
“Discuteremo dei provvedimenti che la Regione può mettere in campo e dei suggerimenti che il Consiglio regionale avanzerà in una discussione a Roma, con il Governo, perché per uscire in positivo dal problema che pesa su Prato e sulla Toscana serve un piano nazionale che sia condiviso da tutti. Da tutte le istituzioni coinvolte e da tutte le sensibilità politiche”. Lo ha detto il presidente della Giunta regionale, Enrico Rossi, intervenendo nel Consiglio regionale speciale sul caso Prato. “In questo senso”, ha aggiunto, “intendo muovermi seguendo le indicazioni del Presidente Napolitano, che suggerisce un’azione comune di tutti i livelli istituzionali e politici. Una volta approntato il Piano per Prato, con quello possiamo provare anche a coinvolgere la Comunità europea così come qualcuno ha suggerito”. Secondo Rossi “l’argomento avrà necessità di un’attenzione che non può esaurirsi oggi, in questa seduta di Consiglio”. La realtà emersa con la tragica morte dei sette lavoratori cinesi, ha spiegato Rossi, “è quella di una situazione diffusa di economia sommersa e a nero e di una drammatica condizione di vita di certi lavoratori, una situazione che sta al di sotto della soglia minima del rispetto dei diritti umani. Si tratta di una situazione inaccettabile”.
Rossi ha detto di non voler entrare nello specifico dei progetti che la Regione avanzerà alle altre istituzioni locali e al Governo, ma ha anticipato alcuni temi: alle griffe dell’alta moda la Regione chiederà di firmare un protocollo per il controllo dell’intera filiera di prodotto, mentre al Governo porrà il problema dell’enorme giro d’affari del settore delle confezioni cinesi, “stimato in 2,5 miliardi di euro annui, quasi tutto frutto di economia sommersa e che quindi non lascia alcun ritorno economico alla città di Prato”. Rossi ha anche detto che si possono prevedere interventi urbanistici affinché “i dormitori dei capannoni non siano più luoghi inumani”, ma senza introdurre volumi abitativi “che darebbero un valore economico più elevato ai capannoni e anche perché quelle sono aree industriali e tali devono restare”. E ancora, Rossi ha spiegato che “può essere utile riconvertire il sistema della nostra medicina del lavoro, per aumentare la capacità ispettiva in quella realtà”. “Bisogna fare attenzione”, ha poi aggiunto, “che la repressione non produca un problema sociale ancora più grave dell’attuale. Chiudere aziende illegali e non permettere la loro riapertura è doveroso.
Ma allora dovremo saper gestire la massa di lavoratori, per lo più clandestini, che metteremo sulla strada. Non si possono lasciare in giro e non è pensabile di bloccare le attività degli aeroporti per organizzare il loro rimpatrio forzato come previsto dalla Bossi-Fini. Forse bisogna chiedersi se non si possa applicare la legge Turco-Napolitano per quella parte che prevede, per questioni umanitarie, di concedere permessi temporanei che possono trasformarsi in permessi di lavoro in presenza di contratti rispettosi delle regole”. A proposito della regolarizzazione e dell’emersione dell’economia sommersa, Rossi ha spiegato che al Governo chiederà non solo di attivarsi per protocolli di intesa e di lavoro con i governi stranieri, ma anche di valutare l’idea di un centro informativo per aiutare “gli schiavi a denunciare i loro sfruttatori” e di “incentivi alle imprese di confezione che utilizzino materia prima ‘made in Prato’ e non stoffa prodotta in Cina”. “infine”, ha concluso il presidente, “scommettiamo in positivo su quella parte della comunità cinese che ha il desiderio di integrarsi. Spero che lo ‘Ius solis’ ci aiuti in questo senso”.
Passa una mozione di FDI
Una mozione per impegnare la Giunta a farsi portavoce nei confronti del Governo “al fine di revisionare e modificare la normativa nazionale riguardante i money transfer”. Con l’approvazione di questo atto – firmato dal gruppo Fratelli d’Italia e presentato in aula dalla consigliera Marina Staccioli – si è chiuso il lungo dibattito sul caso Prato. “Nel corso dell’indagine conoscitiva sulle mafie in Toscana – ha spiegato la consigliera – sono emersi dati allarmanti: in tre anni, solo a Prato, la massa di denaro generata dall’industria della contraffazione, ripulita e reimpiegata nell’economia legale è in grado di far defluire oltre 5 miliardi di euro attraverso i canali del money transfer, e si tratta di un valore sottostimato”.
Da qui la presentazione di questa mozione, che l’aula ha approvato a maggioranza, registrando l’astensione dei consiglieri regionali Marco Taradash (Ncd) e Monica Sgherri (capogruppo Fds-Verdi) e il voto favorevole di tutti gli altri. Il gruppo FdI aveva anche presentato una mozione sul fenomeno dell’apertura esponenziale di centri massaggi cinesi a Prato e nelle altre città toscane, per evidenziare un “fenomeno su cui la Regione è chiamata a legiferare, quindi per porre in essere ogni possibile iniziativa in grado di mettere sotto controllo il fenomeno”, ha affermato Paolo Marcheschi illustrando l’atto in aula. Tale mozione – come richiesto da Marco Spinelli (Pd), “per avere la possibilità di fare un’operazione più approfondita e arrivare ad un unitario contributo del Consiglio regionale” – sarà discussa nelle commissioni competenti. Come risposto da Giovanni Donzelli (capogruppo FdI): il tema ci chiama direttamente in causa quindi il fenomeno sarà studiato a fondo nelle commissioni sviluppo economico e sanità.
L’assessore Vittorio Bugli, invece, ha annunciato un emendamento al Bilancio, per i primi interventi sul progetto Prato, di oltre 400 mila euro.
Tornando al dibattito, per Antonio Gambetta Vianna (capogruppo Più Toscana – Ncd) “ben venga il Consiglio regionale straordinario e il cordoglio per le vittime, ma la vera maturità politica dovrebbe essere quella di intercettare prima i problemi”. Arrivati all’emergenza, è logico che ad occuparsi in prima persona del caso Prato sia il Governo, ma anche che la Regione faccia rispettare le leggi. Diversi consiglieri hanno criticato il governatore Rossi che non ha partecipato all’intera seduta, chiedendo una interlocuzione costante con la Giunta e il rispetto del ruolo del Consiglio, come ha sottolineato il capogruppo Pdl Giovanni Santini, soffermandosi sull’eccezionalità del caso Prato, caratterizzato da “una immigrazione che arriva nel nostro paese per trasferirvi le stesse condizioni di schiavitù che hanno nel loro”.
“La legalità non ammette condizioni – ha concluso – servono più uomini e più controlli: i mezzi ordinari non danno soluzione ad un caso straordinario come Prato, la cui dimensione è nazionale”. Sulla stessa lunghezza d’onda Nicola Nascosti (Pdl), che si è soffermato sul deficit di organico dello Stato, Forze dell’ordine e Procura della Repubblica, ma anche delle altre strutture che stanno in capo alla Regione, come Asl e Arpat, per le norme sul lavoro e sulla sicurezza. “Il Governo deve passare dalle parole ai fatti – ha sottolineato il consigliere – deve emergere chiaro questo progetto nazionale per Prato, accanto all’incremento degli ispettori”.
“Smettiamo di prenderci in giro: la responsabilità è di tutti coloro che sapevano e che hanno taciuto – ha esordito Gabriele Chiurli (gruppo Misto) – spero che questa seduta non si traduca in una mera lode alla nostra signora ipocrisia”. Da qui l’invito del consigliere: “Ripartiamo dalla Toscana e dalla politica vera, che combatte l’illegalità e l’iniquità, che non permette casi come Prato o come il Forteto”.
Monica Sgherri (capogruppo Fds-Verdi) non ci sta a far ricadere tutte le colpe sugli immigrati: “Il rispetto della legalità deve valere per tutti – ha affermato – come mai si mandano i controlli in Val di Susa e non a Prato?”. E ancora: “Chiedo se nella città laniera tutti hanno le carte in regola nella filiera”, ha domandato, definendo la seduta consiliare una “occasione persa”, con il rammarico di un dibattito “che avrebbe potuto interrogarsi di più e meglio sulla strada da intraprendere”, soprattutto davanti ad “un episodio che grida ancora più vendetta perché ci sono stati dei morti”.
Per Marco Taradash (Ncd) “il mercato ha delle regole, senza regole c’è solo la giungla: i cinesi operano a Prato perché quella città, a seguito della concorrenza, ha fatto fronte alla crisi attraverso l’illegalità”. La prima risposta deve essere “una risposta di legge, di applicazione della legge, e in questo la Regione Toscana ha le sue responsabilità – ha sottolineato il consigliere –. Per il bene di tutti bisogna fare in modo che l’economia torni alla legalità”.
“La soluzione è il rispetto delle regole e chi è clandestino deve essere rimandato a casa”, ha detto Giovanni Donzelli (capogruppo FdI), invitando ad affrontare il caso Prato “in maniera seria e coerente”, a partire dal fenomeno dell’immigrazione e passando dall’operato delle Asl e delle banche toscane, “prima di dar colpa al mondo intero”.
La portavoce dell’opposizione Stefania Fuscagni (Pdl), invitando a interpretare un “problema politico di ordine culturale”, quale quello pratese, ha sottolineato la necessità di stringere rapporti con tutti quei mondi capaci di creare contatti e interlocuzioni fruttuose, come l’università o la stessa console cinese a Firenze. “Se legalità deve essere che legalità sia – ha concluso – ma in un rapporto di scambio reciproco”.
Per Marta Gazzarri (capogruppo Idv), che si è augurata che le parole del Governatore Rossi si trasformino al più presto in azioni concrete, “non va affrontato tanto il problema dell’immigrazione quanto quello dell’integrazione, che passa dal rispetto della dignità umana e che chiama tutti a fare la loro parte”.
Anche per Giuseppe Del Carlo (capogruppo Udc) ognuno deve prendersi le proprie responsabilità: “Sulla prevenzione e sulla medicina del lavoro occorre che la Regione si attrezzi in modo più adeguato – ha affermato – così come è importante aumentare l’organico delle Forze dell’Ordine, accanto ad un progetto nazionale e alla funzione di coordinamento della Toscana”.
L'intervento di Fabrizio Mattei (Pd)
Rispetto alla questione dell’immigrazione, che a Prato è stata particolarmente pesante, la politica ha già mostrato tutti i suoi volti: la demagogia, il buonismo e così via. Occorre ora uscire dalla polemica politica e mettere in campo provvedimenti che risolvano le problematiche emerse a Prato”.
Lo ha detto il consigliere Fabrizio Mattei (Pd) intervenendo nel dibattito del Consiglio regionale speciale dedicato alla tragedia di Prato, dove due domeniche fa sette lavoratori cinesi hanno perso la vita nel rogo del capannone dove lavoravano e dove vivevano. “Il centrodestra ha conquistato il Comune di Prato proprio grazie all’accusa di buonismo, atteggiamento che avrebbe favorito l’immigrazione, rivolta contro il centrosinistra”, ha aggiunto Mattei. “I risultati ci dicono che, come successo altrove, nemmeno un atteggiamento diverso ha fermato il flusso migratorio dei clandestini”. Secondo Mattei, che di Prato è stato sindaco, “un errore, all’inizio del fenomeno, fu fatto. E lo si fece perché il fenomeno migratorio cinese ci era del tutto sconosciuto. Prato aveva governato l’enorme immigrazione che negli anni ’60 era arrivata dal sud e pensava di governare anche questa nuova ondata migratoria. Non avendo compreso che i cinesi portavano con sé elementi di illegalità e una scarsa volontà di integrazione”.
Per Mattei, ora serve cambiare linea. Serve un piano speciale per Prato. “Bisogna aumentare il numero degli organici delle forze dell’ordine e della procura, e anche quelli dell’ispettorato del lavoro. A che servono sei soli ispettori del lavoro? Come garantire, in questo modo, i controlli? E come evitare che dopo la loro ordinanza di chiusura quella stessa azienda non riapra nel giro di 24 ore magari proprio nel capannone accanto?” E serve anche controllare i flussi finanziari, “perché ogni anno 2 miliardi di euro viaggiano illegalmente verso la Cina”. “Non è il sindaco o il Comune che, da soli, possono affrontare partite come questa”.
Mattei ha anche invitato tutti a riconoscere che la legge Bossi-Fini, che doveva contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina, “ha fallito il proprio obiettivo”. E ha aggiunto che bisogna lavorare, “anche da un punto di vista urbanistico, per far emergere l’economia sommersa e aiutare gli schiavi a denunciare i loro sfruttatori”. Infine, Mattei ha indicato che esiste anche un problema che interessa i cittadini italiani. “Parte dei pratesi”, ha spiegato, “è proprietaria dei capannoni dove operano i cinesi. Ottengono guadagni importanti dagli affitti, ma senza preoccuparsi di ciò che dentro a quelle strutture succede. E lo stesso dicasi per la committenza italiana”.
Magnolfi (NCD): "Serve un progetto dell’Europa" Anche la Toscana ha “la sua terra dei fuochi” e quella è Prato, o meglio quella “porzione di città di fatto ostaggio dell’illegalità e sostanzialmente impenetrabile ai controlli e alla prevenzione”. Il pratese Alberto Magnolfi, capogruppo Nuovo centrodestra, è il primo firmatario della richiesta per la seduta speciale del Consiglio dedicata a “Il caso Prato, un’emergenza nazionale”. Accanto alla pietà per quelle sette “povere vittime cinesi” denuncia “tanta ipocrisia e frettolosa rimozione di responsabilità politico-amministrativa”. I riferimenti si circostanziano: Prato è diventata “un’autentica e grave emergenza nazionale”, ma per anni la Regione Toscana e le amministrazioni comunali si sono limitate agli “stretti parametri della normalità burocratico-amministrativa». Oggi a Prato si sente “un caleidoscopio di proposte”. “Lo Stato sta battendo colpi di attenzione”, dice il consigliere, che però va oltre e indica anche la via di “un rapporto con l’Europa”. “In Prato – spiega – c’è l’esempio emblematico di una situazione da riconvertire completamente dal punto di vista economico e sociale, costruendo un progetto esportabile anche altrove”. L’Unione europea, infatti, “ha risorse importanti per questo tipo di progetti, e già in altri casi le ha investite”. Su ciò sarebbe “competente la Regione”, invece di ricorrere a “modeste ricette di carattere propagandistico che ancora trasudano ideologia e non risolvono alcun problema”.
Secondo Magnolfi, la “terra dei fuochi” della Toscana esiste nonostante l’abnegazione delle forze dell’ordine, degli uomini in divisa, dei vari corpi dello Stato; e nonostante il tentativo dell’amministrazione comunale, negli ultimi anni, di “invertire la rotta e contrastare il degrado”. Il consigliere parla di “sensazione di sconfitta personale e politica” che colpisce anche “un’intera comunità”. Si arriva a “dubitare perfino dei propri presupposti di civicità”, in una città dove certo “ci sono responsabilità molto grandi, ma non sono tutte sullo stesso piano”. Magnolfi chiama in causa “l’assoluta incapacità, da parte della sinistra che negli anni 80 guidava tutte le amministrazioni locali, di leggere i fatti a causa della spinta ideologica a negare l’evidenza”.
Il capogruppo cita la commissione d’inchiesta al Comune di Prato sul lavoro cinese e l’immigrazione illegale, nel 1998: “La commissione terminò i lavori dicendo che in sostanza non c’erano problemi, ma difficoltà che prefiguravano sviluppi futuri favorevoli”. Il capogruppo legge in aula le affermazioni di un consigliere comunale di Forza Italia che denunciava lo sfruttamento di minori e del lavoro minorile, rivolgendosi al sindaco della città e all’Usl, e al quale il sindaco rispondeva, dice Magnolfi, “la situazione descritta non esiste”. La ricostruzione dei fatti arriva all’ultima legislatura regionale, con il ‘Progetto per Prato’ e l’apertura di un ufficio di rappresentanze del presidente Rossi proprio a Prato: “Per le politiche legate al progetto si sono investiti 220mila euro, praticamente niente, nonostante le promesse elettorali”. Riguardo alle proposte della Giunta così come comparse su alcuni organi di stampa, Magnolfi commenta: una sorta di ‘cittadinanza premio’ per chi esce dalla clandestinità è rivolta a chi “non interessa niente della cittadinanza italiana e dell’integrazione”; il modello di creare spazi abitativi accanto ai ‘laboratori-lager’ porterebbe “alla preistoria industriale: per superare il cosiddetto ‘stanzone’ accanto al laboratorio ci sono volute decine di anni”. Ricette che il consigliere si augura siano smentite.
Russo (Cd): basta retorica, servono risposte per creare il Laboratorio Prato “Dobbiamo abbandonare la retorica e il profilo del mero commentatore politico, perché siamo amministratori e dobbiamo parlare di cosa dobbiamo fare. La città di Prato, fin dagli anni ’90, è un grande laboratorio di politiche nazionali per due fenomeni paralleli: da una parte la globalizzazione, che ha messo in concorrenza i nostri siti produttivi storici con i mercati internazionali, mettendoli in ginocchio; dall’altra, il processo migratorio che ha fatto divenire Prato la città con il più alto tasso di immigrati, pari al 17,5%, la metà dei quali appartengono alla comunità cinese e alle sue oltre tremila aziende”. Lo ha dichiarato, intervenendo in Aula in occasione della seduta straordinaria del Consiglio regionale sul Caso Prato, Rudi Russo, Consigliere di Centro Democratico. “Prato, dunque, da decenni potrebbe essere un laboratorio per fare politiche di integrazione, potrebbe divenire un modello su scala nazionale, ma questo è stato sempre disatteso. Oggi abbiamo tutti sette morti carbonizzati sulla coscienza e siamo chiamati a intervenire con la più determinata e appassionata motivazione”, ha spiegato Russo.
“Non possiamo pensare che il Comune, da solo, possa tamponare un fenomeno di tale intensità, né che vi riesca la squadra interforze che, come noto, non ha strumenti sufficienti”. “Vogliamo chiedere al Parlamento di verificare e arginare il fenomeno dell’evasione fiscale che si sta verificando a Prato?”, ha aggiunto Russo, rivolgendosi direttamente al Governatore Rossi. “Il rispetto del regole è il miglior percorso verso la cittadinanza. Non esistono scorciatoie! Quanti casi si verificano tutti i giorni come quelli denunciati da Report? Vogliamo intervenire sulla tassazione delle rimesse all’estero? Si parla di un milione di euro al giorno che passa attraverso i money transfer. Sono soldi che possono rimanere a Prato, essere investiti a Prato e creare opportunità nuove, perché oggi gran parte dei cinesi vive Prato come una transizione e non come un progetto”.
“Il Governo deve fare necessariamente una cosa, e la Regione Toscana deve incalzarlo su questo punto: insieme ai patti commerciali, dobbiamo chiedere una collaborazione giudiziaria e di polizia tra Italia e Repubblica Popolare Cinese perché dietro la manodopera cinese c’è la mafia che organizza i trasferimenti in Italia e da questi vuole essere ripagata”, ha concluso Russo. “Gli interrogativi sono molti e puntuali. Presidente Rossi, io auspico che lei sia capace di sollevare la discussione oltre i recinti della retorica e del rimpallo delle responsabilità del passato e ci possa mostrare gli interventi amministrativi di competenza regionale e le proposte di intervento che andremo a presentare al Governo”.
Sgherri (FDS-Verdi): "Dibattito che doveva essere concreto e squarciare il velo di ipocrisia. Un'occasione persa"
Queste le parole di Monica Sgherri:
"Tragedia di Prato. Un'occasione persa. Se infatti ho apprezzato le scelte della Giunta Regionale annunciate ieri e l’intervento del presidente Rossi che invitava anche a porsi in maniera laica e concreta sui problemi, il dibattito oggi in aula si è posto in maniera tutt’affatto diversa, con interventi – da parte della destra – che hanno preferito rispolverare i soliti temi anti immigrazione e ricadere nei soliti stereotipi. Non è stato squarciato il velo di ipocrisia su un tema tanto pesante come quello vissuto a Prato preferendo porsi in maniera ideologica! Ipocrisia da più punti di vista: perché ci si indigna – giustamente - per le condizioni di sfruttamento del lavoro fino a toccare la schiavitù, ma poi nulla si dice sulle delocalizzazioni di ditte italiane che vanno in giro per il mondo a cercare proprio quelle condizioni di lavoro per abbassare i costi di produzione: se siamo contrari ai bambini che lavorano – tanto più in quelle condizioni – lo si deve essere per tutti i bambini che lo fanno in tutte le parti del mondo. Ipocrisia perché si parla di carenza di forze dell’ordine a Prato quando uomini e risorse si mandano in massa in Val di Susa per la questione No TAV. Ipocrisia perché si denuncia un sistema basato su l’evasione fiscale ma niente si dice su quelli italiani che sfruttano questo sistema e si arricchiscono con affitti esosi. Dicevo della giustezza delle decisioni assunte dalla Giunta Regionale, perché basate sui principi dell’emersione dal lavoro nero, dell’emancipazione, fino ad utilizzare strumenti come l’articolo 18 della legge Turco Napolitano, che permette di concedere permessi di soggiorno “per motivi di protezione sociale”. Tutto ciò però non basta, e si deve affrontare il tema della tracciabilità del prodotto, perché lo schiavismo deve essere combattuto in ogni parte del mondo e quindi la certificazione della filiera è un elemento importante in questa direzione. Tracciabilità e comportamenti etici sono gli unici strumenti per coniugare la difesa della qualità del lavoro e lo sviluppo delle nostre industrie. Insomma tanti temi concreti sul tappeto e una tragedia appena passata avrebbero richiesto un dibattito con un approccio diverso; un occasione persa quella di oggi che, di fronte alle vittime, grida vendetta".
FDI: “Money Transfer, troppi soldi frutto di attività illegali escono dall’Italia”
“Tra le mafie emergenti c’è sicuramente quella cinese, con enormi risorse finanziarie a disposizione, che non vengono investite in Italia, ma che prendono la via della Cina, utilizzando le varie strutture di money transfer. Infatti, un’indagine su scala nazionale, con epicentro nell’area fiorentina, ha accertato trasferimenti di 5 miliardi e 400 milioni di euro in tre anni (2010-12), frutto, in particolare della gestione dell’immigrazione clandestina e del commercio di merce contraffatta”.
E’ quanto si legge nella mozione approvata stamani, nel corso della seduta straordinaria del Consiglio regionale convocata dopo il rogo del capannone cinese, e presentata dai consiglieri di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, Paolo Marcheschi e Marina Staccioli che chiedono alla Giunta regionale di “farsi portavoce nei confronti del Governo nazionale al fine di revisionare e modificare la normativa nazionale riguardante i money transfer”.
“E’ ora di dire basta” tuonano i consiglieri “il nostro Paese è diventato il secondo mercato, per volume di affari, dopo gli Stati Uniti d’America mettendoci di fronte ad un fenomeno di grande rilevanza economica, fenomeno che ha avuto un’enorme diffusione nonostante il servizio sia caro e mediamente più costoso dei trasferimenti effettuati dal sistema bancario, fattori questi che dovrebbero indurre a qualche riflessione circa il possibile utilizzo per fini illeciti da parti di organizzazioni criminali e/o evasori fiscali”.
“Poiché l’attività del trasferimento è contraddistinta quasi esclusivamente da utilizzo di denaro contante che rende difficilmente rintracciabile l’origine dei fondi impiegati e riduce sensibilmente l’efficacia degli strumenti di controllo” sottolineano i tre consiglieri “le somme movimentate per un singolo money transfer hanno raggiunto, in alcuni casi, le centinaia di migliaia di euro al giorno, assolutamente sproporzionate rispetto alla sua naturale funzione.
Gli operatori di questo settore sono spesso subagenti di natura non finanziaria tra i quali è poco diffusa la cultura e l’esperienza antiriciclaggio. Circa un immigrato su due, poi, utilizza le agenzie di money transfer per spedire soldi all’estero e secondo i dati diffusi dalla Guardia di Finanza, l'enorme massa di denaro generata dall'industria della contraffazione, ripulita e reimpiegata nell'economia legale è in grado di far defluire oltre 5 miliardi di euro attraverso i canali di money transfer, di cui solo 150 milioni di euro sono stati intercettati e recuperati nel 2010”.
“La lotta alla contraffazione, al terrorismo ed al traffico illecito di denaro ha bisogno di una risposta che sia decisa e drastica, il più possibile risolutiva del problema ed in grado di arginare un fenomeno imponente e degno a livello istituzionale della massima attenzione” concludono Donzelli, Marcheschi e Staccioli. “È in gioco l'interesse nazionale del Paese nel senso più ampio del termine, un interesse quindi sicuramente prevalente rispetto alle limitazioni delle singole attività imprenditoriali legate ai servizi di pagamento che evidenziano l'assoluto prevalente cattivo utilizzo dello strumento del money transfer.
L’assessore comunale Silli: "Di straordinario questo piano ha solo l’inadeguatezza e il ritardo storico, il tempo è scaduto"
L’assessore Silli interviene in merito al sedicente piano straordinario della Regione Toscana in seguito al rogo del 1° dicembre di Prato.
«Di straordinario questo piano ha solo l’inadeguatezza e il ritardo storico. Ho appreso dagli organi di stampa alcune delle ipotesi avanzate dal presidente Rossi per cercare, seppur tardivamente, di risolvere il problema del distretto parallelo a Prato. Non posso che dirmi assolutamente contrario e soprattutto molto stupito del fatto che ancora si continui a voler risolvere i problemi creandone di nuovi. Insomma, per usare un modo di dire pratese, Rossi “vuol toglierci la sete col prosciutto”. Come si può pensare di dare un permesso di soggiorno ai clandestini trovati durante i blitz tout court? Quindi, se non capisco male, il governo cinese non li riprende indietro e noi dovremmo sanare questa situazione anziché punendo, premiando un illecito? Il migrante in questione non si sente sfruttato o vessato.
Il punto è proprio questo. Utilizziamo gli strumenti che la legge ci offre premiando solo ed eventualmente quei clandestini che denunciano i loro sfruttatori permettendone la condanna. Così facendo renderebbero possibile alla legge perseguire i pesci grossi e non gli schiavi del sistema; come nel caso del cinese che ha collaborato con il Comune e con la Procura, così come stanno facendo altri. Leggo poi di improbabili centri multilingue per la realizzazione di campagne sulla sicurezza. Nessun centro multilingue. In Italia si parla l’italiano. Se proprio vogliamo innescare un processo di integrazione del distretto lo si faccia con progetti mirati, proprio come ha fatto il Comune negli ultimi 4 anni con corsi sulla sicurezza, materiale informativo etc. La comunità cinese ha avuto e ha tutti gli strumenti per un’integrazione efficace; li usi. Leggo inoltre l’ennesimo accanimento e tentativo di demonizzazione contro i proprietari dei capannoni; trovo giusto che da un punto di vista etico il proprietario debba vigilare, ma non trovo assolutamente normale che le istituzioni tentino di scaricare il problema sui proprietari degli stabili. Un privato non può e non deve sostituirsi allo Stato.
E’ lo Stato che deve dimostrare di essere forte, più forte dell’illegalità. Concludo dicendo che non ho mai amato chi fa di tutta l’erba un fascio, anche nella comunità cinese c’è il “buono” e il “poco buono”: c’è chi veramente cerca di integrarsi e chi purtroppo ancora oggi scherza con le istituzioni. Il tempo è scaduto, è l’ora di mettersi in regola, senza se e senza ma.»
On. Morganti: “Rossi non perda tempo e richieda una task force al Ministro dell'Interno”
«Il Presidente della Toscana, Enrico Rossi, proponga progetti seri per Prato e non sia speranzoso che con lo ''ius soli'' o con la costruzione di nuovi alloggi per i cinesi si possa affrontare il problema del distretto parallelo cinese. La costruzione di nuovi appartamenti non favorirà certo l'emersione dall'illegalità. Qui siamo in Italia e deve essere la comunità cinese a doversi adeguare alle nostre Leggi: questa è integrazione! A Prato già ci sono diversi appartamenti vuoti, non vedo perché la comunità cinese non li debba prendere in affitto. Il Presidente non perda tempo in consigli regionali straordinari che non portano a nulla, ma richieda al Ministero dell'Interno una task force immediata e se necessario richieda l'intervento dell'esercito per portare la legalità nelle zone ad alta presenza di aziende cinesi». Sono queste le dichiarazioni di Claudio Morganti, europarlamentare indipendente dell'Eld, sul piano straordinario della Regione Toscana.
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