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Trenta casi curati all'anno di idrocefalo normoteso. In Toscana settanta persone seguite: incontro a San Rossore

Riccardo Vannozzi

Non è una malattia conosciuta come l’Alzheimer, eppure rappresenta una percentuale variabile tra l’1 e il 6% del totale delle demenze diagnosticate negli over 65.

È l’idrocefalo normoteso, una patologia ancora largamente sconosciuta, tanto che i suoi sintomi (difficoltà nel camminare, deficit cognitivo, incontinenza) sono spesso confusi con quelli dell’Alzheimer, del Parkinson o di altre forme di demenza senile.

La neurochirurgia offre ai pazienti affetti da idrocefalo normoteso prospettive di piena guarigione che, a fronte di una diagnosi tempestiva, sfiorano la totalità dei casi. E in tempi molto stretti: nella maggior parte dei pazienti, la dimissione dall’ospedale avviene nell’arco delle 24 o 48 ore successive all’intervento.

A Pisa vengono trattati circa 30 casi l'anno. L'incidenza stimata della patologia è di circa 70 nuovi casi per anno in tutta la Toscana cui si aggiungerebbero tutti i pazienti già affetti dalla patologia ma non ancora diagnosticati per un bacino potenziale al momento non conosciuto.

Di idrocefalo normoteso si parla l’8 febbraio a Pisa, alle ore 8.45, all’Ente Parco San Rossore.

L’obiettivo è diffondere conoscenza e sensibilità verso una patologia normalmente trattabile, ma ancora poco conosciuta o nota.

La ricerca di un confronto ampio e costante con tutte le categorie di medici impegnati sul territorio rappresenta, infatti, un primo strumento fondamentale per indirizzare correttamente il paziente verso un appropriato percorso terapeutico. Fondamentale è la collaborazione tra medici di famiglia, neurologi, fisiatri e neurochirurghi per inquadrare in maniera efficace l'approccio diagnostico-terapeutico del paziente.

Il percorso diagnostico e la terapia

Il percorso diagnostico è, infatti, il momento centrale: una diagnosi errata, che riconduca i sintomi dell’idrocefalo normoteso a una forma di demenza, all’Alzheimer e al Parkinson, può significare per il paziente la condanna all’accettazione di una terapia inadeguata e ad una condizione di incurabilità. Viceversa, un percorso che dal medico di famiglia  porti al neurologo, e quindi al neurochirurgo, si traduce nella maggioranza dei casi in un esito positivo.

L’importanza di un corretto approccio diagnostico diventa evidente se si considera che, secondo i più recenti studi epidemiologici sull’argomento, la condizione di “malattia sommersa” che ancora circonda l’idrocefalo normoteso potrebbe aver portato a sottostimare il numero complessivo dei casi.

A differenza delle patologie con cui è spesso confuso, l’idrocefalo normoteso è trattabile con un intervento neurochirurgico di durata mediamente inferiore ai 60 minuti. Grazie all’impianto di una valvola semplicemente gestibile e regolabile, l’eccesso di liquido nel cervello viene drenato e incanalato verso un’altra parte del corpo, dove può essere assorbito dal flusso sanguigno.

Occhio a questi tre sintomi

I tre classici sintomi dell’idrocefalo normoteso sono: difficoltà nella deambulazione, deficit cognitivo e incontinenza. Dal punto di vista fisiologico, l’idrocefalo normoteso è causato da un eccessivo accumulo di liquido nelle cavità o nei ventricoli del cervello. Tendenzialmente, colpisce persone sopra ai 60 anni di età. In condizioni normali, il fluido cerebrale circola nel cervello, nei ventricoli e nel midollo spinale e assolve una funzione di protezione e nutrimento dell’involucro del cervello. Nel caso del paziente affetto da idrocefalo normoteso il flusso si blocca, finendo per esercitare una pressione sul cervello da cui consegue l’insorgere dei sintomi descritti.

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