“Mi sono salvato perché con i miei genitori mi nascosi nel confessionale del Duomo e, quando scoppiò la bomba, mio padre mi fece da scudo con il suo corpo”. E’ il commosso racconto di Giovanni Pietra Caprina, uno dei sopravvissuti all’eccidio del Duomo di San Miniato, il 22 luglio di 70 anni fa, che ha voluto essere presente nella giornata dedicata al ricordo delle vittime. “Abitavo con la mia famiglia a Livorno, ma quando iniziarono i bombardamenti la città diventò troppo pericolosa, così con i miei genitori, i miei zii e i miei cugini ci rifugiammo a San Miniato – racconta -. Alloggiavamo all’hotel Miravalle, in attesa che la situazione si risolvesse, ma la mattina del 21 luglio, quando si sparse la voce che le case del comune erano minate, ci dissero di andare a rifugiarci nel Duomo. C’erano molte persone già dalla sera prima. Chi pregava, chi dormiva, praticamente eravamo accampati. La mattina del 22, quando iniziarono i bombardamenti, fu issata sopra il Duomo la bandiera bianca e gialla del Vaticano, un simbolo che doveva ipoteticamente garantirci la salvezza, ma non fu così”. Erano le 10 quando ci fu l’esplosione.
“Poco prima dello scoppio, mio padre ci rinchiuse nel confessionale e ci fece da scudo con il suo corpo – racconta commosso -. La bomba colpì in pieno molte persone che erano sull’altare a pregare, uccidendole all’istante. Mi ricordo che subito dopo la deflagrazione mio padre rimase lievemente ferito, ma subito mi prese per un braccio e mi portò fuori, insieme alla mia mamma. Per uscire dovemmo camminare sui corpi delle persone morte, mentre i feriti urlavano e scappavano verso la piazza”. Ad aspettarli fuori dal Duomo c’erano alcuni soldati tedeschi armati che, non appena li videro scappare, tentarono di respingerli all’interno. “La calca delle persone fece sì che venissero sfondate le due porte laterali all’ingresso del Duomo – continua Pietra Caprina -. E i soldati tedeschi che erano appostati di guardia fuori dal Duomo non poterono fermarci. Molti si rifugiarono nel convento di San Francesco, mentre altri si rintanarono sotto l’arco della strada del Vescovado”. Nonostante siano trascorsi 70 anni, il ricordo di Pietra Caprina è ancora vivo, come se questo episodio fosse accaduto qualche giorno fa. “Ho voluto essere qui oggi (22 luglio, ndr) per ricordare tutte quelle vittime, non tornavo in questi luoghi da almeno 50 anni – prosegue Pietra Caprina -. La prima volta che rimisi piede in Duomo fu 15 anni dopo l’eccidio, insieme a mio figlio. Il tempo è trascorso, ma tornare qui per me vuol dire riaprire una ferita che non si è mai chiusa”.
“E’ grazie a testimonianze come queste che il ricordo dell’ eccidio del Duomo di San Miniato può essere tramandato alle nuove generazioni – commenta il sindaco, Vittorio Gabbanini -. Questi racconti tengono viva la memoria e aiutano a fare chiarezza sui fatti. A 70 anni da quel 22 luglio, vogliamo ricordare questo episodio non soltanto con la cerimonia di commemorazione, ma coinvolgendo scuole e associazioni attraverso iniziative collaterali che si protrarranno per i prossimi mesi”.