L’articolo riguarda il ruolo, nella diagnostica differenziale dei disturbi di coscienza, dell’analisi EEG blink-relata, un innovativo metodo di studio dei segnali elettroencefalografici, messo a punto dallo stesso gruppo di ricerca, che permette di analizzare le modulazioni dei ritmi elettrici cerebrali connessi al battito spontaneo delle palpebre. Ricerche precedenti condotte dagli stessi autori hanno dimostrato che tali modulazioni blink-relate rappresentano i correlati neurali di alcuni fenomeni di coscienza.
La diagnosi differenziale tra stato vegetativo e stato di minima coscienza è basata ancora oggi prevalentemente sull’osservazione clinica del paziente. Ciò determina un errore diagnostico che raggiunge una percentuale vicina al 40%, con evidenti ripercussioni sia sugli aspetti clinico-terapeutici sia su quelli etici e sociali. E’ per questo motivo che la comunità scientifica internazionale è alla continua ricerca di biomarker diagnostici capaci di ridurre tale percentuale e di risolvere i casi dubbi.
L’analisi dei ritmi EEG blink-relati è in grado di rilevare differenze statisticamente significative tra le condizioni di stato vegetativo e di minima coscienza, fornendo utili elementi di supporto all’inquadramento del paziente.
Inoltre tale metodica permette di accedere ad informazioni di tipo anatomo-funzionale, cioè relative al livello di attività delle aree corticali cerebrali, divenendo in tal modo uno strumento diagnostico prezioso in considerazione dei limitati costi di gestione, della ampia diffusione di apparecchi di registrazione (elettroencefalogrammi) nelle strutture dedicate a questi pazienti, della possibilità di rilevazioni seriate in grado di intercettare precocemente fenomeni di “risveglio”.
In particolare, ha consentito di confermare che le fasi iniziali di recupero della coscienza e dell’interattività col mondo esterno avvengono attraverso il recupero funzionale della corteccia cingolata posteriore/precuneo e della giunzione temporo-parieto-occipitale sinistra.
La validazione su larga scala e la realizzazione di un software dedicato permetterà di impiegare questa metodica nella routine clinica.