Mettiamo insieme un’influenza che sembra più aggressiva del previsto, un vaccino che secondo alcuni studi è efficace solo nel 23 % dei casi, aggiungiamo medici di base oberati e un’assistenza territoriale inesistente che costringe i cittadini a cercare l’unica risposta possibile rivolgendosi ai Pronto Soccorso. Aggiungiamo un numero di posti letto insufficiente nei tre nuovi ospedali (Prato, Pistoia e Lucca) studiati più per soddisfare le esigenze di un centro commerciale che per far fronte ai bisogni sanitari dei cittadini. Sommiamo il tutto alla carenza di personale medico ed infermieristico generalizzata… …che cosa otteniamo?
Ospedali in crisi per l’influenza! Barelle nei corridoi, attese di ore per una visita e poi per il posto letto, personale ospedaliero allo stremo e le sale operatorie che si fermano. Si fermano perché i posti letto nei reparti di chirurgia breve sono utilizzati per ricoverare i malati delle medicine. Le magnifiche 13/17 sale operatorie dei nuovi ospedali non svolgeranno più le attività ordinarie, ma saranno attive solo per le urgenze e le patologie oncologiche.
Questo comporta interventi programmati annullati, liste di attesa che si allungheranno all’infinito, persone che saranno costrette a rivolgersi a strutture private e a pagare ciò che hanno già pagato con le proprie tasse.
Dalle ASL, indistintamente, non si parla di mancanza di posti letto o di carenza di personale né di assistenza territoriale senza risorse. No. La colpa è dei cittadini che scelgono liberamente di non sottoporsi ad un trattamento sanitario e non si vaccinano. La colpa è dei cittadini che intasano i Pronto Soccorsi con un uso improprio di tale struttura.
Ci dicano quindi cosa fare quando il medico di base non è reperibile o la guardia medica non viene a casa per una visita, quando non ci sono infermieri per mettere una flebo per la degenza a casa, quando, ad esempio, i posti letto in provincia di Pistoia sono 2,33 per mille abitanti invece dei 3,15x1.000 abitanti previsti dalla Regione Toscana (-26%) o 3,7x1.000 abitanti indicati dalla normativa nazionale (-37%). Il nuovo ospedale di Prato ha circa 100 posti letto in meno rispetto al vecchio ospedale Misericordia e Dolce dove, peraltro, già si registravano problemi di posto letto nei periodi di picco influenzale e allora, come oggi, si sospendevano gli interventi chirurgici programmati per far spazio ai ricoveri.
Niente cambia. Cambiano le giustificazioni per l’inefficienza di un sistema ormai votato a foraggiare il privato e a ripianare gestioni sulle quali sta indagando la magistratura (buco di Massa 420 milioni, di Pistoia 50 milioni, di Siena 10 milioni).
Se non che, oggi in più abbiamo il fardello di tre nuovi ospedali a pochi chilometri l’uno dall’altro Prato-Pistoia-Lucca ed uno in costruzione a Massa che ci sono costati 421 milioni e 892 mila euro (con una minima percentuale a carico di un costruttore privato) e che sono un cappio fagocita-risorse e sanità.
Daniele Rovai autore del libro inchiesta “La nuova sanità Toscana. I 4 nuovi ospedali e la legge truffa del Project Financing”, ed. Andromeda, ci spiega che il nostro concessionario avrà “un canone annuo di circa 66 milioni di euro, che divisi per i 4 ospedali fanno circa 16 milioni e 500 mila euro a plesso. In 19 anni di gestione dei servizi non sanitari, il gestore privato incasserà circa 1 miliardo 252 mila euro. Investe 72 milioni e ne incassa 1.252?”.
La Regione Toscana, che impiega il 75% del suo bilancio in Sanità, ha recentemente deliberato il taglio di fondi alle AuSL di Pistoia, Prato, Empoli e Pisa; negli ultimi due anni ha tagliato posti letto, fatto pagare ticket per tutto, chiuso reparti negli ospedali medi e svuotato i piccoli ospedali in zone disagiate; ha chiuso punti nascita e non ha previsto percorsi alternativi e in sicurezza per le donne in gravidanza; lascia intere zone senza assistenza pediatrica nei notturni e nei festivi; ha indebolito la catena dell’emergenza urgenza nelle zone montane e nelle piccole isole (la montagna pistoiese non ha più un ospedale ma un PIOT e addio Pronto Soccorso! All’isola d’Elba non c’è un reparto di rianimazione, si devono aspettare i medici dal continente che non arrivano con il mare grosso e in alcuni comuni il paziente deve essere trasferito da un’ambulanza con i volontari a quella con il medico del 118 in punti di rendez-vous! In Lunigiana si teme che il primario di rianimazione non sia sostituito dopo il pensionamento).
Insomma, si è accentrato tutto nelle città capoluogo in nome della riorganizzazione e dell’efficienza e questi sono i risultati?
La realtà si scontra con la propaganda delle AuSL e si trasforma in un brutto risveglio per chi ha la sfortuna di aver bisogno di “Sanità Pubblica”.
Ormai a tutto si pensa, tranne al diritto alla salute dei cittadini. L’accorpamento delle AuSL sarà un ennesimo impoverimento per la Sanità che verrà consegnata definitivamente alla politica che in questi anni si è dimostrata sorda e cieca ai bisogni essenziali delle persone in nome dei risparmi.
Non è una questione economica, è una questione di scelte. I Sindaci, primi garanti della salute pubblica, sono coloro che firmano e avallano in Conferenza dei Sindaci le riorganizzazioni ed i tagli mascherati di ASL e Regione. La smettano di indignarsi e preoccuparsi solo a parole.
Si oppongano a questa politica e pretendano il rispetto del diritto alla salute per i cittadini, pensando soprattutto ai più deboli e non dimenticando chi vive in zone marginali, lontano dai servizi.