Consiglio regionale riunito solennemente per il Giorno della Memoria. Le testimonianze di Liliana Picciotto e di Perla Levy Calò

Fuori dalla “retorica dell’anniversario”, perché “ritualità e banalità” sono anticamera dell’oblio. E fuori anche “dall’accumulo di discussioni superficiali sulla Shoah”, immane tragedia che rischia di finire travolta, nel suo significato, dai richiami impropri nella comunicazione veloce di questi tempi. Alberto Monaci, presidente del Consiglio regionale, apre la seduta solenne del 27 gennaio con un riferimento alla “memoria vigile” come “responsabilità collettiva e diffusa” di tutta la società, anche perché il ripetersi di crimini contro l’umanità, dice, rischia di “anestetizzare le coscienze, rendendoci insensibili al dolore dell’Uomo”. Di qui l’azione e l’impegno dovuti dalle istituzioni e dagli organismi apicali, fino a “tutte le sedi associative ed educative, laddove si forma l’opinione pubblica e la cultura di un Paese”. Un Paese che, nella Giornata della Memoria, “non può voltarsi di fronte ai dati storici che lo hanno caratterizzato”: l'odio razziale, le sue leggi, “di palazzo ma anche di popolo”, la lotta antifascista, l'occupazione tedesca e la consapevole, colpevole collaborazione fascista.

Questo è un paese che deve “fare memoria”, afferma Monaci, anche per ritrovare il senso ed il rispetto per la persona, “quella persona calpestata nel ghetto di Varsavia, nei forni di Auschwitz, nelle stelle gialle sugli abiti”. “Ma anche noi siamo figli di David – continua il presidente -, perché non intendiamo aggregarci agli opportunismi che aleggiano troppo spesso nella società e nelle istituzioni”.

Monaci invoca “un nuovo umanesimo, per bandire dalla storia del mondo qualsiasi forma di aberrante negazione dell’uomo”. Solo “dall’uomo che vede nell’altro il se stesso, passa la difficile strada per garantire che l’orrore della Shoah sia affidato all’imperituro ricordo, senza costituire la paura del futuro”. Una strada “ancora lontana, ma inevitabile”.

Il presidente del Consiglio cita il Nobel polacco Isaac Singer: quando tutte le nazioni si renderanno conto che sono in esilio, “l’esilio cesserà di essere”; quando le maggioranze che scopriranno che anch’esse sono minoranze “la minoranza sarà la regola e non l’eccezione”. “E allora questo giorno della memoria – conclude Monaci -, sia per tutti noi la presa d’atto del nostro esilio e del nostro essere minoranza”.

Giorno della Memoria: le testimonianze di Liliana Picciotto e di Perla Levy Calò

L’impegno del centro di documentazione ebraica contemporanea è quello di raccogliere e far conoscere dati sulla Shoah. Alla storica Liliana Picciotto è toccato in particolare il compito di occuparsi delle donne ebree. Dal quadro tracciato, raccogliendo centinaia e centinaia di dati e testimonianze, ha spiegato Picciotto portando il suo contributo stamattina durante la seduta solenne del Consiglio regionale della Toscana per il giorno della Memoria, si evince quanto debba essere stato drammatico e difficile il ruolo delle donne ebree durante la persecuzione.

La Shoah colpiva indifferentemente tutti, ha detto Picciotto, anzi i bambini e le donne giovani erano visti come gli elementi più pericolosi perché rappresentavano il futuro del popolo ebraico. Per questo la tragedia doveva essere affrontata da tutto il nucleo familiare, e mai come in quella circostanza il concetto e l’istituzione di famiglia fu messo a dura prova: genitori costretti a separarsi dai figli per salvarli, mogli che non sapevano più niente dei mariti, madri costrette a viaggiare in fuga con figli piccolissimi e neonati. “La donna ebraica è stata costretta ad affrontare prove di una durezza enorme – ha detto Picciotto – a dover inventare continuamente nuove strategia per la sopravvivenza di tutto il nucleo familiare, a inventare nuovi stili di vita in situazioni in cui, nascondendosi, famiglie con bambini e adolescenti erano costrette a un silenzio perenne”.

Toccante la testimonianza di Perla Levy Calò, fuggita dopo che un comando tedesco era piombato nella sua casa di famiglia a Fiesole ordinando a tutti di rimanere confinati in attesa di ordini. Assieme al marito riuscì riparare a Raggiolo in provincia di Arezzo, dove, grazie alla generosità degli abitanti e a continue fughe nei boschi del Pratomagno in occasione dei rastrellamenti, Perla e altri ebrei sopravvissero, fino a riuscire a raggiungere il fronte. Perla Levy Calò ha voluto ringraziare il paese di Raggiolo e in particolare l’attuale sindaco Ivano Versari, presente alla seduta solenne del Consiglio regionale.

Parla il rabbino di Firenze

“Grazie alla Regione Toscana per questa occasione in cui è possibile ricordare e riflettere”. Lo ha detto Joseph Levi, rabbino capo della comunità ebraica di Firenze, in apertura del suo intervento nella seduta solenne del Consiglio regionale dedicato al Giorno della Memoria. Di fronte alla tragedia della Shoah, ha detto Levi, “dobbiamo chiederci:  che cosa era successo alla collettività? Come poté accadere tutto questo?”. Si tratta di domande necessarie, ha spiegato, “per chiedere perdono alle vittime innocenti e per capire cosa imparare per prevenire drammi simili e costruire un futuro migliore, rispettoso di ogni cultura, pluralista e democratico”.
Il rabbino Levi ha sottolineato che “la Shoah deve renderci consapevoli della complessità della natura umana e che il passaggio da un clima di democratica convivenza civile a un clima di xenofobia può essere repentino”. Ricordando il sacrificio di tanti innocenti, “in nome di un’ideologia oscura”, e “la crudeltà e il furore” della persecuzione nazifascista contro gli ebrei, Levi ha citato le memorie di Himmler, uno dei gerarchi nazisti che teorizzò e attuò lo sterminio del popolo ebraico, dalle cui pagine “emerge la figura di un padre normale. E allora, con Primo Levi, ci chiediamo: Chi sei, uomo?”. E guardando al futuro, Levi ha posto ancora domande: “Può accadere di nuovo? È solida la democrazia? Che cosa pensano coloro che nei giorni scorsi hanno offeso la Comunità ebraica di Roma?”.
Il sentimento antiebraico, ha poi spiegato, “è stato insegnato per secoli sulla base della teoria del deicidio e solo dopo la Shoah la Chiesa cattolica ha iniziato un processo di revisione che ha cancellato quella affermazione, avviando un dialogo e un percorso di nuova fratellanza tra cattolici ed ebrei”. Un percorso, ha aggiunto, rispetto al quale “siamo pieni di fiducia nell’operato di Papa Francesco”.
Eppure, ha sottolineato Levi, ci sono nuovi segnali di antisemitismo, di xenofobia contro i popoli dell’islam, contro altre minoranze etniche e culturali. “Sono solo fenomeni marginali?”, ha domandato.  Per sconfiggere questi fenomeni, ha aggiunto, “serve educare e formare le future generazioni. Vanno rafforzati il concetto di pluralismo e interculturalità. Dobbiamo promuovere la conoscenza del prossimo per far crescere l’empatia tra culture e popoli diversi”. E ha proposto, a questo scopo, che si insegni la storia di tutte le comunità che convivono in uno stesso territorio: quella degli albanesi, dei cinesi, dei protestanti.
Infine, riconoscendone il grande valore per la memoria e per l’educazione delle giovani generazioni, Levi ha ringraziato la Regione Toscana e la Provincia di Firenze per l’iniziativa del Treno della Memoria, grazie alla quale tanti studenti toscani hanno potuto visitare i campi di sterminio di Birkenau e di Auschwitz.

Giorno della memoria: Rossi, dai giovani la speranza di un futuro di pace

“Sono convinto che il silenzio, profondo e attento, con cui gli studenti hanno seguito stamani, al Mandela Forum, le celebrazioni del Giorno della Memoria, rappresenti una speranza affinché prevalga una cultura di rispetto e di pace che scongiuri il ripetersi di orrori come la Shoah”. Con queste parole il presidente della Giunta regionale, Enrico Rossi, ha chiuso la seduta solenne del Consiglio regionale decicata al Giorno della Memoria. Rossi ha scelto di citare l’incontro con gli studenti, avvenuto poche ore prima, per riconfermare la volontà della Regione di riproporre, anche il prossimo anno, l’esperienza del Treno della Memoria, che nel corso degli anni ha permesso a tanti studenti toscani di vedere con i propri occhi la tragedia umana che si consumò nei campi di sterminio nazisti. Non solo, il presidente della Regione ha anche accolto l’appello del rabbino capo della comunità ebraica di Firenze, Joseph Levi, “per promuovere la conoscenza della storia delle diverse comunità che vivono in Toscana, perché l’interculturalità è la dimensione del nostro futuro”. La Toscana, ha ricordato, “è già multietnica ma si deve creare una miscela, una ‘mescola’ come si dice nell’industria tessile di Prato, capace di unirci in una convivenza fatta di reciproco rispetto”.

Nel suo intervento Rossi ha ricordato che la tragedia della Shoah fu solo una parte dell’orrore vissuto dall’Europa nel corso della Seconda guerra mortale: “Ci furono 65 milioni di morti, 13 dei quali nei campi di sterminio e di questi, la metà furono ebrei. È nostro dovere non dimenticare e respingere l’idea della persecuzione basata su base etnica, religiosa o politica”.

Il presidente della Regione ha anche invitato a ricordare “la dignità del nostro esercito, che si rifiutò di servire i nazisti che avevano invaso il nostro paese. Anche i nostri militari pagarono un prezzo altissimo, con 630 mila uomini che furono rinchiusi nei campi di lavoro”. Allo stesso modo, ha aggiunto, il Giorno della Memoria “deve celebrare anche gli operai che nel 1943 si ribellarono e attuarono lo sciopero per il pane pagando quella protesta con quattromila deportati”. E in ultimo, ma non per importanza, Rossi ha voluto ricordare le stragi di civili comopiute dai nazifascisti: dall’eccidio di Civitella Val di Chiana a quello di Sant’Anna di Stazzema.

Il presidente della Giunta ha sottolineato che il “rispetto per i morti, per tutti i morti, non si discute, ma vanno però distinte le ragioni e i torti di questi morti”.

“Ricordare è un dovere”, ha aggiunto, “perché tutto ciò non si ripeta mai più. E ricordare è un dovere anche oggi che l’Europa viene da anni di crescita e di pace. E col senso dell’attualità politica mi viene da dire: Dio salvi l’Europa da quei rigurgiti antisemiti e xenofobi che qua e là si affacciano, perché ci sono gli esempi che tornare a precipitare nel baratro è questione di poco. Basta guardare a ciò che anni fa è accaduto nei Balcani o a ciò che sta accadendo oggi in Siria”.

“Ricordare”, ha concluso, “è necessario per avere un paradigma e idee per leggere il mondo attuale. Per raggiungere l’obiettivo di parlare di un unico genere umano che ha bisogno di un governo mondiale. Per questo, agli studenti ho rivolto un appello a volare alto per superare le difficoltà che abbiamo di fronte a partire da quelle del lavoro”.

Fonte: Toscana Consiglio Regionale

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