Ceramista, scultore e pittore, Eugenio Taccini è nato, vive e lavora da oltre un quarantennio a Montelupo Fiorentino.
Il suo primo decisivo incontro con la ceramica è avvenuto in occasione del ritrovamento di alcuni frammenti ceramici nella casa del nonno a Montelupo. È stato poi allievo di Venturino Venturi. I suoi lavori artistici sono internazionalmente conosciuti e apprezzati: le sue opere sono state esposte anche in varie città americane come San Francisco e Philadelphia. Ha progettato numerosi e ricercati oggetti ornamentali ma anche grandi pannelli per istituzioni pubbliche di Montelupo (Comune, ASL) e per altre prestigiose sedi (Ottavo reparto mobile della Polizia di Stato a Poggio Imperiale, sede della Fondazione Collodi, Ponte di Nove a Vicenza, ecc.).
Ha realizzato una serie straordinaria di maschere e una celebre collezione di Arlecchini, da cui ha poi ripreso spunto per la sua personale rappresentazione su grandi formelle di Pinocchio, il burattino di Collodi. Ha inoltre ideato e realizzato per vent'anni ceramiche per l'atelier parigino di Christian Dior. Nel 2005 è stato nominato Presidente della Fondazione per l’Artigianato Artistico di Firenze. Dal 1994 lavora nel suo laboratorio anche Lea, sua figlia.
La scelta del maestro come direttore artistico del Cantiere è legata, oltre al successo del suo lavoro, alla particolarità con la quale egli si rifà, attualizzandoli, ai contenuti culturali del territorio, interpretando la tradizione in chiave moderna, nonché alla modalità con cui Taccini si è rapportato negli anni all'arte concettuale, dando il suo contributo alla realizzazione di opere in ceramica su progetto di grandi artisti contemporanei.
In un’intervista Taccini illustra l'idea artistica alla base del suo lavoro al Cantiere e al rapporto che è riuscito ad instaurare con i ragazzi.
Come è nato il progetto dell'installazione che sarà inaugurata per la Festa della Ceramica 2014, la cui realizzazione ha occupato la prima parte del Cantiere?
In quanto appassionato e grande utilizzatore della bicicletta, mi è venuto naturale pensare ad una installazione che la includesse.
La bicicletta è un mezzo del futuro, non del passato. L'umanità va verso la bicicletta, non verso l'aeroplano. O meglio, l'aereo può essere forse il nuovo mezzo collettivo, ma come mezzo individuale la bicicletta è formidabile. In qualche modo credo che rappresenti il neonato MMAB e in particolare il Museo della Ceramica posto al suo interno. Come la bici, il nuovo museo vuole e deve essere innovativo, dinamico, pratico. Quindi le biciclette dell'installazione vanno verso il MMAB che è una bicicletta più grande.
Un'altra idea che è stata basilare per l'installazione è quella del riciclo e del rispetto dell'ambiente, non solo per l'utilizzo di biciclette, mezzi ecologici per eccellenza, ma perché gran parte di ciò che è servito alla realizzazione (biciclette, piastrelle, legno) è materiale di recupero.
Inizialmente avevo pensato di realizzare tutto in ceramica ma ho capito che sarebbe stato troppo complicato per i ragazzi e in generale difficile da fare, quindi ho deciso di utilizzare il legno come supporto. Alla fine sono andato a tentativi, è l'unico modo per elaborare tecniche innovative. Se vuoi catturare un pipistrello devi spostare la canna a destra e a sinistra, prima o poi ci picchi, se pensi di inseguirlo non riuscirai mai ad acchiapparlo. Quando si cerca qualcosa si deve anche avere il coraggio di andare controverso.
Perché hai deciso di partecipare al Cantiere?
È una scommessa che ho fatto soprattutto con me stesso, non con gli altri. Sono per le sfide personali, anche con la bicicletta mi piace buttarmi in salite impossibili, ma lo faccio per confrontarmi con me stesso, non con altri.
Che cosa ti aspettavi dai ragazzi e che cosa invece è stato?
Dai ragazzi mi aspettavo molto meno, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione. Avevo paura che fosse più passiva, invece è decisamente attiva e mi hanno insegnato tante cose.
Ad esempio?
Mi hanno insegnato soprattutto che non ci vuole troppa fretta nel fare le cose, io ne ho troppa.
Quando alcuni colleghi ceramisti sono venuti a vedere il lavoro che stavamo facendo hanno storto un po' la bocca, temendo che con la cottura qualcuno dei pezzi potesse rompersi. Alla fine invece l'unico pezzo che si è rotto è quello che avevo fatto io, poiché avevo avuto furia e l'avevo cotto anzitempo.
Ci tenevo che il lavoro dei ragazzi venisse bene, sono ormai come dei nipoti per me. In generale è stata davvero una bella lezione per tutti. La contaminazione tra le diverse esperienze, la condivisione delle varie idee e il mettersi in gioco in campi anche differenti da quello in cui si è più a proprio agio hanno fatto sì che questo Cantiere funzionasse. All'inizio i ragazzi erano un po' perplessi perché avevo lasciato loro molta libertà, ma sono riusciti a cavarsela benissimo, i risultati sono molto belli.
Come credi che l'esperienza del Cantiere si inserisca nel tuo percorso artistico?
È in linea con le mie esperienze passate, rappresenta un progetto che a prima vista pare impossibile, come ne ho già affrontati tanti. Ricordo quando nel Novembre 1999 il segretario della Fondazione Collodi mi affidò il compito di realizzare i pannelli per una mostra che sarebbe stata inaugurata ad Aprile 2000 e si stupì perché dopo un mese ne avevo già fatti quattro o cinque.
Perché hai scelto Matteo Bertini come tuo assistente in questo progetto?
Perché lui ha un approccio artistico diverso dal mio, quasi all'opposto, molto più moderno. Io sono un despota, vorrei fare tutto io e alla mia maniera, ci voleva qualcuno che mi indirizzasse un po'.
Che conclusioni trai da questa esperienza?
Mi ha fatto molto piacere lavorare in un edificio storico come il Palazzo Podestarile, non solo in quanto sede del podestà ma anche, un tempo, del Comune di Montelupo, di cui sono stato assessore e consigliere. Sono molto legato a questa cittadina, i miei nonni vivevano qui, vicino al Castello, mentre i miei genitori abitavano in Via XX Settembre, dove ho a tutt'oggi il mio laboratorio. Anche se non in senso tradizionale, credo di aver dato anche io il mio contributo alla ceramica di Montelupo.
Intervista ad Eugenio Taccini a cura di Stefania Biagioni