Pesantemente in ritardo nel riassetto, senza soldi e con lo spettro del default finanziario. Sono le Province che la ‘riforma Del Rio’ ha trasformato in enti di secondo livello, quindi non più elettivi, ma per le quali la politica non ha ancora indicato come dovranno essere riorganizzate, chi dovrà svolgere le loro funzioni, con quali soldi e che fine faranno i loro dipendenti.
In Toscana si parla di 4500 persone, che hanno proclamato lo stato di agitazione, perché la fine dell’anno, scadenza per il riassetto, è ormai vicina ma solo oggi dovrebbero iniziare i lavori dell’Osservatorio regionale (composto da Regione, Anci, Upi, presidenti delle Province e sindaco della città metropolitana) che dovrà sciogliere l’intricato nodo. Intanto però una certezza c’è: 132 milioni di euro di tagli per il 2015 per effetto della bozza della Legge di stabilità (96 milioni) e dei tagli già decisi dal governo nei mesi scorsi (36 mln); una fetta consistente della spesa corrente, quella cioè che consente di erogare servizi ai cittadini.
Tante infatti sono le competenze delle Province, dai trasporti locali ai centri per l’impiego, dalla rete stradale provinciale (9800 km nella nostra regione) all’edilizia scolastica per le superiori (450 edifici in Toscana), dalla polizia provinciale alla tutela dell’ambiente, con la delicatissima partita dell’assetto idrogeologico, che la cronaca di questi giorni ci ricorda quanto sia importante.
Per questo i sindacati regionali di categoria, Fp-Cgil, Cisl-Fp e Uil-Pa hanno lanciato oggi la mobilitazione, con una serie di assemblee, presidi e volantinaggi (e un corteo a Grosseto) e una conferenza stampa in cui i segretari regionali Debora Giomi (Cgil), Marco Bucci (Cisl) e Paolo Becattini (Uil), hanno denunciato la situazione.
Che è di “grandissima gravità –hanno detto- per effetto dei ritardi nell’attuare la riforma e dei tagli draconiani della Legge di stabilità: in Italia 1 miliardo nel 2015, 2 nel 2016, 3 nel 2017. Tagli che rischiano paradossalmente di far fallire per mancanza di risorse proprio la riforma Del Rio. E che –stando così le cose- porterebbero le province dritte al dissesto finanziario.”
“Non vogliamo frenare la riforma, anzi –hanno detto Giomi, Bucci e Becattini- ma per realizzarla davvero bisogna che la politica si assuma la responsabilità dei provvedimenti che le diano gambe e braccia e che ad oggi non ci sono. I lavoratori finora sono stati fin troppo responsabili, anche grazie ai sindacati confederali che hanno accettato la sfida della riforma e si sono resi disponibili al confronto. Ma il tempo passa e la politica, in primo luogo nazionale, dopo aver messo in mare questa barca non ha trovato ancora i remi per spingerla.”
Per questo i sindacati lanciano due forti appelli: al governo, perché riveda i tagli della Legge di stabilità e alla politica tutta, nazionale, regionale e ai comunale, perché porti a compimento la riforma delle Province che è stata annunciata ma che è ancora a metà del guado.
Fonte: Cgil, Cisl, Uil