Un giorno speciale agli Us Open

Mentre a Flushing Meadow si attende la finale maschile fra gli outsider Marin Cilic e Kei Nishikori, ricorrono trent'anni da una memorabile giornata di tennis


UsOpen

I meri fatti, della più straordinaria giornata di tennis che si ricordi, dicono che l’8 settembre 1984, agli US Open, andarono in scena quattro incontri, 16 set, 165 giochi e 979 punti. Se li contesero otto memorabili campioni, che avevano o avrebbero vinto almeno un singolare del Grande Slam, per un totale complessivo di ben 69!

La prima palla fu servita alle ore 11.07 e l’ultimo match-point fu giocato alle ore 23.16: fu la più lunga scorpacciata di tennis del major newyorkese e la più lunga copertura ininterrotta di un evento sportivo nella storia dei network americani, assicurata dalla CBS per la gioia di milioni di aficionados, stregati dall’entusiasmante andamento delle due semifinali maschili e della finale femminile. Le prime opposero Ivan Lendl al rampante aussie Pat Cash, nonché John McEnroe all’ex antipatico Jimmy Connors, mentre l’ultimo atto del torneo riservato alle donne vide protagoniste Martina Navratilova e Chris Evert, al 61esimo incontro della loro impareggiabile rivalità, che avrebbe alla fine assommato qualcosa come 80 testa-a-testa.

Con il titolo conquistato ieri, Serena Williams ha eguagliato i 18 major vinti da Navratilova ed Evert

Con il titolo conquistato ieri, Serena Williams ha eguagliato i 18 major vinti da Navratilova ed Evert

Poiché l’anno precedente il medesimo programma si era inopinatamente concluso in gran fretta (nel 1983, Martina aveva demolito l’arci-rivale Chris, mentre ancora Connors e Lendl si erano facilmente sbarazzati di Bill Scanlon e Jimmy Arias), la CBS pretese che venisse allestito una sorta di antipasto con l’incontro fra le vecchie glorie John Newcombe e Stan Smith, i quali avrebbero dovuto intrattenere i tifosi della Louis Armstrong Arena fintanto che non fosse giunta l’ora della trasmissione televisiva. Senonché, i due arzilli ex-campioni andarono per le lunghe e non “invasero” la programmata finestra televisiva solo perché Newcombe, opinionista proprio per la CBS, fu invitato a sbrigarsi dai colleghi che lo attendevano in cabina. E fu Smith a vincere.

Quando la prima semifinale maschile iniziò, il sole era già alto sul cemento di Flushing Meadow. Noto per la sua solida regolarità e per un ampio arsenale di potenti colpi dal fondo, recente vincitore del Roland Garros ai danni di McEnroe, al termine di una sensazionale rimonta che aveva finalmente dissipato le remore psicologiche che limitavano il suo potenziale, il cecoslovacco Lendl era il logico favorito contro il 19enne Cash, un attaccante puro, accreditato soltanto della quindicesima testa di serie. Invece, fu una battaglia durissima, che parve arridere al più giovane dei due. Dopo aver salvato un match-point sul 4-5 del quinto set, Cash si issò a sua volta a un solo punto dalla vittoria sul 6-5 in suo favore. Qui, servì una prima a ¾ di velocità e si portò a rete per ricevere la risposta, che transitò alta sopra la rete. Cash eseguì però una volée esitante, non abbastanza profonda, sulla quale Lendl distese le sue ampie falcate per giocare un lob liftato di dritto che non lasciò scampo all’avversario: «Non credevo di poter arrivare su quella palla – ha dichiarato anni dopo il tennista moravo -, ma quando vi giunsi la scelta del pallonetto fu obbligata, perché avevo ancora l’impugnatura del rovescio». Tanto bastò per trarlo d’impaccio e instradarlo verso il successo per 3-6, 6-3, 6-4, 6-7, 7-6. Fu la terza di otto finali consecutive a New York per il giocatore che aveva lasciato la Cecoslovacchia e avrebbe poi preso la cittadinanza statunitense, mentre Cash avrebbe vendicato quella dolorosa sconfitta tre anni dopo, a Wimbledon, quando annichilì Lendl in finale per vincere il suo unico torneo dello Slam.

Le ombre sul Centrale erano ben visibili, allorché le due signore del tennis mondiale avviarono l’ennesima contesa. Ricorda Navratilova: «All’epoca, Flushing Meadow era l’unico major senza un orario di inizio prefissato per la finale femminile e l’attesa fu snervante, anche perché la tensione ci impedì di godere dello spettacolo fra Lendl e Cash». Solo nel 2001, quando salirono alla ribalta le sorelle Williams, gli organizzatori decisero di spostare in prima serata la finale per attirare maggior pubblico e separarla dalle semifinali maschili. Fu una decisione dettata dall’avidità, ma produsse un beneficio anche per i maschi, visto che con il vecchio format il finalista uscito dalla seconda semifinale aveva molto meno tempo per recuperare le energie.

Comunque, Martina era allora praticamente in giocabile. Si trovava nel bel mezzo di quattro stagioni in cui avrebbe vinto almeno il 95% degli incontri disputati, veniva da una striscia di 54 vittorie che avrebbe esteso fino al record ancora insuperato di 74 successi durante i quali smarrì solo 6 set (fu infine sconfitta dalla compagna di doppio Helena Sukova agli Australian Open di dicembre) e batteva regolarmente Chris da 12 incontri. Finì 4-6, 6-4, 6-4 e Navratilova conquistò il secondo dei suoi quattro US Open, contro un intero stadio che le preferiva invece la fidanzata d’America.

Sotto i riflettori e con un leggero pullover per proteggersi dal primo fresco della sera, alle ore 19.28, incrociarono le racchette i due bad boys del tennis a stelle e strisce, arcigni protagonisti di un antagonismo che valicava il mero ambito sportivo e li opponeva anche caratterialmente. Connors deteneva il titolo a New York da due edizioni, mentre McEnroe vi aveva spadroneggiato dal ’79 al 1981. Entrambi erano giunti in semifinale senza cedere un set, ma negli ultimi 7 scontri diretti aveva prevalso facilmente Supermac, il quale si trovava nel suo anno di grazia, in cui avrebbe compilato l’ineguagliato record di 82 vittorie e sole 3 sconfitte. Il già attempato Jimbo oppose una resistenza fierissima e portò il match al quinto set, prima di arrendersi in piena notte per 6-4, 4-6, 7-5, 4-6, 6-3 - a dimostrazione della smagliante condizione psico-fisica, McEnroe si ripresentò sul Centrale poco più di 12 ore dopo, brutalizzando un impotente Lendl in appena 100 minuti.

McEnroe e Connors ricordano la loro sfida del settembre 1984

McEnroe e Connors ricordano la loro sfida del settembre 1984

La maratona dell’8 settembre 1984 è passata alla storia come il “super-sabato degli US Open”, lasciando una traccia profonda negli attori dell’evento. Ha detto McEnroe: «Fu una lunga giornata, l’atmosfera era elettrica e io stavo giocando il miglior tennis della mia carriera. Alla fine era chiaro a tutti che avevamo realizzato una cosa molto speciale». Connors vorrebbe piuttosto dimenticare: «Rammento soprattutto che persi – si rammarica Jimbo –, fu un grande giorno ma non così bello per me».

Sfortunatamente per Connors, molti continuano a ricordare, benché siano ormai trascorsi trent’anni.

Paolo Bruschi