Un disordinato ultranovantenne, una colf robot e una casa magazzino. Questi gli ingredienti dello spettacolo scritto, diretto e interpretato da Alessandro Riccio e da Gaia Nanni, sua degna coprotagonista in scena al Teatro di Rifredi lo scorso 11 aprile.
La meccanica dell’amore è una commedia liberamente ispirata al film anni ’80 “Io e Caterina”del grande Alberto Sordi, il cui tema fondamentale è la solitudine.
Così, con scoppiettante tenerezza, i due attori affrontano una tematica mai come oggi di grande attualità in modo del tutto originale, divertente e per nulla scontato.
Orlando, il protagonista, è un anziano che da tempo vive solo. Recluso nella sua disordinatissima casa, accantona tutto, accumula, ha paura di separarsi anche della più piccola cianfrusaglia. Insomma, affronta a modo tutto suo la drammatica quotidianità dell’essere in là con gli anni. Ha un’enorme paura dell’affettività e del cambiamento. Ma la solitudine è qualcosa di più che il vivere senza nessuno accanto. E anche se l’uomo si illude di star bene, la sua è solo rassegnazione alla paura. La realtà è che Orlando è abitudinario, bisbetico, orgoglioso e non più avvezzo alla comunicazione e ai rapporti umani. Non vuole che qualcuno entri in casa sua, neppure per aiutarlo. E solo l’imposizione di un’assistente sociale piuttosto zelante lo costringe a prendere in casa Amapola, una Cameriera meccanica dal fantasioso modello CHAMBERMAID 7800.
L’uomo, come tutti del resto, non sta veramente bene solo. Ma si è abituato al suo stato ed ha paura delle novità. Di affezionarsi a qualcuno o a qualcosa per poi ripiombare nel vuoto. Vuoto che, appunto, riempie compulsivamente di oggetti futili.
Nonostante le difficoltà iniziali date dalla scarsa dimestichezza con la tecnologia dell’anziano, pian piano i due protagonisti fanno amicizia. E sarà proprio quest’ultimo ritrovato della tecnologia a riportarlo in qualche modo alla vita, alla speranza, al desiderio di avventura. E Amapola stessa imparerà qualcosa, sia sulla sua mancanza di libertà, che sulla solitudine che anche la tecnologia impone.
La trama si sviluppa attraverso gag che giocano sulla rigidità e la goffaggine del robot e sulla testardaggine e la confusione del suo padrone. Si gioca sull’equivoco attraverso le incomprensioni che nascono sui termini utilizzati per indicare oggetti di vita comune. Il dispotico vecchietto in effetti usa un divertente dialetto toscano che la povera cameriera meccanica ovviamente ignora. Due mondi lontanissimi si incontrano: la testardaggine della vecchiaia e la mancanza di elasticità della macchina a simbolo dell’incomunicabilità della società moderna. Temi all’apparenza banali, come paura, amicizia, solitudine, sono affrontati con una delicatezza e una leggerezza tali da spingere anche il pubblico più superficiale alla riflessione.
Colpi di scena e gag comiche si alternano in uno spettacolo sapientemente prodotto. Adatta a qualsiasi target di pubblico, questa commedia da tutt'esurito ha collezionato risate alternate a momenti di toccante commozione e applausi scroscianti .