cose di vita comune. È la voglia di raccontare qualcosa. Secondo me è la voglia di raccontare qualcosa di te stesso o della società. Gabriel García Márquez dice <<Vivere per raccontarla>> , no? Ecco, secondo me è proprio questo. La voglia di raccontare qualcosa e cercare il tuo modo di farlo, in 3 oppure in 300 parole. A  proposito, ultimamente per me è stato difficile scrivere canzoni, mi stavo pericolosamente avvicinando alla letteratura …

D: Ah si? Hai mai pensato di scrivere un libro?

R: Sì … Certo. Solo che questo libro sta diventando troppo importante. Va bé bisognerebbe che incominciassi almeno da un racconto intanto… Perché partire da tutta questa cosa gigantesca che è la mia vita … Comunque ora stiamo cercando di dar vita a un’operazione per noi molto importante e in cui crediamo tantissimo. Io sto portando avanti una iniziativa, “Sostieni la carta”, perché sia io che molti artisti che conosco, stiamo cominciando a pensare di recuperare un certo tipo di comunicazione. Perché quello che è stato internet, o infernet come lo chiamo io…

D: Non lo apprezzi molto? Internet, intendo.

R: No, non è che non lo apprezzo. So che non ne possiamo fare a meno, ma credo  che sia la distruzione dei rapporti, dell’arte e della cultura e quel che è grave è che la gente non se ne accorge ancora. E io sto portando avanti questa campagna perché si ritorni a leggere e a scrivere prendendo di nuovo in mano libri, quaderni reali, di carta e non computer o  I book. Oggetti che si possono toccare, annusare insomma… Infatti vorrei dire a tutti comprate, leggete annusate i veri libri cartacei. Circondatevi di roba che si possa tenere in mano. Soprattutto libri di grandi scrittori del passato. I grandi classici. Che hanno sempre da insegnare qualcosa. Non sai cosa leggere? Prendi in mano i grandi classici, come Sartre, Hemingway, Joyce, Calvino… Troverai sempre qualcosa di buono e moltissimo da imparare … Perché il rischio è che gli artisti smettano di scrivere, di creare. A proposito di questo, il prossimo pezzo che vorremmo proporre al nostro produttore è Umanoide web, un brano che parla proprio di queste tematiche; un attacco diretto, forse il primo in Italia, ai social. Una realtà estraniante per tutti e soprattutto per i ragazzini, per le nuove generazioni. Questo non significa che le persone non debbano usare questi nuovi strumenti o che siano mezzi di comunicazione negativa,  ma  sta diventando un atteggiamento così sclerotico che addirittura gli psichiatri pensano che sia pericoloso e fuorviante. In particolar modo per gli adolescenti che credono appunto di vivere dentro una realtà virtuale e che quella sia la vita vera. Non escono più da questo trip, perdendosi tante altre cose…. Io credo che se ascolterai il testo capirai ancor di più quel che voglio dire. Penso che bisognerà dare una frenata a questo fenomeno, anche se non so come…

D: Con tutto questo parlare di letteratura e di grandi autori, sarei curiosa di sapere se hai un libro che preferisci ad ogni altro.

R: Mi sono innamorato di un testo, che poi è diventato anche un film, benché non sia mai uscito nelle sale, però. Shantaram di Gregory David Roberts, io l’ho letto talmente tante volte che me lo sono tatuato sulla schiena… Poi ho scoperto che anche il buon Johnny Depp, che ne ha appunto comprato i diritti, ne è appassionato…

D: Senti ma come te la spieghi  questa battuta d’arresto dall’album uscito nel ‘99 a ora? Insomma fino all’uscita nel 2014 del vostro ultimo album “ 18Anhima”?

R: Tutto sommato sono contento perché io e i miei amici dall’80 al 2000 abbiamo passato un bel momento musicale insieme… Ma in Italia si fa quel che si può, lo sai. Siamo arrivati ad avere grandi risultati, siamo arrivati ai palazzetti … Pensa che al vecchio Cencio’s per un nostro concerto c’erano 5000 persone. Ci pensi? Ma come diceva Domenico Modugno, nella vita di un artista … Cosa ci vuole per avere successo? Non lo sai? Te lo dico io. Ci vogliono semplicemente tre cose: fortuna, fortuna, fortuna… Noi abbiamo avuto tanta fortuna inizialmente, ma nel momento in cui avevamo firmato per tre dischi in cinque anni,  contratto miliardario per la Flying records, la casa discografica è fallita miseramente. È scomparsa insomma. E noi siamo rimasti nel limbo; siamo poi riusciti a trovare un altro contratto discografico e ad uscire con un nuovo album, Impossibile mutazione, ma non ha avuto il successo che avrebbe avuto se fosse stata la continuazione di un progetto importante come quello che era Toccati dal fuoco del '95… E poi eravamo tutti ragazzi intorno ai 30 anni, un’ età in cui si fanno grandi bilanci. Un momento della vita in cui, se ci pensi bene,  stai cominciando a pensare che o la va o la spacca e che devi decidere… Come andare avanti, che strada prendere…E così ci siamo disgregati purtroppo… Abbiamo fatto singolarmente tante cose, io ho scritto molto e sono andato a suonare anche all’estero, lontano… Però c’è rimasta la voglia di rimetterci insieme. Questo Best of dell’anno scorso è stato miracoloso a questo proposito. Non ci aspettavamo che un pezzo nostro, Impossibile mutazione,  entrasse addirittura in classifica a Virgin radio per 6 mesi consecutivi… Da febbraio a luglio. Una grande soddisfazione. Lo sai, i pezzi italiani che passano sono veramente pochi… E questo ci ha fruttato quello che poteva essere e che speravo, la possibilità di fare un disco nuovo… Il nostro nuovo produttore, Simoncioni, è stato diverso tempo all’estero, e quando è tornato in Italia e ha sentito il nostro pezzo ci ha scritto per complimentarsi e da lì è nata la possibilità di registrare il nuovo album… Presto entreremo di nuovo in sala di incisione e almeno fino a settembre non faremo altri Live, credo.

D: Com'è nato il progetto di 18anhima? In questo Best of ci sono 11 pezzi dei vostri vecchi album e 5 inediti, come nasce questa scelta?

R: I 5 nuovi pezzi sono frutto di un lavoro che avevamo cominciato già diversi anni fa. Inizialmente dovevano far parte di un mio album da solista, però il nostro ex produttore, Sergio Taglioni, ci spinse a una reunion. Così abbiamo registrato 13 tracce tra le quali poi  abbiamo scelto le cinque più adatte … In effetti era un lavoro un po’ particolare, un lavoro più intimistico, troppo mio. All’inizio avevo lavorato per renderlo acustico chitarra e pianoforte ma poi mi sono reso conto che queste sonorità non ci rappresentavano e così abbiamo rinunciato alle tastiere anche per una resa più graffiante dei pezzi. Le tastiere ci ammorbidivano troppo. Con questa formazione abbiamo riacquistato la nostra ruvidezza e ora siamo solo noi  quattro.

D: Ho letto che spesso vi hanno definito a torto “gruppo commerciale”. Cosa ne pensi?

R: La definizione commerciale bisognerebbe proprio abbandonarla. Non ha nemmeno significato. Una certa frangia dell’intellettualità italiana cerca di distanziarsi dal mercato, è un po’ troppo politicizzata. Io invece scrivo cose che non sono orientate. Ma non vuol dire che siano di destra o di sinistra. I miei pensieri possono essere stati indirizzati da qualche parte in passato, ma ora non mi rivedo più in quella corrente e, anzi, non mi riconosco più in nessuna corrente particolare. Cerco di scrivere cose che possono arrivare alle persone, ma non è scontato. Vorrei che le cose che scrivo potessero arrivare a tutti, e se quello che scrivo riesce davvero ad arrivare e ad essere compreso, io sono contento.

D: Quanto è importante nei live l’interazione con il pubblico e lo scambio di energie? Suonare in palchi piccoli e più intimi come questo o come quelli dei pub dove vi ho visti spesso ultimamente, che carica d’energia ti dà?

R: Di sicuro mi danno più energia i palchi piccoli. C’è un maggior scambio senza dubbi. Io preferisco i pub. Con davanti 30 mila persone non capisci nulla. Vedi lampi di luce ma non vedi le facce. Non scambi energie, non ti ricordi nulla. La nostra è una realtà da pub. Ma se un giorno svilupperò qualcosa che arrivi al grande pubblico sarò contento… Non lo so… Sicuramente sarà un’energia diversa, non so se più calda o più fredda… Il mio spirito mi dice così… Anche se qualcuno una volta ha scritto di noi che eravamo programmati per gli stadi… Più di una volta in effetti… Anche se non so cosa questo voglia dire.

D: La tua canzone preferita tra le cinque inedite dell’ultino album? Quella che ti rappresenta di più?

R: Buon Natale Mr Dan,  perché è un momento di vita, il racconto di una situazione molto dolce…È  una ballata d’amore insomma, e io adoro le canzoni d’amore anche se sono molto difficili da scrivere... Sai, è in un certo senso anche ispirata al tema principale di un film degli anni ‘80, Furyo - Merry Christmas, Mr. Lawrence con David Bowie … Mi sono ispirato alla famosissima colonna sonora di Ryūichi Sakamoto, Forbidden Colours, interpretata da Sylvian . A quel tema che fa (canticchia) ... Avevo una storia da raccontare legata all’oriente. Per 4 mesi ho suonato lì e avevo un grande amore orientale; e così l’ho fatto. Bei ricordi.

D: Anche  Baciami però è una canzone d’amore stupenda. No?

R: Baciami non è una canzone d’amore, o meglio, è una canzone d’amore ma per un amico che ti ha tradito…

D: Allora pur sempre d’amore si tratta… Salvata in calcio d’angolo. Ma che imbarazzo… L’avevo letta in tutt’altro modo.

R: È giusto così. Le canzoni sono di chi le ascolta. Sono del pubblico e devono essere interpretate, appunto,  da chi le vive. Non è importante il vero motivo per cui sono state scritte. Si prestano a essere lette in modo diverso in base a chi e quando le sente. Ed è giusto così…

D: Menomale, mi hai tolta dall’imbarazzo … Senti Daniele, ma tu cosa pensi dei talent musicali? E dei colleghi che partecipano in qualità di giudici?

R: Per i  ragazzini il fatto di poter partecipare e di poter fare l’esperienza dei casting ha senza dubbio  scaturito un buon atteggiamento nei confronti della musica come mestiere.

D: E non ti sembra un po’ troppo effimera e volatile come soluzione per chi vuole intraprendere la carriera di musicista? Non ti sembra una  realtà usa e getta?

R: E prima cosa avevamo?Almeno ora i ragazzini si possono già confrontare con una realtà più professionale e che crea una maggior volontà di arrivare anche se tutto poi è legato alla fortuna … Almeno nel pop … Per il rock invece è un’altra storia … Il rock viaggia su altri circuiti … Poi di Piero (Pelù) non dirò mai nulla di male se la domanda si riferisce a lui … Lui è un grande amico … Tutto sommato Piero rappresenta il nostro più elevato personaggio rock sex symbol degli ultimi 20 anni. È stato per noi piccoli ragazzi rock degli anni ‘80 il faro. E io all’epoca suonavo la batteria …  Pensa … Magari l’unica difficoltà di chi inizia a fare TV è poi fare un passo indietro,  cioè tornare sulla scena musicale mantenendo una certa credibilità … Ma questo di sicuro non è un problema che può riguardare il grande Pelù.

D: Si, in effetti. Magari non sarà il problema di Pelù, che è un grande, ma tu pensa a Morgan (come ad altri del suo calibro del resto). Ormai è più personaggio che musicista ed è proprio un peccato … Ma a te? Se un giorno lo chiedessero?

R: Certo, come farei a dire di no! Ma per altri motivi …. Potrebbe essere molto divertente per certi versi, ma magari, come dicevamo prima, poi risulterebbe difficile uscire da questa fenomenologia, perché la tv è estraniante e si rischia di essere incasellati in un ruolo che poi è ben diverso da quello del musicista. E io in primis mi considero tale.

 

E adesso godiamoci il concerto ….

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