Scroscio di applausi per Claudio Bisio il 23 febbraio al Teatro Excelsior di Empoli. Il celebre attore comico ha recitato nello spettacolo diretto da Giorgio Gallione Father and son.
Un monologo incisivo, che scorre piacevolmente tra risate e commozione. Un’ora e mezza che passa in un soffio per indagare i rapporti padre-figlio in un classico scontro generazionale dove l'incomunicabilità e le differenze di stile di vita la fanno da padrone.
Lo spettacolo, che ruba il titolo alla celebre canzone di Cat Stevens, è basato sui testi di Michele Serra “Gli sdraiati” e “Breviario comico” e si avvale di due musicisti eccezionali in scena, Laura Masotto al violino e Marco Bianchi alle chitarre, che sottolineano i momenti salienti del racconto con le musiche di Paolo Silvestri. Le scenografie spartane, sedie e tavoli in legno su un fondale blu, sono funzionali al fluire dei pensieri del protagonista e ai suoi movimenti scenici anche se non hanno niente di evocativo o simbolico.
Satirico e al contempo tenero, Bisio ci parla di genitori eterni ragazzini e di figli ipertecnologici, chiusi e sfuggenti. Le parole scorrono ritmate in un lungo soliloquio che scava in profondità. I personaggi della storia sono due, ma solo il padre è in scena. Il figlio, assente, ma continuamente evocato, è un'entità che sembra quasi materializzarsi e prendere vita dai racconti del genitore.
Esilarante la descrizione del giovane sdraiato sul divano ma comunque iperconnesso, o i surreali colloqui con gli insegnanti, l'incontro con il tatuatore, la cronaca dell’inutile tentativo di instaurare un dialogo con la poco loquace amica del ragazzo e l’elogio al fantastico dio felpa… Per lo spettatore è come guardarsi in uno specchio e riconoscersi.
Momenti lirici e comici si alternano tessendo una trama che indaga senza pudori il rapporto conflittuale fra generazioni ma anche la dolcezza e il disagio di vedere i bambini cambiare e tramutarsi in qualcosa che è altro da noi.
Non è sempre facile accettare che forgiare delle fotocopie miniaturizzate di noi stessi non sia la cosa più giusta da fare.
Così, con toni sempre leggeri, il monologo riesce a mettere l'accento sul faticoso compito di crescere e su quello non meno faticoso di guidare questo processo con rispetto e senza prevaricazioni.
Lo spettacolo si conclude con una scena bellissima, sul colle di Nasca, dove il padre avrebbe voluto fare una gita con il figlio fin dall’inizio della narrazione.
Abbandonate le resistenze, pur senza le scarpe adatte o il vestito più opportuno, il figlio accetta di passare del tempo con il padre sorprendendolo.
Sul finale i due si perdono e per un attimo il padre si preoccupa per le sorti del figlio che invece lo ha già sorpassato salutandolo dalla vetta. Emblematico rito di passaggio che sancisce la promozione del giovane all’età adulta e che fa commuovere un padre che ha avuto il coraggio di mettersi in discussione.
Assolutamente da vedere.
Giusi Alessandra Vaccaro