Uno spettacolo in due atti che passano in un soffio. Sul palco tre musicisti muniti di chitarra, fisarmonica e contrabbasso, e lui, Paolo Rossi, sessantenne in formissima, per dispensare ricordi di una lunga carriera attraverso monologhi, gag e buona musica.
Lo show inizia proprio con la presentazione della performance da vedere, a detta sua, come una vera e propria lezione. Improvvisata. Ovviamente non è così, ma l’interazione con il pubblico e l'empatia che ne scaturisce invece sono evidenti e largamente ricercate. Perché è la presenza del pubblico in sala, appunto a far la differenza con tv e cinema. E lui non può certo esimersi dal farlo notare.
A non mancare sono anche elementi biografici conditi da espressioni irriverenti, complicità con il resto della compagnia, impetuosi riferimenti a colleghi e amici del mondo dello spettacolo, e all'attualità, come è suo solito. Difficile immaginarlo nei panni del sergente Biancaneve, soprannome che sembra essergli appartenuto realmente quando da giovane era alla guida di un carro armato durante il servizio militare. Ed è difficile anche immaginarlo perito chimico, unico titolo accademico, a detta sua, ad essersi guadagnato. In riferimento sempre ai suoi esordi artistici il divertente scheck ispirato ad uno dei suoi primi ruoli da attore, in “Histoire du Soldat”, per la regia di Dario Fo, del 1978. La trama è presto detta, un militare in licenza scambia col demonio la propria anima, simboleggiata da un violino, in cambio di ricchezza. In età matura l’episodio è ripresentato in maniera meno poetica e senza dubbio più irriverente. Al posto del violino e dell’anima vengono richieste dal diavolo prestazioni erotiche a cui Paolo si sottopone senza opporre resistenza per rendersi conto, solo alla fine però, di essere stato canzonato ben bene. <<Del resto, a quest’età - conclude il millantatore in modo lapidario - come si fa ancora a credere a certi scambi? O all'esistenza del diavolo?>> Queste solo alcune delle storie raccontate tra risa e applausi divertiti…
Anche se il tempo passa, il comico e cantautore dimostra ancora il suo estro e la sua ironia dissacrante senza censure, immergendosi con disinvoltura nel passato e nel presente. Ripercorrendo la sua carriera, omaggiando amici e colleghi, ma anche i personaggi e gli spettacoli che lo hanno reso noto, presentando il lavoro dietro le quinte e i segreti del mestiere. Aneddoti su spettacoli andati bene ma anche su spettacoli andati male con attori che dimenticano le battute o tecnici che sbagliano a montare microfoni. Spiega la differenza tra satira e comicità. Emerge il suo personale modo di fare teatro che offre da sempre anche un quadro lucido dell'Italia contemporanea. E per concludere, come promesso fin dall'inizio, un finale ricco di bis travolgenti e un assolo del protagonista con uno strumento musicale artigianale e strampalato, una sorta di ramo biforcuto con appesi campanacci e ogni sorta di gingillo.
Senza dubbi da vedere. Perché uno spettacolo fatto di ricordi non è per forza scontato. E quando si è di fronte a un grande lo si capisce subito.