
Non supera il 10% la percentuale di pazienti dializzati che oggi in Italia utilizza la dialisi peritoneale (PD), ovvero domiciliare. Se si pensa che nel resto del mondo le stime si attestano al 30%, è chiaro che siamo ancora lontani dall’utilizzo ottimale di questa metodica. Nonostante gli indubbi vantaggi clinici e economici. Ora in Toscana un nuovo progetto di audit cerca di capire perché e di intervenire per colmare questo gap e garantire un maggiore e migliore utilizzo della dialisi peritoneale.
La malattia renale cronica è una patologia in progressiva espansione nella società occidentale. Solo in Italia le stime indicano circa 5 milioni di persone con insufficienza renale cronica (IRC)[3], di cui 50mila sottoposte a dialisi. Complessivamente nel nostro paese ogni anno si registrano circa 10.000 nuovi casi di pazienti con insufficienza renale che necessitano di dialisi cronica[4]. In Toscana le stime parlano di circa 2400 pazienti dializzati, di cui il 12,5% gestito con dialisi peritoneale. Sebbene siano stime sopra la media nazionale, quel 30% delle nazioni virtuose appare ancora lontano.
Le cure domiciliari hanno indubbi vantaggi sia di natura psicologica/sociale che clinica. Il paziente può godere di maggiore autonomia e libertà, si sente “meno malato”, e rimane nel proprio ambiente familiare, a favore di una migliore qualità di vita. Sul piano clinico, si riduce il rischio di contrarre infezioni ospedaliere, si hanno migliori risultati di sopravvivenza e in generale una maggiore preservazione della funzione renale. Ma la forte crisi economica che il nostro paese sta affrontando pone l’accento anche sui vantaggi economici del trattamento domiciliare. Secondo il CENSIS, infatti, con la dialisi peritoneale si possono risparmiare fino a 500 euro a settimana se si considerano sia i costi diretti che indiretti. Il costo settimanale della PD automatizzata è infatti di 617,81 euro, contro i 949,61 dell’emodialisi con metodica standard e i 1170,60 dell’emofiltrazione2.
Nonostante i benefici dimostrati, in Italia la dialisi domiciliare stenta a raggiungere un utilizzo diffuso. Tra le motivazioni la gestione non sempre ottimale e la carenza di informazione e educazione del paziente, che possono indurre a non prendere in considerazione la metodica o al “drop-out”, ovvero all’abbandono della terapia domiciliare. In Italia gli abbandoni sono circa il 12% ogni anno[5]. Nei casi più fortunati sono dovuti al trapianto, ma più spesso sono dettati da ragioni cliniche e nel 25% circa dei casi a motivazioni gestionali e culturali6.
Alla luce di vantaggi e difficoltà della dialisi domiciliare, è evidente l’esigenza di intervenire per migliorarne la gestione a tutti i livelli. A tal fine in Toscana è in fase di avvio, con il supporto di Fresenius Medical Care, un progetto di Audit che si pone l’obiettivo di condividere e analizzare le procedure operative in tema di dialisi di 17 centri. Nel 2011 la Toscana ha iniziato a raccogliere i dati di incidenza, prevalenza e complicanze, ad individuare e intervenire su alcune aree di debolezza, ma senza seguire un approccio metodologicamente strutturato. Ora, grazie a questo nuovo progetto sarà possibile sistematizzare e implementare il database, così da garantire una misurazione puntuale del servizio offerto dai centri e migliorare l’assistenza.
“Da anni siamo impegnati affinché in Toscana la dialisi domiciliare possa raggiungere livelli ottimali di utilizzo. Tramite la creazione di un gruppo medico infermieristico regionale è stato possibile eseguire incontri di audit che dal 2011 ad ora hanno già ottenuto importanti risultati tangibili, come ad esempio una migliore collaborazione tra nefrologi e chirurghi, riducendo il drop-out dalla metodica per complicanze del catetere peritoneale. C'è ancora molta strada da fare. Per questo motivo abbiamo avviato un progetto che consenta di mettere a punto degli indicatori di performance misurabili e identificare così le motivazioni strutturali e gestionali che impediscono la crescita di questa metodica, ma anche i punti di forza che è bene continuare a implementare. Grazie all’audit e alla raccolta dati in corso” – spiega la dr.ssa Viviana Finato, Medico dedicato alla DP nel reparto Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale di San Miniato (USL11) - “sarà possibile attuare un confronto di performance tra i diversi centri della regione, individuare le aree di debolezza e di eccellenza, e intervenire in maniera mirata al fine di migliorare e incrementare il servizio offerto.”
“Nell’ambito della dialisi peritoneale esistono best practice e linee guida condivise e note da molti anni. Ritengo che il progetto di Audit sia lo strumento più adatto per fare il punto della situazione ed introdurre nel "sistema PD" fattori misurabili e concreti. Ed è da qui, dalla misura della qualità che deve necessariamente passare il cambiamento e miglioramento della gestione della PD. Fresenius Medical Care ne è fortemente convinta ed è per questo che abbiamo scelto di supportare questo progetto” - aggiunge Maurizio Brambilla, Marketing Manager Home Therapies di Fresenius Medical Care.
Fresenius è il più importante gruppo al mondo nella produzione di dispositivi medici e nella gestione globale di servizi per il trattamento dell’insufficienza renale. Il Gruppo, che opera in 115 paesi nel mondo, gestisce una rete di 3.250 centri dialisi con oltre 270.000 pazienti in trattamento dialitico (circa 6 volte il numero complessivo dei pazienti in dialisi in Italia). Fresenius Medical Care, la divisione del gruppo che si occupa di prodotti e servizi per la dialisi ha registrato nel 2013 un fatturato pari a 14.610 milioni di dollari con 90.690 dipendenti.
“Siamo da sempre attenti alle esigenze cliniche e psico-sociali del paziente dializzato” – spiega Paolo Cogliati, Direttore Medico di Fresenius Medical Care Italia - “Oggi abbiamo messo a punto un nuovo approccio terapeutico personalizzato (adapted APD) per la PD, appositamente studiato per migliorare la qualità di vita dei pazienti. Si tratta di una soluzione che permette al paziente di sottoporsi ad un trattamento dialitico più efficace, sicuro e in grado di preservare al meglio e più a lungo sia la funzionalità della membrana peritoneale che quella residua dei propri reni. Ma non solo. La dialisi domiciliare permette al paziente di gestire autonomamente la propria terapia, conciliandola con le esigenze di lavoro e sociali, di fatto migliorando la sua qualità di vita.”
“Lo scenario attuale porta con sé un importante quesito, ovvero come ottimizzare la qualità dei trattamenti con le risorse disponibili e restituire ai pazienti una qualità di vita il più possibile elevata. La dialisi peritoneale offre in tal senso una risposta efficace nel rispetto delle abitudini di vita e di ambiente che il paziente chiede di preservare il più possibile.- conclude Silvia Civardi, Amministratore Delegato Fresenius Medical Care Italia - “Noi siamo stati i primi a sviluppare soluzioni di dialisi peritoneale ad alta biocompatibilità e modelli per la personalizzazione del trattamento domiciliare. Abbiamo come obiettivo primario quello di contribuire perché tutti i pazienti che si avvicinano ad una terapia sostitutiva renale possano effettuare scelte informate e nel massimo rispetto delle proprie necessità di vita.”
Fonte: ufficio stampa
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