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Eusebio, la pantera che azzannò Pelè

Eusebio aiuta Pelè a rialzarsi

Eusebio aiuta Pelè a rialzarsi

Molto tempo prima che l’Olanda, ibridata dai talenti caraibici di Ruud Gullit e Frank Rijkaard, vincesse il suo primo alloro internazionale trionfando agli Europei del 1988 e che la Francia meticcia di Zidane, Henry e Djorkaeff si aggiudicasse i Mondiali casalinghi del 1998, il Portogallo guidato da Eusebio Da Silva Ferreira al terzo posto nel Campionato del Mondo del 1966 fu la prima nazionale autenticamente multietnica del panorama calcistico europeo. Nato nel 1942 in un villaggio del Mozambico, ex colonia dell’Impero portoghese, Eusebio sfuggì al triste destino di miseria e denutrizione dei bambini africani grazie al suo smisurato talento per il pallone. Approdato giovanissimo nel Benfica di Lisbona che aveva appena interrotto il dominio madridista in Coppa Campioni, condusse subito al bis la formazione lusitana nel 1962, diventando un’icona planetaria ai Mondiali inglesi di quattro anni dopo, quando addirittura oscurò la fulgidissima stella di Pelè, come è stato giustamente ricordato da tutti i quotidiani che hanno celebrato la carriera di Eusebio, dopo la sua morte avvenuta sabato scorso per un arresto cardiaco.

Quello che i giornali hanno omesso di rammentare nelle meritatissime celebrazioni della “Pantera nera”, come era soprannominato Eusebio per le movenze felpate e la dirompente potenza fisica, e che invece è bene precisare per stabilire la giusta verità storica, è che il centravanti mozambicano si avvantaggiò involontariamente delle selvagge marcature che Pelé subì durante quella rassegna iridata. Se infatti la Swinging London di allora era la capitale della bellezza per la musica dei Beatles e dei Rolling Stones, la moda di Mary Quant, per il cinema e le arti in genere, quella Coppa del Mondo si segnalò al contrario come una delle edizioni più violente della storia.

Il Brasile bi-campione, avendo vinto il titolo nel 1958 e nel 1962, era inserito nello stesso girone con l’Ungheria, la Bulgaria e l’esordiente Portogallo. Già la prima partita dei carioca fissò lo standard della manifestazione: il facile 2-0 ai danni dei bulgari fu infatti funestato dall’infortunio patito da Pelè, colpito duramente e ripetutamente dal terzino Dobromir Zechev. Con il ginocchio destro malandato e la caviglia gonfia, O’Rey sedette in tribuna per la seconda partita eliminatoria e i compagni furono superati dall’Ungheria per 3-1. Il Portogallo trascinato da Eusebio aveva invece facilmente battuto sia ungheresi che bulgari, installandosi in testa al gruppo. La sfida del 19 luglio 1966, al Goodison Park di Liverpool fra Portogallo e Brasile, divenne dunque decisiva per i bi-campioni in carica, costretti a vincere per passare il turno, ma quel duello tanto annunciato in realtà non si giocò, per le condizioni impari dei due principali protagonisti: Eusebio era al massimo della forma e splendido per fulgore atletico, Pelè al contrario a malapena si reggeva in piedi, con una vistosa fasciatura che incorniciava il ginocchio malconcio. Ad assicurarsi che il brasiliano fosse messo in condizioni di non nuocere, a pochi minuti dal fischio d’inizio, ci pensò il terzino Morais, che sotto gli occhi impassibili dell’arbitro McCabe picchiò oscenamente Pelè fino a ridurlo allo stato di poter continuare solo per onore di firma, dato che all’epoca non era possibile effettuare sostituzioni neanche in caso di infortunio. Intanto, il Portogallo era già passato in vantaggio, in virtù di un grazioso regalo del portiere Manga, a tal punto inadeguato che da allora e per lungo tempo gli errori degli estremi difensori furono chiamati mangueiradas. Impossibilitato a correre ed esiliato all’ala, come succedeva ai giocatori menomati fisicamente, Pelè assistette al trionfo di Eusebio che con una doppietta decretò il definitivo 3-1, che rispedì in patria la Seleçao.

Eusebio

Nel successivo quarto di finale contro la sorprendente Corea del Nord, che aveva estromesso l’Italia di Edmondo Fabbri, la “Pantera nera” segnò addirittura una quaterna, generando una delle rimonte più straordinarie di tutti i tempi, dopo che gli asiatici erano saliti addirittura sul 3-0 fra l’incredulità degli avversari e la gioia del pubblico. Il cammino del Portogallo si arrestò nella semifinale contro i padroni di casa, quando Eusebio mise a segno l’inutile rete della bandiera, nella gara che i tifosi iberici ricordano come la “partita delle lacrime”, per il pianto cui si abbandonò proprio il loro fuoriclasse al rientro negli spogliatoi. Nella finale di consolazione, Eusebio fu ancora capace di condurre i compagni al successo contro l’arcigna formazione sovietica, laureandosi al contempo maggior cannoniere del torneo con 9 gol.

Dopo quei Mondiali, Eusebio avrebbe ancora imperversato a lungo come uno dei più forti giocatori del pianeta, vincendo fra l’altro la “Scarpa d’oro” come più prolifico attaccante europeo nel 1968 e nel 1973 e ammassando un totale di 41 reti in 64 partite con la nazionale, 46 in 64 gare europee con il Benfica e in totale ben 460 in 425 partite con il club di Lisbona. Dopo la magica estate inglese del 1966, tuttavia, al Portogallo non bastò più la straordinaria vena realizzativa del suo centravanti, che non riuscì a trascinare la nazionale alla fase finale di un Mondiale, fallendo le qualificazioni sia nel 1970 che nel 1974 e iniziando un digiuno che sarebbe stato interrotto solo per l’edizione messicana del 1986.

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