Il ballerino certaldese Maurizio Nardi e il mondo della danza italiano, visto dagli Usa

Maurizio Nardi in "Lucifer" (foto Cristiano Castaldi)

Maurizio Nardi è un certaldese che ha appena concluso una splendida carriera nella danza. La sua esperienza di Toscano in giro dunque è particolare, in quel settore il talento non può essere escluso (almeno lì), tuttavia la sua esperienza apre uno squarcio interessante su un settore dell’arte nel quale il nostro Paese mostra di non credere fino in fondo.

LA SCHEDA

Nome: Maurizio Nardi

Anni: 37

Cresciuto a:  Certaldo

Studi: istituto per geometri e Scuola di danza di Certaldo e San Gimignano di Margherita Guicciardini. Corsi esitivi a Cannes. Corsi al centro studi di danza di Firenze.

Residenza e professione: vive a Big pine Key in Florida (Stati Uniti) dove da marzo si occupa della divulgazione e dell’educazione alla danza

Prima esperienza all’estero: New York alla Martha Graham school nel 1998

Lavoro in Italia: contratto come ballerino al teatro biondo di Palermo nel 1995, mentre faceva parte della compagnia di Deanna Losi

Frase: Qui negli Usa ci sono delle università in cui uno può studiare e sa che alla fine sarà comunque un professionista di questo settore. In Italia c’è questa cosa dell’arte italiana, la bellezza eccetera, ma la mentalità di fatto è dilettantesca, nel senso che non è un settore che strutturalmente sa di dover dare lavoro alle persone.

L’INTERVISTA

Come hai iniziato a fare danza?

I miei primi corsi li ho fatti alla scuola di Margherita Guiciardini a Certaldo. Nel frattempo frequentavo anche degli studi estivi a Cannes e al centro danza di Firenze. Poi, all’età di 18 anni, ho avuto il mio primo contratto come ballerino al teatro Biondo di Palermo. Era il 1995 e quel contratto è il motivo per cui non ho preso il diploma.

Come ha deciso di trasferirti all’estero?

All’inizio è stato per motivi di studio: ho vinto una borsa di studio a New York e sono andato. Quando sono partito non avevo piani ben definiti. Durante quegli studi sono stato assunto nella compagnia minore della scuola che frequentavo. Poi da lì sono passato alla compagnia principale e a quel punto la scelta è diventata definitiva.

Nella sua esperienza, quali sono le principali differenze fra il mondo del lavoro italiano e quello estero?

La differenza sta nelle opportunità perché in Italia sono quelle a mancare. In italia mancano le possibilità per i giovani per lavorare e crescere. In Italia ci sono i teatri stabili, che sono finanziati dal governo e hanno la maggior parte dei soldi. Le altre compagnie, quelle indipendenti, non riescono a mantenere un livello di lavoro professionale costante. Magari hanno risultati artistici meritevoli ma non hanno fondi per crescere e diventare stabili. Ci sono stagioni di due o tre mesi, ma poi la compagnia si perde. In sostanza: non c’è un mercato tale che permetta di mantenere una grossa quantità di professionisti. Quindi i professionisti italiani o sono nei teatri stabili o altrimenti sei spacciato perché non puoi dedicarti solo al lavoro, quindi non essere professionista. In altri Paesi la spesa per la cultura e la danza riesce a dar spazio anche a istituzioni minori. La mia compagnia americana, al di là che è storica perché è nata nel 1926, è una compagnia indipendente: l’esempio più semplice e vicino a me che posso fare per evidenziare questa differenza.

Per quella che è la mia seconda attività di divulgatore della danza (iniziata lo scorso Marzo, ndr) posso riportare i racconti di colleghi. Se un giovane volesse inziare la mia stessa attività so che incontrerebbe mille ostacoli burocratici che rendono la vita impossibile. Io ho trovato una strada semplicissima, facendo tutto online in pochissimo tempo e da solo. Scrivo le richieste di fondi da solo a enti sia privati che pubblici.

In generale mi sorprende che qui negli Usa ci siano delle università in cui uno può studiare e sa che alla fine sarà comunque un professionista di questo settore. In Italia c’è questa cosa dell’arte italiana ma la mentalità è di fatto è dilettantesca, nel senso che non è un settore che strutturalmente sa di dover dare lavoro alle persone.

Nel blog Toscani in giro sono state descritte molte realtà professionali nelle quali in Italia il talento viene mortificato. Nel suo settore dovrebbe essere diverso: o no?

Diciamo innanzitutto che tutto il mondo è paese, ho visto cose poco belle sia in Italia che all’estero. Diciamo che una persona di talento non può essere scartata perché si presenta un prodotto artistico, che senza talento è peggiore. Però l’amica del presidente o del titolare la prendono lo stesso, magari la mettono in terza fila ma in quel caso l’amicizia ha fatto la differenza.

Tornerebbe a lavorare in Italia?

No, per le cose che ho appena detto

Dell’Italia cosa le manca?

Dell’Italia mi manca l’Italia, mi mancano la qualità della vita, i tempi rilassati, il cibo, il vino, la famiglia, gli amici, le radici insomma. Questo anche se almeno una volta l’anno torno sempre.

C’è un aneddoto significativo, un episodio, che può spiegare la differenza fra lavoro in Italia e all’estero?

La prima volta che mi hanno chiamato a lavorare con Carla Fracci: io venivo pagato ma alla fine ero io a pagare per ballare con Carla Fracci perché i soldi che prendevo non coprivano assolutamente le spese che ho fatto.Tutte le notizie di Certaldo